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Un ruolo argentino nei disordini boliviani del 2019?

Le autorità governative dell’Argentina hanno avviato indagini per determinare l’origine, la destinazione e l’uso di armamenti presumibilmente inviati alle forze armate boliviane nei giorni successivi alle dimissioni dell’ex presidente bolviano Evo Morales, a novembre del 2019. In particolare si vuole verificare quali membri del governo argentino fossero a conoscenza dell’operazione. Una lettera inviata dall’allora comandante generale dell’aeronautica boliviana all’ambasciatore argentino a La Paz, con i ringraziamenti per la collaborazione prestata, è una delle prove schiaccianti che conferma l’ipotesi di appoggio voluto dall’allora presidente Mauricio Macri alle proteste boliviane che costrinsero Morales a dimettersi e a lasciare il paese con l’accusa di brogli elettorali mai provati fino in fondo.

Il neo presidente argentino Alberto Fernandez ha già porto le scuse all’omologo boliviano Luis Arce e promesso indagini accurate.

Le autorità hanno l’obiettivo di identificare i diversi passaggi amministrativi della consegna effettuata all’epoca della presidenza di Mauricio Macri, e i ruoli svolti dal ministero degli Esteri, della Sicurezza, della Difesa e le autorità doganali dipendenti dal Fisco. Secondo gli ultimi sviluppi risulterebbe accertato attraverso un documento diffuso dal governo argentino il volo di un Hercules C-130 della Forza aerea argentina (C-130) da Buenos Aires a La Paz con personale della Gendarmeria e un carico di armi e munizioni destinati alla protezione dell’ambasciata argentina a La Paz. Il carico di munizioni viene descritto in un documento del ministero della Sicurezza, da cui dipende la Gendarmeria, e consiste in 10 pistole semiautomatiche, 5 carabine automatiche, 2 mitragliatrici, 2 fucili a ripetizione e 8.820 munizioni di diverso calibro.

Il Consiglio pastorale del Movimento Ecumenico per i Diritti Umani (MEDH) ha chiesto alle autorità argentine di indagare sulle denunce del governo dello Stato della Bolivia, che hanno documentato la consegna di munizioni e materiale letale da parte del governo argentino nel 2019, «quando l’ordine costituzionale è stato interrotto in quel paese con la destituzione del presidente Evo Morales». Hanno ritenuto che la denuncia sia di estrema gravità istituzionale e che ricordi il Piano Condor, che in passato vincolava i governi della regione a perseguitare, uccidere e far sparire i combattenti popolari.

L’affermazione è stata fatta attraverso una lettera pubblicata questa domenica 11 luglio 2021, intitolata al testo biblico di Michea 4,3 “Egli sarà giudice tra molti popoli e farà da arbitro tra nazioni potenti, anche le più lontane. E trasformeranno le loro spade in vomeri e le loro lance in cesoie per potare. Nazione non alzerà più la spada contro nazione, né si addestreranno più per la guerra».

Il Consiglio pastorale ritiene che le accuse «sono di estrema gravità istituzionale» e che «è necessario che la verità venga alla luce, dal momento che molte persone sono state represse, detenute e uccise quando sono scese in piazza per manifestare, chiarendo se il materiale inviato ha contribuito a consolidare il nuovo ordine golpista».

Infine, dando uno sguardo alla storia, hanno convenuto che l’azione riporti «alla nostra memoria il Piano Condor, un piano sistematico che univa i governi latinoamericani per perseguitare i combattenti popolari, violando i diritti umani». Dall’agenzia hanno comunque espresso fiducia e speranza che i fatti possano essere chiariti e che non restino nell’oblio o nell’impunità.

Il Movimento Ecumenico per i Diritti Umani (MEDH) è nato come risposta da parte dei cristiani e delle loro chiese alle gravissime violazioni della vita, dei diritti e della dignità delle persone che venivano commesse e che sono state aumentate a dimensioni inimmaginabili dopo la costituzione formale della dittatura nel 1976.
Da allora, è una delle organizzazioni per i diritti umani tradizionalmente conosciute come storiche nel Paese. Ha tenuto la sua prima liturgia pubblica di solidarietà con i detenuti-scomparsi e le loro famiglie e in difesa dei diritti umani nella cattedrale di Quilmes il 22 dicembre 1976 e da allora si batte per il riconoscimento dei crimini della dittatura e per la denuncia del rischio di ritorni a bui passati.

 

Foto di Dennis Jarvis