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Calvino tra i padri dell’America di oggi

Nota e apprezzatissima per i suoi romanzi, sostanzialmente dedicati alle storie e alle famiglie di pastori Ames e Boughton, Marilynne Robinson, ospite negli anni passati al torinese Salone del libro, è apprezzata in Italia anche per la sua produzione saggistica. Nata nel 1943 nello Idaho, la scrittrice è anche docente universitaria e studiosa della Bibbia e della tradizione riformata nei suoi sviluppi in Nord America.

L’ultima raccolta di saggi uscita in italiano è Quel che ci è dato* e, vista l’attenzione che l’autrice dedica in più articoli alla questione della grazia, e di come essa si manifesti nelle nostre vite, la cosa non stupisce. Il volume si sviluppa attraverso sedici parole chiave (un diciassettesimo capitolo ha un titolo diverso, e però anche significativo, «Figlio di Adamo, Figlio dell’Uomo»). Alcune di queste (Umanesimo, Riforma, Grazia, Risveglio, Teologia) ci fanno capire quanto importante sia il confronto di questa scrittrice con una tradizione che rimane tuttora complessivamente forte, da quando i calvinisti sbarcarono sulle coste americane. Da allora, infinite sono state le articolazioni e le varietà di espressione di questa matrice comune: il solo fatto che i due pastori protagonisti di Lila, Gilead, Casa, amici da sempre e quasi dirimpettai nella stessa strada, siano uno presbiteriano e l’altro congregazionalista dimostra che varie sono le modalità in cui uomini e donne cercano di portare al mondo la Parola di Dio. Ma, appunto, la radice è unica, ed è di lunga vita.

La precedente raccolta di saggi (Quando ero piccola leggevo libri, 2012, in italiano 2018) era più autobiografica e più legata a filosofia e letteratura. Questa raccolta invece ci porta, come in un percorso a ritroso, alla matrice e allo svelamento del percorso intellettuale dell’autrice. Meno attualità, e più Calvino, verrebbe da dire, se non fosse che proprio il riferimento costante al Riformatore francese/ginevrino viene indicato come una bussola importante per districarsi nella complessità dell’oggi. Qualche esempio: con orgoglio Robinson rivendica, fra i più duraturi lasciti della Riforma, la capacità che ebbe di collegare la vita profana con la matrice di fede, e l’allargamento della platea dei lettori. «Gli eruditi della Boemia – scrive – si dedicarono a eliminare la barriera tra colti e incolti rendendo il cristianesimo perfettamente comprensibile nelle lingue correnti» (p. 27, 64). Lo sapevamo, certo, ma lei, da scrittrice, prosegue: «… gli autori in questione colsero la bellezza del parlato corrente».

Altri articoli affrontano la questione del Risveglio e delle sue diverse manifestazioni, fino alle parole e all’esempio di M. L. King; poi quella del declino delle chiese e delle teologie e, soprattutto, dell’«allontanamento dell’America da un’identità cristiana». In questa denuncia, Robinson fa riferimento al cap. 26 del Levitico, dove si dice quale sarà la condizione del popolo d’Israele se si allontanerà da Dio: «Il rumore di una foglia agiata li metterà in fuga (…). Precipiteranno l’uno sopra l’altro come davanti alla spada, senza che nessuno li insegua» (p. 155 –Lev. 26, 36-37). Una capacità di cogliere lo stato mentale di un popolo eletto, che sta allontanandosi dal suo riferimento e crolla emotivamente e fisicamente. Con la stessa incisività Nanni Moretti, nel suo film Habemus Papam, nel ruolo dello psicoanalista illustra ai cardinali i sintomi della possibile depressione del papa appena votato dal conclave, utilizzando le parole del Salmo 102: «Il mio cuore, afflitto, inaridisce come l’erba, tanto che dimentico di mangiare il mio pane. A forza di piangere la mia pelle si attacca alle ossa». Insomma, la Bibbia per noi, e a maggior ragione per una scrittrice tanto padrona della materia e della lingua letteraria, è una miniera infinita di riferimenti, come dimostrano peraltro i suoi romanzi.

Nel libro c’è ancora molto altro, anche riferimenti che toccano da vicino il mondo valdese, piccolo forse, ma evidentemente conosciuto: Marilynne Robinson parla di Olivetano e della sua traduzione della Bibbia, ma anche degli stessi valdesi, come «setta» egalitaria perseguitata: Olivetano «aveva fatto una nuova traduzione delle Scritture destinata ai valdesi». In ogni caso, in una comune sorte, quando i seguaci di questi movimenti «vengono perseguitati, tendono a sparpagliarsi portando con sé la loro fede in territori e a popolazioni nuovi, come avevano fatto ad esempio gli ugonotti nella Londra rinascimentale» (p. 77). Robinson spiega quanto sia importante, nella tradizione civile americana, il riferimento al rinnovarsi dell’Alleanza (p. 159) e ci richiama all’importanza del sermone. Un testo scritto prima della pandemia, ma che, letto oggi, acquista ancora più significato, sia che il sermone lo ascoltiamo “in presenza” sia che lo seguiamo da un dispositivo “remoto”: «parlare di persona e con la propria voce, ad altri che ascoltano dal fitto delle loro disparatissime situazioni, di quelle che sono davvero o dovrebbero essere questioni di vita o di morte, è un evento singolare. Per questo andiamo in chiesa». E, nelle parole della Bibbia spiegate dal sermone avvertiamo una alterità: «Nel sentire la nostra dissomiglianza dall’eterno sperimentiamo nientemeno che il massimo della nostra umanità». Un’indicazione che può aiutarci.

* M. Robinson, Quel che ci è dato. Traduz. di Eva Kampmann. Roma, Minimum Fax, 2021, pp. 355, euro 18,00.

 

Foto BBC World Service