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«Palermo città dell’accoglienza»

Domenica mattina 5 settembre, in diretta dalla terrazza del loggiato San Bartolomeo, si è tenuta la funzione religiosa domenicale della TV pubblica tedesca Zdf.

Il culto è stato celebrato dal vescovo Heinrich Bedford-Strohm, presidente del Consiglio della Chiesa Evangelica tedesca (Ekd), insignito due anni fa della cittadinanza onoraria del capoluogo siciliano. Bedford-Strohm ha scelto Palermo «per la sua straordinaria accoglienza in favore dei migranti e delle navi delle Ong impegnate nei soccorsi nel mare Mediterraneo».

A concelebrare era presente la pastora e teologa luterana Sandra Bils, membro del comitato del Kirchentag tedesco e fra le promotrici della coalizione United4Rescue che ha acquisito una nave per operare nel Mediterraneo nel tentativo di salvare le persone migranti.

Il sindaco di Palermo Leoluca Orlando è intervenuto lanciando «Un appello all’Europa affinché segua l’esempio della città di Palermo che indica una strada per una società tollerante, libera e fraterna. La sofferenza dei migranti ci accompagna quotidianamente, la tragedia del Mediterraneo ci porta a confrontarci ogni giorno con la violenza. A Palermo abbiamo una particolare sensibilità per il diritto e per i diritti umani. Quarant’anni fa i palermitani fuggivano al Nord dalla violenza mafiosa, tempi bui superati da un incredibile coraggio civile. Le vittime innocenti della mafia hanno risvegliato in noi il desiderio del diritto, dell’applicazione della legge, i migranti ci hanno fatto scoprire il valore dei diritti. Sogno un mondo nel quale libertà e uguaglianza siano accompagnate ad una vissuta fratellanza, un mondo nel quale esiste solo una razza, quella umana. Rispettare gli altri significa rispettare l’identità di ciascuno».

Il servizio religioso è stato voluto dalla Chiesa evangelica tedesca per ringraziare i soccorritori civili in mare che hanno salvato migliaia di persone da situazioni pericolose: «Con il loro impegno coraggioso, gli equipaggi di volontariato si assumono una responsabilità che abbiamo tutti in comune» ha dichiarato il vescovo Bedford-Strohm. «Naturalmente, bisogna innanzitutto combattere le cause di fuga. Su quali siano le migliori soluzioni, si può discutere anche animatamente. Ma non dovremmo concordare che salvare vite umane è un dovere cristiano anche in caso di divergenze sulla politica di accoglienza?».

Erano presenti anche Alagie Malick, rifugiato salvato nel Mediterraneo, e Jutta Nagel della Ong Seawatch. La nave da crociera sullo sfondo delle inquadrature «non l’abbiamo chiesta noi – ha scherzato il vescovo –  e non siamo riusciti a spostarla. Ma è stato bene che fosse visibile, perché ha mostrato le contraddizioni in cui viviamo – il Mediterraneo come luogo di vacanza, ma anche come luogo di drammatiche catastrofi umane e salvezza da tali catastrofi».

Bedford- Strohm sempre nella giornata di domenica  non ha perso occasione per recarsi al porto di Trapani a rendere visita all’equipaggio della nave “Sea Watch 4” della coalizione “United4Rescue” che vede l’Ekd capofila nel progetto, ed è tornato a chiedere la soluzione del blocco cui la nave è obbligata dallo scorso maggio dopo aver salvato 456 persone. Il blocco è stato voluto dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana – l’organismo giudiziario che in Sicilia sostituisce il Consiglio di Stato in virtù dello Statuto autonomistico dopo un precedente stop da settembre 2020 a marzo di quest’anno. In pratica in un anno la nave ha potuto operare per appena due mesi, ed è ora ancora costretta a sottostare «a queste scelte arbitrarie mentre le persone stanno morendo nel Mediterraneo», ha detto Bedford-Strohm. «La situazione nelle ultime settimane nel Mediterraneo è stata devastante». Il presidente del Consiglio Ekd ha anche sottolineato l’obbligo umanitario di accogliere i rifugiati afgani in Germania. «Al momento non si può che essere grati quando le persone possono sfuggire a un regime conosciuto per la sua particolare brutalità», ha affermato il vescovo bavarese.

«Abbiamo la responsabilità umanitaria come paese di partecipare all’accoglienza dei rifugiati», ha concluso-. La dignità umana non ha nazionalità, appartiene a tutti, alla donna somala come al bambino siriano o al lavoratore afghano. «Ecco perché non dobbiamo mettere i bisogni dell’uno contro quello dell’altro».