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In Ungheria vietato parlare di omosessualità ai minorenni

L’Ungheria ha adottato martedì 15 giugno un testo che vieta la “promozione” dell’omosessualità tra i minori, suscitando preoccupazione tra i difensori dei diritti, poiché il governo sovranista di Viktor Orban aumenta le restrizioni alla comunità LGBT.

Gli emendamenti in questione sono stati approvati da 157 deputati con un solo voto contrario, nel corso di una seduta del parlamento trasmessa in diretta dai media. L’opposizione ha boicottato il voto non partecipandovi, ad eccezione del partito nazionalista Jobbik, che ha votato a favore.

«La pornografia e i contenuti che rappresentano la sessualità o promuovono la deviazione dell’identità di genere, la riassegnazione del sesso e l’omosessualità non devono essere accessibili ai minori di 18 anni», è scritto in questo documento, che intende «tutelare i diritti dei minori».

In pratica, non saranno più consentiti programmi educativi o pubblicità di grandi gruppi solidali con le minoranze sessuali e di genere. In Ungheria ad esempio ci fu una mobilitazione al boicottaggio dopo che nel 2019 una nota azienda di bibite gassate nel suo spot ritraeva la vita di una coppia omosessuale.

All’indice dovrebbero finire anche moltissimi libri da Saffo in poi l’elenco è potenzialmente infinito, e serie televisive quali “Friends” o film come “Bridget Jones” o “Billy Elliot”, in cui si parla di omosessualità, potrebbero essere vietate anche ai minori, avvertono le Ong.

A Washington, dove il presidente democratico Joe Biden ha fatto dei diritti LGBTQI una priorità, una portavoce del Dipartimento di Stato ha dichiarato la «preoccupazione» delle autorità statunitensi per la «libertà di parola» e ha affermato che la legge ungherese ha stabilito restrizioni che «non hanno posto in una società democratica». .

«Il testo della legge è, per definizione, molto ambiguo”, ha affermato Zsolt Szekeres, rappresentante del Comitato di Helsinki (Hhc), un’organizzazione per i diritti umani con sede a Budapest. «Non conosciamo ancora appieno le conseguenze», , ma questa legge «raffredderà gli organizzatori» degli eventi. «Come posso essere sicuro che quello che sto per dire non raggiunga le orecchie di chi ha meno di 18 anni, o che un bambino non passi per strada durante un Gay Pride? E a quali conseguenze andrebbe incontro un trasgressore?».

Migliaia di persone sono scese in piazza lunedì sera a Budapest, sventolando una grande bandiera arcobaleno davanti al Parlamento, per denunciare le «crudeli campagne politiche» del partito al potere e oltre ottantamila persone hanno già firmato la petizione che chiede di bloccare l’emendamento.

Viktor Orban, che ha promesso l’instaurazione di una «nuova era» culturale, negli anni ha inasprito la legislazione contro lesbiche, gay, bisessuali e transgender, e sta ancora rafforzando il suo discorso in materia a un anno dalle elezioni legislative che promettono di essere contestate .

Questi nuovi emendamenti «stigmatizzeranno ulteriormente le persone LGBT, esponendole a ulteriori discriminazioni in quello che è già un ambiente ostile», ha commentato in una dichiarazione il direttore di Amnesty International in Ungheria, David Vig, ricollegandosi alla «famigerata» legge russa che punisce ogni atto di «propaganda» omosessuale rivolto ai più giovani. Amnesty invita «l’Unione europea ei suoi Stati membri» a reagire.

«Non possiamo lasciare che i nostri concittadini pensino che su temi così fondamentali l’Europa è à la carte, in balia degli umori dei singoli governi. E così li difenderemo senza alcuna esitazione», ha reagito il segretario di Stato francese per gli affari europei, Clément Beaune, a margine di un viaggio a Vienna.

L’eurodeputata Gwendoline Delbos-Corfield (Verdi), relatrice del Parlamento europeo sulla situazione in Ungheria, da parte sua ha deplorato «un affronto ai valori europei. Usare l’argomento della protezione dei minori come pretesto per prendere di mira le persone LGBTIQ è perverso, controproducente e pericoloso per tutti».

I provvedimenti adottati martedì fanno parte di un arsenale di misure per la tutela dei minori e la lotta alla pedofilia. Questi includono la creazione di un database di persone condannate accessibile al pubblico, o il divieto per tali soggetti a svolgere determinate professioni.

A dicembre, il governo aveva già di fatto vietato l’adozione da parte delle coppie dello stesso sesso e sancito nella costituzione la nozione tradizionale di famiglia e di «genere». L’Ungheria, membro dell’Unione Europea (UE) dal 2004, la cui carta dei diritti fondamentali vieta la discriminazione basata sull’orientamento sessuale, è regolarmente accusata da Bruxelles di violazione dello stato di diritto.

La Corte europea dei diritti umani ha ribadito a più riprese come simili leggi siano il veicolo principale di pregiudizi e omofobie. Da questo punto di vista il contesto ungherese appare drammaticamente preoccupante: varie organizzazioni denunciano l’altissima percentuale di tentativi di suicidio fra i giovani Lgbt, e un elevato numero di docenti ha segnalato la pericolosissima crescita esponenziale di episodi di bullismo nelle classi.

