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Una diaconia al passo con i tempi

Giovanni Comba è giunto al termine del suo mandato come presidente della Commissione sinodale valdese per la Diaconia (Csd). Dopo un primo anno nella Commissione il Sinodo lo elesse come presidente, carica che gli venne rinnovata anche per i sei anni successivi. È quindi giunto il momento di fare un bilancio di questa esperienza, al contempo positiva e impegnativa. Iniziamo mettendo per ora da parte la pandemia e facendo un passo indietro per capire che cosa è successo in questi anni. «Il cuore della nostra attività è rimasto l’assistenza agli anziani, nonostante ci siano state molte novità in questi sette anni – esordisce Comba –. L’accoglienza dei migranti dal punto di vista mediatico ci ha dato una visibilità altissima ed è questo il primo aspetto che mi viene in mente». Proprio in Sicilia gli anziani hanno “ceduto” il passo ai migranti. «La struttura di Vittoria si è convertita ad accogliere i migranti in quanto questo era la richiesta del territorio, che ha visto l’assistenza all’anziano non rispondere più alle necessità. Sull’accoglienza abbiamo lavorato in molti ambiti differenti a seconda di dove ci fosse la necessità, trovando un equilibrio. Da un lato c’è il progetto dei Corridoi umanitari, dall’altro tutto ciò che si è fatto a livello territoriale: Sprar, Cas etc.: abbiamo imparato con le varie esperienze che la scelta giusta è quella di puntare sull’accoglienza diffusa. Come stiamo facendo ora. I grandi assembramenti, come sono stati quelli di Villar Pellice (To) alla Crumière hanno alcuni vantaggi ma non sono funzionali come invece i piccoli nuclei».

Un altro ambito a cui Comba è molto legato è quello dei rapporti con le chiese locali. La Diaconia valdese, soprattutto nel Primo Distretto, è stata più volte al centro di discussioni in cui la si vedeva allontanarsi, in qualche modo, dalla predicazione. «Dopo un periodo di confronto, a volte anche duro, su questo argomento, posso dire che oggi abbiamo trovato un equilibrio. Sono infatti più di 30 i progetti intrapresi con le chiese locali in tutta Italia (valdesi e metodiste) utilizzando le conoscenze, le capacità e le peculiarità presenti in loco, a cui sono stati affiancati dei professionisti formati nell’ambito Csd. Spesso ci siamo trovati di fronte a dei piccoli progetti già avviati, in quanto le chiese stesse fanno diaconia». Sempre in questa direzione si è lavorato molto anche con i dipendenti. «Abbiamo intrapreso da alcuni anni – continua Comba – un corso di formazione “base” per i dipendenti, per spiegare loro che cosa sia la diaconia e la Chiesa valdese. Inoltre abbiamo attivato con la Facoltà valdese di Teologia un approfondimento per chi lo desideri».

La Diaconia cerca di stare al passo con i tempi e di rispondere alle esigenze che ogni giorno emergono all’interno della società. «Il problema della casa e del lavoro tocca sempre più persone; anche quello legato alla burocrazia è molto sentito e da molte parti ci è stato chiesto un aiuto in questa direzione. Abbiamo aperto uno sportello in questo senso e abbiamo creato due cohousing sul territorio per gli ultimi: una in via Angrogna a Torre Pellice e una al Serre di Angrogna, nello storico Foyer».

Ovviamente non si può fare a meno di affrontare l’argomento pandemia, che ha sconvolto molti aspetti della nostra vita quotidiana e ancora di più quelli legati al mondo dell’assistenza dei più deboli. «Dobbiamo ringraziare la Tavola valdese per l’aiuto extra che ci è stato dato, come da noi richiesto, attraverso l’Otto per Mille per superare questo momento molto difficile. L’ambito in cui abbiamo sofferto di più è stato quello delle Foresterie, che hanno subito perdite molto importanti mentre il “comparto” anziani ha risentito di meno. Siamo riusciti a non licenziare nessuno, ricorrendo alla cassa integrazione e ai fondi straordinari Otto per Mille». Un impegno lungo sette anni: con il senno di poi lo rifarebbe? «Senza ombra di dubbio e con entusiasmo. Ho avuto la fortuna di andare in pensione giovane e di potermi dedicare a questa attività, di vivere una seconda “vita” e di impegnarmi portando le mie competenze in questo ambito molto importante. Il clima è di collaborazione e stima reciproca, cosa che da sempre contraddistingue la Diaconia valdese e di cui sono orgoglioso».

Immaginiamo che in questi anni lei abbia affrontato momenti particolari, episodi, problemi: qual è il momento che ricorda con maggiore gioia? «Ricordo con precisione il mattino in cui sono arrivati i migranti alla Crumière di Villar Pellice. In quel momento mi sono reso conto che queste persone avevano delle aspettative verso di noi. E non ho dubitato neppure un momento sul fatto che ce l’avremmo fatta, nonostante fosse il primo progetto di accoglienza in grande e nonostante fossimo stati avvisati con poco preavviso, con una telefonata dalla Prefettura di Torino in un periodo estivo di vacanze. Non l’avessimo fatto noi l’avrebbe fatto qualcun altro ma (anche) questa è la nostra missione, è il mettere in atto, in pratica, la nostra fede».

Al Sinodo di fine agosto l’incarico del presidente giunge così al suo termine: il testimone da raccogliere è sicuramente impegnativo ma è anche ricco di stimoli. Ma Giovanni Comba non scomparirà: «Voglio continuare a mettere a disposizione le mie competenze, i miei doni nell’ambito delle nostre chiese».