armi-genova

Portuali di Genova protestano per il transito di armamenti

La Commissione globalizzazione e ambiente (Glam) della Federazione chiese evangeliche in Italia (Fcei) interviene ancora sul transito di armamenti nel porto di Genova.

«La logistica svolge un ruolo vitale e di solito poco visibile nell’alimentare le guerre in corso – scrive la Glam –. Il collettivo autonomo lavoratori portuali (Calp) ha denunciato all’inizio di luglio, sulla propria pagina Facebook, l’ennesimo passaggio nel porto di Genova della Bahri Hofuf. Essa è parte della flotta di stato dell’Arabia Saudita, carica di armamenti ed esplosivi verso i teatri di guerra nel Medio-Oriente. È documentata la presenza di container con esplosivi ed elicotteri da combattimento Boeing Apache».

Le foto, spiega la Glam, sono di Weapon Watch, Osservatorio sui traffici di armi nei porti europei e mediterranei. Mentre i portuali, prosegue la Commissione, operano rischiando in prima persona in un contesto di dubbia «legalità e sicurezza nella movimentazione».

Gli elicotteri sarebbero destinati all’esercito saudita per la guerra mai dichiarata in Yemen che ha causato migliaia di vittime e migrazioni.

Come si vede in un’immagine, sulla fiancata di un elicottero c’è scritto “God Bless You”, Dio vi benedica. Ricorda il più tristemente noto bombardiere “Enola Gay”, il cui nome era quello della madre del pilota che sganciò la bomba atomica su Hiroshima. Il nome di una madre, come il nome di Dio, utilizzati su un’arma di guerra, suonano come un insulto o una bestemmia verso il principio creativo e generativo che vorrebbero in qualche modo celebrare.

La Glamricorda che, per la legge 185/90 «L’esportazione e il transito… di materiali di armamento sono vietati quando sono in contrasto con la Costituzione, con gli impegni internazionali dell’Italia, con gli accordi concernenti la non proliferazione, nonché quando mancano adeguate garanzie sulla definitiva destinazione dei materiali di armamento. […] Sono altresì vietati verso i Paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i principi dell’art.51 della Carta dell’ONU. Verso Paesi la cui politica contrasti con i principi dell’art.11 della Costituzione. Paesi nei cui confronti sia stato dichiarato l’embargo totale o parziale delle forniture belliche. Verso i Paesi i cui governi sono responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani».

A Gennaio 2021 il Governo Conte aveva deciso di revocare le autorizzazioni in corso per l’esportazione di missili e bombe d’aereo verso Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Rimane inoltre in vigore la sospensione della concessione di nuove licenze per i medesimi materiali e Paesi.

Secondo le elaborazioni di Rete Pace Disarmo e dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere e le politiche di sicurezza e difesa (Opal), riferisce ancora la Glam, «il provvedimento riguarda almeno 6 diverse autorizzazioni già sospese con decisione presa a luglio 2019 e la revoca decisa dall’Esecutivo per questa sola licenza cancella la fornitura di oltre 12.700 ordigni». E, dice ancora la Commissione: «Un Rapporto del Gruppo di esperti delle Nazioni Unite consegnato al Consiglio di Sicurezza nel gennaio del 2017 aveva dichiarato che i bombardamenti della coalizione a guida saudita “possono costituire crimini di guerra”».

Tra gli ordigni ritrovati dai ricercatori dell’Onu «figuravano anche bombe prodotte dalla RWM Italia, che sta ampliando il suo stabilimento in Sardegna e cercando commesse che non incorrano nell’embargo in corso sia in Italia che in Germania».

A settembre 2020 il Parlamento Europeo aveva approvato ad ampia maggioranza una Risoluzione che, condannando le azioni di Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, invitava «avviare un processo finalizzato ad un embargo dell’UE sulle armi» verso gli stessi Paesi.

«Queste risoluzioni, nel quadro di un innalzamento del conflitto in tutta l’area medio orientale fino al Mar Nero, sono anche il frutto della pressione di organizzazioni e movimenti composti da elementi laici e di ispirazione religiosa impegnati già dagli anni ’70» prosegue la Glam.

Una delle attività di questi movimenti è quella di seguire, come azionisti critici, le assemblee di bilancio delle maggiori aziende produttrici di armi. «È, questa, una sede per monitorare e testimoniare» riferisce la Glam. Obiettivi: divulgare le connessioni fra economia e geopolitica. Studiare e far conoscere i relativi flussi e i rapporti di ricerca e sviluppo di sistemi d’arma autonomi.


La Commissione globalizzazione e ambiente della Fcei dal 2018 fa parte della Rete disarmo. Essa è diventata Rete pace e disarmo nel 2020. È fra i partner del gruppo di lavoro per una azione di advocacy sulla azienda di armi tedesca Rheinmetall (RWM). Gruppo costituitosi nel 2020 e composto dal Dipartimento missione ed ecumenismo della Chiesa evangelica del Baden (Germania) e dal Comitato riconversione RWM di Domusnovas.

Per approfondimenti clicca QUI.

 

Immagini tratte dalla pagina FB del Collettivo autonomo lavoratori portuali