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La rivoluzione verde europea

Il 14 luglio la Commissione Europea ha presentato Fit For 55, un nuovo pacchetto di misure pensato per rivoluzionare l’economia dell’Unione e raggiungere gli obiettivi previsti per il contrasto alla crisi climatica.

Ai microfoni di Cominciamo Bene, su Radio Beckwith Evangelica, Jacopo Bencini di Italian Climate Network ha risposto ad alcune domande per dirimere i nodi più complessi del pacchetto. Si tratta di un piano di dettaglio rispetto a quello annunciato a fine 2019, il Green Deal europeo, con l’obiettivo, in particolare, di ridurre del 55% le emissioni di gas serra entro il 2030, inquadrando a questo fine diversi obiettivi ecologici europei.

Sulle prime pagine dei quotidiani, il giorno successivo, l’accento è stato posto soprattutto sulle indicazioni riguardo al mercato delle auto. L’UE infatti intende vietare l’acquisto di auto a benzina o diesel dal 2035. Ma questo è solo uno dei punti presenti nel pacchetto. La Commissione si pone un obiettivo ambizioso anche riguardo alla produzione di energia da fonti rinnovabili, per farla arrivare al 40% del totale entro il 2030. «Un salto in avanti importantissimo» dice Bencini, pur ammettendo che, da attivista, le ambizioni potrebbero essere anche maggiori.

Vengono inoltre introdotti alcuni cambiamenti al sistema di scambio di crediti di carbonio, qualcosa che «sembra lontano dalla nostra quotidianità, ma che regola l’intera produzione industriale europea». Ora l’ETS (Emission Trading System, Sistema di Scambio di Emissioni) viene ampliato, per includere il settore del trasporto marittimo, particolarmente resistente a trasformazioni tecnologiche. Vengono poi azzerate le quote di emissioni gratuite del settore aereo, mentre viene messo in piedi un nuovo sistema di scambio delle emissioni per i carburanti stradali e gli edifici.

Quest’ultimo ambito, in particolare, emerge come cruciale nel documento della Commissione. «Nel 2020» dice ancora Bencini «come ICN avevamo pubblicato un report che si intitolava Il Green Deal Conviene, dove sottolineavamo come il settore degli edifici in Italia sia uno di quelli più indietro» anche se ora, con il bonus 110% (tra vari passi falsi) si stia cercando di dare un nuovo slancio in questo senso. Ma, di fatto, edifici vetusti, con una capacità di trattenimento del calore bassa e antiquata, azzoppano lo sforzo climatico di un paese come il nostro. Investire miliardi nel settore è quindi una delle rivoluzioni di questo piano.

Un’altra novità è che le entrate dell’ETS saranno utilizzare per finanziare fondi per famiglie vulnerabili e imprese dei vari settori che soffriranno di più. Questo è proprio uno dei nodi politici da affrontare, tanto che già molti politici europei si sono espressi in questo senso: far sì che gli effetti di queste misure non ricadano su famiglie e piccoli imprenditori. «Ho visto che Il Foglio ha titolato “Il conto di “Fit for 55” è un suicidio politico per l’Ue”» dice Bencini. «Non credo che sia così, ma è un tema sul quale prestare attenzione».

Il pericolo più minaccioso, avverte ancora Bencini, è quello del cosiddetto “effetto plateau”: temporeggiare per anni e poi trovarsi a realizzare tutte le misure in un solo momento, senza applicare gli ammortizzatori necessari. La politica a tutti i livelli dovrà invece accompagnare l’applicazione dei piani europei. Una profonda ristrutturazione industriale è inevitabile, con impatti su posti di lavoro, produzione, consumo, abitudini di consumo e mobilità. Prendiamo la mobilità elettrica. In questo campo, il Fit For 55 si intreccia con il Pnrr, con l’intenzione di installare colonnine di ricarica a distanza regolare su tutte le autostrade. Ma le amministrazioni potrebbero spingersi oltre, magari facendo lo stesso nelle zone di campagna, lontane dalle strade principali. Importante, poi, monitorare le situazioni locali, ad esempio analizzando i viaggi dei lavoratori: se un pendolare si troverà a rimetterci economicamente, questo sarà un problema, da anticipare e coprire con i finanziamenti previsti. «Tutti gli attori della società devono essere coinvolti».

Sebbene la transizione ecologica possa portare, nel complesso, più posti di lavoro di quanti ne faccia perdere, non per questo i lavoratori lasciati indietro andranno dimenticati. Nel Pnrr si fa riferimento alla formazione e all’aggiornamento di competenze, tutte pratiche che andranno implementate seriamente, specie in quei settori destinati ad assottigliarsi e sparire nei prossimi anni. «Nessuno, nemmeno a Bruxelles, vuole lasciare le famiglie a casa senza stipendio», ma questo lo evitiamo soltanto con una connessione tra tutti gli enti politici.