17543783_9bc998d2c4

Eberhard Jüngel, teologo protestante

Con Eberhard Jüngel, deceduto ieri, scompare uno degli ultimi grandi teologi del secondo Novecento.

Era un pensatore cresciuto nel vecchio stile della formazione teologica tedesca: una formazione ampia e consolidata: lingue classiche, filosofia, Hegel, Heidegger, Schleiermacher, Bultmann e i suoi allievi. E, naturalmente, Karl Barth, di cui diceva: «È un mio maestro, ma io non sono un suo scolaro». Queste caratteristiche fanno di Jüngel appunto, per molti versi, un teologo ben inscritto nel solco della generazione precedente.

I libri, non moltissimi, scritti durante la sua lunga vita accademica (era nato nel 1934) sono scritti in maniera complessa: una costruzione in periodi molto articolati nella subordinazione delle frasi, ma anche uno stile rigorosissimo, tale che, applicandocisi con impegno, la loro leggibilità alla fine premia il lettore. Essendo nato a Magdeburgo, la sua formazione giovanile avvenne nella ex-Ddr: da qui la sua posizione di netta chiusura a qualunque forma di governo basata sui totalitarismi.

Teologo che rimase sempre anche “militante della propria chiesa”, era aperto all’ecumenismo proprio perché aveva una personale identità protestante saldissima e fortemente strutturata.

Fra le sue opere pubblicate in italiano: Paolo e Gesù, Paideia, Brescia, 1978; Morte, Queriniana, Brescia, 1972; L’essere di Dio è nel divenire, Marietti, Casale Monferrato, 1986; Dio, mistero del mondo, Queriniana, Brescia, 1982; Possibilità di Dio nella realtà del mondo, Claudiana, Torino, 2005; L’avventura di pensare Dio, Claudiana, Torino, 2007.