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Il dono dei miei compagni di viaggio

Domenica 22 agosto alle 10 si terrà nel tempio valdese di Torre Pellice il culto di apertura della Sessione sinodale, organizzata quest’anno in forma ridotta in quanto a durata dei lavori (si concluderanno il mercoledì anziché il venerdì) e in formula “mista” in quanto a partecipazione: Tavola valdese, Commissione d’esame e Commissioni amministrative in presenza; pastori e pastore, diaconi e diacone, deputati e deputate da posizione remota. Cionondimeno, il culto avrà il carattere solenne che contraddistingue ogni anno l’apertura dei lavori del più importante organo di governo della Chiesa.

Il culto sarà tenuto dal pastore Winfrid Pfannkuche, e al suo interno avrà luogo la consacrazione del candidato al ministero pastorale Gabriele Bertin e della diacona Monica Natali. È questo un momento importante: siamo ancora in un tempo di “deserto” a cui la Chiesa è costretta dalla pandemia tuttora in atto. Poter tenere la sessione sinodale, ancorché con qualche limitazione, è un bel segnale; e ancora più bello è che la Chiesa tutta possa accogliere fra i suoi ministri e ministre Gabriele e Monica. L’opera del Signore continua: non è il numero dei presenti al culto a essere determinante, ma il fatto che sia tutta l’assemblea (più o meno numericamente consistente) e rivolgere la propria gratitudine a Dio e il proprio segno di accoglienza ai due candidati. Vivisamente l’imposizione delle mani (non quindi un contatto) mostra tutta la sua forza evocativa.

Pubblichiamo, oggi e domani, le due lettere di presentazione che Monica e Gabriele hanno preparato per presentarsi ai nostri lettori.

Oggi è il turno di Monica Natali, che verrà consacrata al diaconato.

 

Sono nata nel 1966 da genitori valdesi, mamma di Torre Pellice, papà di Felonica Po; nata e cresciuta nella chiesa valdese di Pinerolo, la mia prima chiesa; poi è venuto l’aprirsi al mondo, l’uscire dal proprio contesto. È a partire da questo “uscire” che oggi interpreto, a molta distanza di tempo, l’inizio di una vocazione, di una chiamata a tratti appena udita, a tratti percepita a chiare lettere; una chiamata che mi ha fatta uscire a incontrare il mondo e Gesù Cristo in quel mondo.

Sono consapevole di aver vissuto varie stagioni della fede, di aver a lungo litigato con un Dio spesso percepito muto o distratto nei miei confronti; in certi momenti bui credo di aver sperimentato assaggi di Risurrezione, così come in certe esperienze di profonda comunione e condivisione, assaggi del Regno di Dio. Forse la chiamata lavorava in me spingendomi in certe direzioni o io, inconsapevolmente, l’assecondavo intraprendendo nuove strade: dopo aver dedicato i primi vent’anni della mia vita lavorativa alla musica, sono stata operatrice socio-sanitaria prima e infermiera poi, in vari contesti, continuando a spendere quella chiamata all’interno di professioni d’aiuto, forse con irrequietezza, ma con la convinzione che erano le persone il centro del mio interesse, persone appartenenti a un’umanità variegata e colorata.

Il mio “viaggio” è sempre stato piuttosto articolato: non rettilinei, ma strade tortuose, spesso in salita; forature di gomma, bivii; ma grazie a viandanti compassionevoli che mi hanno aiutata a cambiare la gomma forata, ho sempre potuto riprendere il mio viaggio, godendo del preziosissimo dono di tante e tanti compagni di quel viaggio.

E poi, forse, la svolta: la possibilità di collaborare al progetto della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei) “Corridoi Umanitari – Medical Hope” in Libano: ancora adesso non riesco a discernere se la recente esperienza abbia fatto maturare definitivamente la mia vocazione al ministero diaconale o se l’adesione a quell’esperienza fosse già un modo di vivere diaconalmente il mio essere infermiera. Poco importa: la chiamata ha questa volta prepotentemente bussato alla mia porta, mettendo insieme tanti ingredienti, credo solo apparentemente disconnessi. Nel frattempo, altre chiese sono diventate le “mie” chiese: Brindisi, Grottaglie, Taranto, nelle quali e con le quali è cresciuta la mia vocazione; nelle quali e con le quali ho sperimentato la gioia, le difficoltà, le sfide dell’appartenenza a chiese vive seppur piccolissime, ma parte di un corpo più grande. E poi le chiese che ho servito in qualità di candidata diacona: la chiesa valdese di Corato-Bari, le chiese metodista e valdese di Palermo Noce e la chiesa valdese di Trapani-Marsala. Mi soffermo sui tanti volti di fratelli e sorelle che il Signore ha voluto mettermi accanto; mi soffermo sulla potenza della Parola, predicata, sperimentata, agìta; una Parola incarnata nel Cristo da incontrare nel mondo, oltre che nelle Scritture; in quel mondo dove continuare a camminare spendendo la vocazione e i doni ricevuti.