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Lidia Poët: una figura da ricordare e da valorizzare

Il 28 luglio scorso si è svolta una cerimonia nel corso della quale è stata intitolata l’area giochi sita all’interno dei giardini “Nicola Grosa”, davanti al Palazzo di Giustizia di Torino, a ricordo di Lidia Poët, prima avvocata italiana iscritta all’Ordine professionale. Alla presenza della sindaca Chiara Appendino, della presidente dell’Ordine degli avvocati Simona Grabbi, di altre autorità e di un nutrito numero di avvocati e avvocate che indossavano la loro tradizionale toga, è stata scoperta una targa a ricordo di una figura, sebbene poco nota al di fuori dei frequentatori delle aule di giustizia, davvero straordinaria.

Lidia Poët, nata a Perrero il 26 agosto 1855 da famiglia valdese, era in forte anticipo rispetto all’epoca in cui si è trovata a vivere. La sua indole e le sue idee erano quelle che oggi potremmo riscontrare nella maggior parte dei contemporanei come conseguenza di un processo di maturazione e presa di consapevolezza durato più di un secolo e passato attraverso gli orrori di due guerre mondiali e di molti altri conflitti e atrocità. La percezione dell’assurdità della discriminazione basata sul genere, così come sulle convinzioni religiose, gli orientamenti sessuali e persino il colore della pelle, si è infatti consolidata, con grande travaglio e non in tutto il mondo, solo a partire dalla seconda metà del Novecento.

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Lidia Poët trovò, oltre che nella sua indole di sicuro molto determinata, anche nell’educazione, ricevuta nella sua infanzia e nella sua giovinezza in un contesto solo apparentemente appartato ma in realtà dotato di solidi collegamenti con le correnti di pensiero più progredito, i presupposti per dare corso al suo sogno di diventare avvocata e iscriversi all’ordine professionale. Fu la prima studentessa di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Torino e la seconda laureata in Italia. Discusse una tesi non a caso dedicata alla condizione femminile nella società e sul diritto di voto alle donne. Il giorno dopo la sua laurea uscirono articoli sui giornali locali in cui, accompagnato da qualche commento tra il serio e il faceto, venne dato atto del risultato e della sua portata innovatrice.

La diffidenza più diffusa e la resistenza più forte Lidia Poët le riscontrò dopo la laurea, quando volle dare seguito coerente al suo obiettivo di esercitare la professione forense, dopo avere svolto la pratica presso l’ufficio dell’avvocato e senatore Cesare Bertea a Pinerolo. La sua domanda di iscrizione all’Ordine degli Avvocati di Torino fu effettivamente accolta, sebbene a maggioranza, dopo una dura e animata discussione riportata nel verbale della seduta del 9 agosto 1883. Le opinioni dissenzienti di taluni Consiglieri già preannunciavano quello che sarebbe accaduto dopo. La delibera in questione fu, infatti, impugnata dal Procuratore generale e annullata dalla Corte di Appello di Torino. La Suprema Corte di Cassazione confermò la sentenza dei giudici di secondo grado con motivazioni che, lette oggi, suscitano in uguale misura ilarità e deprecazione.

Lo spirito indomito di Lidia Poët non fu vinto ed Ella trovò altrimenti modo di fare valere la sua istruzione e le sue qualità di giurista, ancora una volta in anticipo rispetto ai tempi che il destino le aveva assegnato, a favore, in particolare, dei minori e dei carcerati. Partecipò a consessi internazionali tra i quali il quarto Congresso penitenziario internazionale che si svolse a San Pietroburgo nel 1890. Fu nominata Officier d’Académie dal Governo francese e ricevette una medaglia d’argento dal Comitato internazionale della Croce Rossa per la sua opera, prestata durante il primo conflitto mondiale, come infermiera al fronte.

L’happy end della sua storia si realizzò nel 1920 quando, in virtù dell’approvazione della legge n. 1179 del 17 luglio 1919, fu finalmente consentito espressamente anche alle donne di accedere agli uffici pubblici, ma non alla magistratura, e Lidia Poët poté finalmente iscriversi, all’età di 65 anni, all’Ordine degli Avvocati.

Quando vi capiterà di passare nei giardini antistanti il Palazzo di Giustizia di Torino, fermatevi a leggere la targa in ricordo della figura di questa straordinaria donna, in così forte anticipo rispetto ai tempi in cui visse, che costituisce, ancora oggi, esempio di determinazione esemplare nel perseguire, con gli strumenti del diritto, la parità di genere e il superamento delle discriminazioni.