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Ten-tè drìta: come salvare un dialetto

Ten-tè drìta: letteralmente, tradotto dal patois francoprovenzale di Balme, località delle Valli di Lanzo, “Tienti dritta!” “Non cadere!”. É questo il titolo scelto per il vocabolario recentemente pubblicato dalla casa editrice Atene del Canavese contenente circa 4000 vocaboli appartenenti all’idioma balmese. L’opera è stata curata dal sindaco di Balme, Gianni Castagneri in collaborazione con Diego Genta e Claudio Santacroce. Ed è proprio nel titolo che sta la missione all’origine di questo prezioso lavoro di conservazione culturale «Il rischio di dispersione di questa lingua esiste ed è fortissimo – spiega lo stesso Castagneri – Balme fa poco più di 60 abitanti stabili, dei quali nemmeno la metà parla il dialetto. Io da tempo mi occupo di cultura locale e conservazione della memoria storica e una decina di anni fa ho pensato che ci si potesse impegnare per creare un vocabolario che potesse aiutare a conservare quello che rappresenta un elemento identitario per una comunità, ossia la sua lingua».

Un lavoro lungo e difficile quello intrapreso dai curatori di questo volume, reso ulteriormente difficoltoso dal fatto che, come molti dialetti locali, la disponibilità di documenti scritti è decisamente limitata «Ci sono alcune poesie risalenti agli anni 70 del Novecento che abbiamo riportato sul vocabolario – prosegue Castagneri – ma per la maggior parte si è trattato della trascrizione di termini da me conosciuti o sentiti dai pochi depositari di questa lingua. Il lavoro più difficile è stato quello di trovare le definizioni per i vari oggetti d’uso quotidiano di cui, spesso, si son perse le tracce».

Nonostante la globalizzazione, anche linguistica e culturale, rappresenti un pericolo per le lingue minoritarie, d’altra parte negli ultimi 20 anni si assiste a una rinnovata attenzione per i dialetti e le lingue locali, concretizzato nella  legge 482/99 a tutela delle minoranze linguistiche, che ha dato nuovo vigore e visibilità al prezioso lavoro di conservazione linguistica.

La pubblicazione del vocabolario non rappresenta un punto d’arrivo per i suoi curatori, i quali intendono proseguire in un lavoro di ricerca che si apra a nuovi orizzonti «Da un lato ci rendiamo conto che il bacino di parole ancora da riscoprire sia piuttosto vasto e quindi il lavoro di ricerca deve continuare e ampliarsi – conclude Castagneri – Dall’altro la presenza di termini appartenenti a specifici settori, come per esempio per l’alpinismo, fa sì che il vocabolario possa essere anche il punto di partenza per studi e approfondimenti di tipo più storico».