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Il visto mancante per gli afghani

Negli scorsi giorni Asgi (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione) ha inviato una lettera al Ministero degli Affari Esteri per chiedere che venga agevolato il rilascio di visti e l’accesso alle ambasciate per chi sta cercando di allontanarsi dall’Afghanistan per raggiungere l’Italia. Su Cominciamo Bene, in onda su Rbe, abbiamo parlato con l’avvocato Dario Belluccio per capire le ragioni di questa richiesta.

«La problematica che abbiamo presentato al Ministero» ha detto Belluccio «è quella dei tantissimi cittadini afghani che sono in Afghanistan o nei paesi limitrofi e non riescono ad ottenere il visto di ingresso per raggiungere legalmente l’Italia. Ovviamente, essendo chiusa l’ambasciata di Kabul, molte attività consolari dovranno essere spostate in altre ambasciate, come in Pakistan o in Iran. Però per i cittadini afghani diventa particolarmente difficile accedere a queste ambasciate. È poi abbastanza complesso ottenere un visto d’ingresso per coloro che non hanno dei parenti in Italia che possano avviare le pratiche di ricongiungimento familiare. Dunque, abbiamo chiesto al Ministero che da un lato vengano rafforzate le capacità operative delle ambasciate dei paesi limitrofi, e dall’altro lato venga agevolato in ogni modo il rilascio di visti d’ingresso non soltanto per motivi familiari, ma anche per motivi umanitari nei confronti delle persone afghane che si trovano anche fuori dall’Afghanistan e che intendano entrare in Italia. Questa è una possibilità che viene riconosciuta dall’ordinamento europeo e anche dalla Costituzione Italiana alle persone straniere: quella di chiedere protezione e asilo in Italia. Occorre che il ministero stabilisco tutte le modalità affinché quel diritto possa essere effettivamente esercitato dalle persone afghane che in questo momento hanno una necessità particolare e ulteriore rispetto a quelle che possono avere persone di altre nazionalità».

La questione non è affatto nuova. «Purtroppo» dice ancora Belluccio «al momento l’unica possibilità d’ingresso è quella irregolare: si entra e poi si fa la richiesta di protezione internazionale. I flussi migratori dall’Afghanistan, anche se non sono tali da creare nessun tipo di preoccupazione, ci sono da anni, perché la situazione in quel paese non è affatto semplice e non lo era neanche prima. Pensiamo a tutte le persone che sono bloccate nei paesi della cosiddetta rotta balcanica, che cercano disperatamente di raggiungere l’Unione europea, e sono bloccate da prassi spesso illegittime, che si verificano o all’interno degli immediati confini dell’Unione. C’è bisogno di mettere in piedi un meccanismo di ampio respiro, che permetta che tante persone possano veder garantiti i loro diritti, e possano soprattutto veder garantito quello che è un principio fondamentale, sancito dalla nostra Costituzione: quello di chiedere e ottenere asilo politico» ribadisce Belluccio, constatando però che le intenzioni dell’Italia e dell’Unione Europea nel suo complesso non sono orientate ad uno scenario del genere. «Le riunioni che ci sono state tra i ministri degli interni dell’Ue e le posizioni assunte dalle istituzioni europee sembravano andare in direzione contraria a quella dell’accoglienza, tanto più che l’ipotesi che è stata paventata è quella di fornire supporto ai paesi vicini all’Afghanistan perché impedissero l’ingresso delle persone afghane entro i confini dell’Europa».

Si punta quindi ad esternalizzare il diritto di asilo, com’è già accaduto in questi anni con la Turchia o con la Libia, finanziate affinché impediscano il passaggio a chi cerca di fuggire da guerra, privazioni di diritti e molte altre problematiche. «Questa è la politica che sta scegliendo l’Unione, anche in un contesto come l’Afghanistan, dove tanti paesi europei hanno una responsabilità per quello che è successo in termini militari, politici, economici. Da un lato c’è un po’ di sconforto, per il decadimento dei diritti e del loro riconoscimento dalle istituzioni europee. Dall’altro però una forte spinta affinché si possa contribuire a modificare queste politiche, perché i diritti delle persone vengano riconosciuti a livello istituzionale. Ma il rischio concreto è che queste persone si trovino costrette ad affidarsi a mediatori, perché tali politiche agevolano i trafficanti di esseri umani. Noi siamo pronti» promette infine Belluccio «come giuristi e amanti della giustizia, ad imbracciare le armi del diritto per tutelare la posizione anche di singoli dinanzi ai tribunali nazionali e sovranazionali».

 

Foto di Albert Eaddy