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Chiuso l’Ospedaletto del Centro per i rimpatri di Torino

È stata accolta la raccomandazione del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà di chiudere il settore cosiddetto “Ospedaletto” del Centro di permanenza per i rimpatri (Cpr) di Torino, rimbalzato ancora una volta nelle cronache dei giornali per le degradanti condizioni in cui si trovavano a vivere gli “ospiti” dopo la tragica morte in quel luogo di Moussa Balde, il richiedente asilo deportato nel Cpr torinese dopo aver subito un feroce pestaggio nelle strade di ventimiglia
 
L’indicazione è contenuta nella risposta del Ministero dell’interno al rapporto del Garante nazionale sull’ultima visita al Cpr di Torino del 14 giugno scorso avvenuta proprio a seguito della morte lo scorso 23 maggio del ragazzo originario della Guinea, in Italia dal 2017 e ancora in attesa di conoscere se la sua domanda di accoglienza sarebbe stata accolta.
In una nota si legge che «Il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale aveva effettuato una visita di follow up al Centro di Torino a seguito del suicidio, all’interno del Cpr, del cittadino guineano Balde Moussa. Una visita tesa a raccogliere informazioni sulla vicenda stessa e a verificare le implementazioni delle raccomandazioni formulate dal Garante nei suoi precedenti Rapporti (2017-2018-2019). 
 
È proprio questa la più urgente delle dieci raccomandazioni del Garante nazionale alle Autorità competenti: la richiesta di chiusura immediata dell’area del cosiddetto “Ospedaletto”, utilizzato per l’isolamento sanitario dei migranti trattenuti, ma anche impropriamente per altre ragioni, e dove lo stesso Balde era alloggiato al momento del suicidio. Una struttura del tutto inadeguata e priva dei requisiti essenziali per le esigenze sanitarie. Nel rapporto il Garante ha valutato «che l’alloggiamento all’interno dell’area “Ospedaletto” del Cpr di Torino configuri un trattamento inumano e degradante e che tale valutazione possa essere condivisa dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo (Corte Edu), qualora adita, esponendo così il Paese alle relative conseguenze».
 
Il Garante nazionale in una nota ufficiale «Prende atto con soddisfazione della decisione di interdire l’utilizzo dell’area “Ospedaletto” ritenuta inadeguata alle esigenze di carattere sanitario. Restano alcuni punti aperti su cui è necessario intensificare l’interlocuzione per superare le criticità e trovare soluzioni che soddisfino le esigenze delle istituzioni che tutelano i diritti delle persone trattenute. Tuttavia, l’articolata risposta del Ministero dell’Interno conferma la positiva collaborazione in essere con l’Autorità di garanzia».
 
A più di venti anni dalla loro introduzione, i Centri di detenzione amministrativa rimangono «luoghi “non pensati” […]» ove «la permanenza in essi segue le sorti di un “effetto collaterale”, che si vorrebbe evitare e che è sostanzialmente sottovalutato» scriveva nella sua relazione annuale il Garante.

E ancora: «Il vuoto materiale degli ambienti trova una simmetria nel tempo deprivato di qualsiasi opportunità di impiego o di autodeterminazione anche relativamente a piccole scelte di vita quotidiana, come quella di leggere un libro, scrivere, svolgere un’attività sportiva».

Ambienti senza finestre, degradati, nessuno spazio di socialità. I Cpr sono gabbie di contenzione i cui reclusi non hanno più alcun riferimento né intravedono soluzioni positive.

La riduzione, se non il superamento, del trattenimento in questi “involucri vuoti”, come li ha definiti il Garante è ormai improcrastinabile – scriveva Gennaro Santoro sul sito Open MIgration. Il fallimento, in termini di efficienza e, ancor prima, in termini di rispetto dei diritti umani è ormai sotto gli occhi di tutti e non ha senso continuare a nascondere la polvere sotto il tappeto».