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Cinema. Roma – Venezia andata e ritorno

Si è appena conclusa la Biennale del Cinema di Venezia, dove Interfim (il “cappello” europeo delle Associazioni cinematografiche protestanti) da dieci anni assegna un riconoscimento alle pellicole più meritevoli con il «Premio per la promozione del dialogo interreligioso», nella sezione «Orizzonti». Un premio, teso a «incoraggiare i film che rafforzano la comprensione, il rispetto, l’empatia e la pace tra persone di origini, storie e religioni diverse dando così l’esempio contro i conflitti, la violenza e l’oppressione» e con l’aspirazione di collegare cinema e chiese, culture e religioni.

«Interfilm è presente al Festival di Venezia anche grazie al contributo essenziale reso dall’Associazione protestante cinema “Roberto Sbaffi”», rileva Gianna Urizio, regista televisiva e presidente dell’Associazione nata dal desiderio delle chiese evangeliche in Italia, interessate al cinema (valdesi, metodisti e luterani), di valorizzare la cultura cinematografica. Un’Associazione dedicata al regista di Protestantesimo (rubrica televisiva di Rai2) Roberto Sbaffi, professionista con il quale Gianna Urizio ha lavorato per lungo tempo insieme a un combattivo gruppo di registi, che fecero crescere il programma televisivo andato in onda per la prima volta il 4 gennaio 1973 alle 22,30 sul “Nazionale”, programma che, insieme all’analoga rubrica Sorgente di vita (dedicata alla storia e alla religione ebraica), ha rappresentato uno dei primissimi spazi di pluralismo religioso ospitati dal servizio pubblico radiotelevisivo italiano.

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«Tra quel gruppo di registi – ricorda Urizio – molti erano veri appassionati di cinema. Negli anni Novanta, infatti, alcuni di noi decisero di partecipare alle attività di Interfilm, l’Associazione protestante di cinema (europea, ma dal respiro mondiale) che, a partire dal dopoguerra, insieme alla rete di Associazioni di cinema cattoliche, aveva deciso di far nascere alcune giurie ecumeniche da inviare in vari festival cinematografici. Tra i più importanti “Berlino” fu la prima tappa per la giuria protestante; “Cannes” la prima volta dove le giurie di Interfilm (Associazione cinema protestante) e Signis (frutto dell’opera dell’Icic, l’organizzazione cattolica cinema) lavorarono congiuntamente. Una piazza ancora inesplorata dalle giurie ecumeniche, almeno sino a dieci anni fa, era proprio Venezia: la Biennale del Cinema. Signis già era presente ma “rimproverava” Interfilm di non avere al suo interno una presenza protestante italiana. Si poté superare questa impasse proprio grazie alla nascita dell’Associazione cinema “Roberto Sbaffi”. Un’idea condivisa insieme ai pastori Simon Pietro Marchese e Peter Ciaccio. Decidemmo allora, di dare un profilo all’associazione simile all’Associazione di cinema protestante attiva in Francia, Pro-Fil».

L’operazione fu laboriosa, forse anche a causa di un diverso atteggiamento da parte della cultura protestante nei confronti delle immagini. «Nel “manifesto” costitutivo – correva l’anno 2003 – si affermava l’intenzione di voler “superare la ritrosia dei protestanti rispetto alle immagini che valgono quanto le parole”. Nonostante la nascita dell’Associazione, nonostante la presenza protestante italiana dentro “al corpo” di Interfilm, non si riuscì a infrangere il muro di diffidenza. Una rappresentanza della nostra associazione raggiunse la Fondazione Ente per lo Spettacolo (cattolica) – Istituzione che quest’anno ha compiuto 75 anni – per proporre l’organizzazione di attività comuni. La Cei si rammaricava di dover lasciare la presenza della loro giuria a Venezia, luogo del loro primo approdo. Dovemmo dunque alzare il tiro. Insieme, “Interfilm” e “Roberto Sbaffi”, decisero di istituire una Giuria interreligiosa, non solamente ecumenica. Tale proposta nacque all’interno della nostra associazione “Sbaffi”. La mediazione per raggiungere Venezia fu quella di inserire al Festival di Venezia la Giuria di Interfilm con una rappresentanza italiana e che Interfilm consegnasse un Premio per la promozione del dialogo tra culture e religioni per la pace. L’idea fu allora accolta dal direttore del Festival, Marco Müller e poi riconfermata da Alberto Barbera».

Da allora (era il 2010) la Giuria Interfilm è a Venezia e quest’anno ha assegnato il suo premio al film Amira (vedi l’intervista di Riforma al giurato Davide Perego).

«In questi dieci anni – prosegue Urizio – sono stati assegnati premi a molti film che incoraggiano il dialogo tra culture e religioni, proprio per facilitare una migliore comprensione del mondo che ci circonda e affrontarne la complessità». Una complessità vissuta sempre con rigore e serietà da Roberto Sbaffi, «grazie alla sua dovizia professionale, posta sempre come requisito indispensabile nella vita e nel suo lavoro, soprattutto rivolto alla valorizzazione delle immagini. Sbaffi – afferma Urizio – è stato il Maestro di tutti coloro che lavorarono nella redazione, sin dagli esordi delle prime trasmissioni di Protestantesimo, giovani regazze  ragazzi che avevano deciso di affidarsi al mezzo televisivo, per comunicare. Sbaffi ha insegnato quanto la televisione fosse un medium narrativo, quanto l’immagine fosse una prerogativa fondante nella comunicazione visiva. Dunque, quando è arrivato il momento giusto, abbiamo pensato che fosse importante promuovere la memoria di questa persona, di questo grande professionista che ha saputo insegnare e tramandare le sue competenze e la sua sensibilità».

Nell’era delle immagini e dell’apparire che scorrono sulla rete, sul web, il cinema resiste. «Non solo resiste – conclude Urizio –, si trasforma e reagisce positivamente alle nuove tecnologie. Il cinema nasce come documentario – pensiamo ai fratelli Lumiere – ossia con il loro primordiale tentativo di mostrare la realtà. Il cinema è cambiato e utilizza le nuove tecnologie, ma rimane una fabbrica per la costruzione di sogni. Le tecnologie a disposizione hanno fatto abbassare di molto i costi produzione e dunque molti giovani registi e piccole case cinematografiche dell’Africa, dell’India, dell’America Latina, possono promuovere le loro pellicole, offrirci così storie e culture diverse. Anche in Italia sono aumentati i Festival cinematografici, soprattutto quelli tematici. Festival che permettono anche alle piccole produzioni di essere visibili, presenti, vitali, disponibili per il pubblico. Una sorta di “community mondiale” di scambio e conoscenza di realtà normalmente poco esplorate». Storie che fanno emergere la complessità mondiale «narrata con gli occhi dei protagonisti di queste realtà. Una realtà oggi percepita e recepita anche dalle grandi major cinematografiche, che infatti non sono rimaste a guardare e si sono rese attive e non solo spettatrici del grande circo cinematografico mondiale».

L’Associazione «Sbaffi» e Interfilm, sono oggi uno specchio del dialogo che passa tra le culture e le religioni  nella sale cinematografiche, offrendo così alle chiese, e a altre realtà laiche, nuovi e importanti percorsi culturali e artistici.