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Le parole del Signore sono eterne

«Questo è il patto che farò con la casa d’Israele, dopo quei giorni», dice il Signore: «Io metterò la mia legge nell’intimo loro, la scriverò sul loro cuore, e Io sarò loro Dio, ed essi saranno mio popolo»
Geremia 31, 33

Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno
Luca 21, 33

Il verso tratto dal vangelo di Luca è collocato nel discorso di Gesù sulla fine dei tempi, cioè il giudizio finale, segnalato dagli avvenimenti catastrofici come le calamità naturali che avvengono a causa della loro natura temporanea. Gesù avvertì i suoi discepoli e li mise in guarda contro ciò che sarebbe accaduto. A loro fu rivelato apertamente che cosa sarebbe successo negli ultimi tempi (cfr. «Il regno di Dio è vicino; ravvedetevi e credete al Vangelo», Marco 1, 14). E quindi queste parole sono da intendere come un richiamo alla conversione suscitata dall’annuncio dell’Evangelo in Cristo. Ciò che accadrà sarà un finire di tutto il mondo, cioè l’adempimento del giudizio e il regnare del figlio dell’uomo. 

Ma cosa significano per noi oggi queste parole di Gesù: «Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno»? Le abbiamo mai considerate seriamente, specialmente noi membri della chiesa? In che modo vediamo le cose che vengono sprecate e gli edifici che vengono demoliti? Anche la terra e il cielo, fatti dalle mani di Dio, non rimarranno. Ogni giorno dobbiamo ricordare e rinnovare la nostra consapevolezza che le parole del Signore Gesù Cristo risorto non passeranno, ma rimarranno: esse sono eterne e sono il fondamento della nostra vita. Ecco, avverrà, come dice il Signore attraverso il profeta Geremia, che le sue parole saranno conservate nel cuore dei credenti; anche l’apostolo Paolo, rivolgendosi alla prima comunità da lui fondata sulla sua predicazione del Vangelo della Nuova Alleanza, disse: «Tu sei una lettera di Cristo», volendo dire che coloro che credono in lui non sono destinati a perire perché ora le sue parole abitano già in loro (cfr. II Corinzi 3, 1-7). 

«Dobbiamo applicarci ancora di più alle cose che abbiamo ascoltato» (Ebrei 2, 1) perché sono rivolte a noi così come sono state già anticipate ai primi discepoli. Ricordiamoci che ci è dato questo tempo favorevole per adoperarci affinché la vita continui sino all’arrivo della piena manifestazione della giustizia di Dio dove non ci sarà più sofferenza.