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La Francia legalizza la procreazione medicalmente assistita per tutte le donne

La settimana scorsa il Parlamento francese ha approvato la nuova legge in materia di bioetica, con 326 voti a favore e 115 contrari.

La norma, approvata dopo due anni di accesi dibattiti e manifestazioni, darà accesso a varie procedure di procreazione medicalmente assistita, in particolare la fecondazione in vitro e l’inseminazione artificiale, a tutte le donne di età inferiore ai 43 anni, i costi coperti dal sistema sanitario francese. Questo testo allinea la Francia con dieci paesi dell’Unione europea con disposizioni giuridiche simili – Belgio, Danimarca, Spagna, Finlandia, Irlanda, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Portogallo e Svezia – e tre paesi europei al di fuori dell’Unione – Regno Unito, Islanda e Norvegia.

Riservata fino ad oggi alle coppie eterosessuali con problemi di fertilità, «la riproduzione assistita è ormai una realtà tangibile in Francia», nota dall’Italia il quotidiano La Repubblica: nel 2018 ha rappresentato il 3,4% delle nascite in Francia.

L’assistenza medica alla procreazione è stata una promessa della campagna elettorale del presidente Emmanuel Macron nel 2017. Il candidato del partito “En Marche!” aveva affermato all’epoca che non c’era alcuna «giustificazione legale» per vietare alle coppie lesbiche di concepire un bambino. Ma l’iter legislativo «è stato silurato a più riprese dai partiti conservatori di opposizione», ricorda il quotidiano spagnolo El País, «mentre il provvedimento gode di ampio consenso tra la popolazione (il 67% dei francesi è favorevole, secondo un recente sondaggio dell’istituto Ifop )».

L’adozione di questa legge rappresenta «un grande passo avanti» per le coppie lesbiche in Francia, scrive ancora El Pais. Perché queste donne sono da tempo costrette a viaggiare all’estero per ottenere questo tipo di cure, soprattutto in Belgio, Portogallo e Spagna. Il che può essere molto costoso: una madre ha recentemente dichiarato alla radio e televisione tedesca Deutsche Welle che il prezzo dell’inseminazione aveva raggiunto i 15.000 euro, il che l’aveva costretta a chiedere un prestito per coprire queste spese mediche.

La Repubblica guarda con ammirazione a quello che definisce il «grande passo avanti» del vicino transalpino: «Si tratta […] di un grande passo avanti in tema di diritti civili, soprattutto se ci confrontiamo con l’Italia, dove il divieto di accesso alla fecondazione per le donne single e le coppie lesbiche è uno degli articoli ancora in vigore della famosa legge n°40 del 2004. Una legge voluta dalla destra, quando Berlusconi era presidente del Consiglio, che, con il pretesto di abolire “il Far West in provetta”, approvò una delle peggiori leggi sulla procreazione assistita al mondo».

Tuttavia, l’attesa ha reso questa vittoria «agrodolce», ha detto Lucie, una giornalista lesbica parigina, intervistata dalla BBC: «Sono passati anni da quando in Francia è stata approvata l’uguaglianza in termini di matrimonio. Abbiamo dovuto aspettare fino al 2021 per avere l’uguaglianza nella fecondazione in vitro. È una vittoria agrodolce perché ci è voluto molto tempo per arrivarci».

Inoltre, la Pma «non sarà completamente aperta a tutti», osserva El País. Oltre al limite di età fissato dal testo, «molto presto nei dibattiti è stata esclusa la possibilità che la procedura potesse essere estesa anche alle persone transgender, cosa che i collettivi LGTBQ+ hanno deplorato fin dall’inizio».

Il dibattito sulla procreazione assistita aperto a tutte le donne ha messo in ombra altre misure chiave della legge sulla bioetica. Tra l’altro, la possibilità data a tutte le donne di conservare i propri ovociti senza dover, come prima, fornire una giustificazione medica – ad esempio una malattia o un intervento che potrebbe mettere in pericolo la fertilità della donna.

Un’altra novità, una vera rivoluzione nel campo del diritto biologico: la possibilità per i ragazzi sopra i 18 anni di conoscere l’identità dei donatori di sperma o di ovociti. La possibilità, tuttavia, solleva serie preoccupazioni tra i suoi detrattori, i quali ritengono che potrebbe dissuadere i donatori dal donare il proprio sperma alle famiglie bisognose.

Le coppie lesbiche francesi potranno sottoporsi a una dichiarazione davanti ad un notaio durante la gravidanza al fine di vedersi riconosciute entrambe come madre del nascituro, mentre, per le coppie omosessuali italiane, non vi è riconoscimento del figlio del partner se non attraverso una difficile e spesso incerta adozione del figlio del partner.

Resta vietata con questa legge la maternità surrogata.

«Le confessioni, in particolare il protestantesimo, devono assicurare che i principi di libertà, responsabilità e fraternità siano preservati contro la tentazione di sfruttare il corpo, contro i desideri ingiustificati e contro il rischio di deriva eugenetica che ci attende, se la nostra società si lascia guidare soltanto dalla tecnica», aveva dichirato lo scorso François Clavairoly, presidente della Federazione protestante di Francia, il 30 ottobre durante l’audizione dei rappresentanti delle religioni da parte della commissione speciale del Senato.

Clavairoly aveva poi insistito sulla prevenzione del «rischio della mercificazione del corpo umano», sul  necessità di un adeguato sostegno alle «nuove forme di genitorialità e filiazione garantendo la protezione dei più vulnerabili – in particolare i nascituri e le donne sole». «A titolo personale, prendo atto che questa riforma, una volta attuata, consentirà al nostro Paese di essere finalmente allo stesso livello della maggior parte dei paesi europei in termini di bioetica», aveva anticipato in un’intervista rilasciata il 27 luglio alla redazione del giornale Réforme.

Da parte sua, il Consiglio nazionale degli evangelici di Francia aveva lanciato il proprio grido di allarme il 20 gennaio di quest’anno , quando il disegno di legge era stato approvato davanti ai senatori, nell’aspetto riguardante la revoca di «qualsiasi necessità di autorizzazione per la ricerca sull’embrione». Ed effettivamente questa parte è uscita dalla legge finale.

Gli emendamenti del governo in questa direzione hanno soddisfatto anche il professor Didier Sicard, presidente protestante del Comitato consultivo nazionale etico dal 1999 al 2008, che si dice «assolutamente contrario all’estensione della diagnosi preimpianto alla ricerca di anomalie cromosomiche perché rischia di trasformare la nascita in una forma di prodotto conforme».