Circa un anno fa è venuto alla luce che il governo ungherese aveva cercato di insabbiare il caso di un diplomatico pedofilo. Le autorità ungheresi erano state avvertite che Gábor Kalota, l’ambasciatore in Perù, era coinvolto in una rete internazionale di pedopornografia. Nel corso degli anni aveva scaricato 19.000 foto pornografiche apparentemente violente dal dark web, per le quali aveva pagato in Bitcoin chi gestiva tale “servizio”.

Kalota fu immediatamente richiamato da Lima, ma il caso rimase uno dei tanti segreti del governo Orbán. Dopo una fuga di notizia il pubblico ha però appreso che Kalota aveva ricevuto una leggera pena subito sospesa e aveva dovuto pagare una misera multa di mezzo milione di fiorini, circa 1500 euro, e le polemiche sono esplose in maniera fragorosa. E così, dopo questa vicenda mal gestita, Viktor Orbán ha cambiato tattica. Ha promesso punizioni molto più dure per i crimini di pedofilia e i suoi fedeli sostenitori sono entrati in azione. Sono stati Máté Kocsis, capo della delegazione Fidesz in parlamento, e Gabriella Selmeczi, parlamentare di lungo corso, a ricevere l’incarico di sovrintendere alla creazione della nuova legge.

Un anno dopo in questi giorni, ecco il giro di vite su cui solo pochi giuristi hanno espresso commenti critici. Attila Péterfalvi, presidente dell’Autorità nazionale per la protezione dei dati e la libertà di informazione, è stato alquanto turbato dalla relativa facilità con cui le persone potevano ricevere informazioni sui pedofili elencati in un database Internet di autori noti, e Zsuzsa Sándor, ex giudice e dal suo pensionamento un commentatore politico, trova il linguaggio della nuova legge impreciso e impossibile da applicare.

Così è stato fino a pochi giorni fa, quando Kocsis e Selmeczi hanno presentato ulteriori emendamenti, che poi sono stati prontamente approvati dalla maggioranza Fidesz nella commissione legislativa del Parlamento. Era chiaro da tempo che l’intenzione del governo era quella di confondere la pedofilia con l’omosessualità, e quindi non era esattamente inaspettato che qualche riferimento all’omosessualità fosse incluso nel disegno di legge finale. Dopotutto, Orbán aveva precedentemente annunciato che «l’Ungheria è un paese tollerante e paziente quando si tratta di omosessualità, ma c’è una linea rossa che non può essere superata: lasciare in pace i nostri figli».

Il testo di legge recita che «Quando si insegna agli alunni la cultura sessuale, la vita sessuale, l’orientamento sessuale e lo sviluppo sessuale, sarà prestata particolare attenzione alle disposizioni dell’articolo XVI, paragrafo 1, della Legge fondamentale che recita che l’Ungheria «tutela il diritto dei bambini all’identità secondo il loro sesso di nascita e assicura l’educazione secondo i valori fondati sul diritto costituzionale identità e cultura cristiana del nostro Paese».

Inoltre, l’educazione sessuale nelle scuole deve essere fornita da un’organizzazione specificamente designata dalle autorità statali per svolgere tale compito perché «i rappresentanti di alcune organizzazioni cercano di influenzare lo sviluppo sessuale dei bambini attraverso quello che chiamano un programma di sensibilizzazione nel contesto della lotta alla discriminazione» che «possono causare gravi danni allo sviluppo fisico, mentale e morale dei bambini».

Róbert Alföldi, un regista teatrale molto ammirato e attivista gay, ha scritto sulla sua pagina Facebook: «Le elezioni stanno arrivando, dobbiamo trovare nuovi gruppi da prendere di mira, da odiare e che ci distraggano da tutto il resto. Confondere l’orientamento sessuale e l’identità di genere con la pedofilia è il metodo più spregevole che un governo possa usare».

In un pezzo d’opinione intitolato “Il buon pedofilo”, Miklós Hargitai, caporedattore di Népszava, giornale ungherese di ispirazione socialdemocratica, accusa il governo di impedire l’educazione sessuale che alleggerirebbe il peso che grava sugli adolescenti che non sono abbastanza sicuri della loro sessualità. Citando varie ricerche il giornalista ritiene che in Ungheria un giovane omosessuale abbia 30 volte più probabilità di suicidarsi rispetto a un eterosessuale della stessa fascia di età. Allo stesso tempo, la nuova legge sulla pedofilia ignora deliberatamente un gruppo in cui il probelma è significativamente presente, il clero cattolico. Come scrive, «il governo continua a riconoscere che la chiesa non persegua i propri pedofili, quindi è permesso loro di lavorare con i bambini mentre le autorità statali chiudono un occhio. In altre parole, ci sono i buoni pedofili – da cui Fidesz può sperare in un sostegno politico – che non vengono vessati. E c’è chi non è pedofilo ma viene tacciato come tale se si occupa di certi temi».

Per quanto riguarda la pedofilia nella Chiesa cattolica, molto probabilmente riceverà un maggiore controllo in Ungheria nel prossimo futuro perché il libro della teologa cattolica Rita Perintfalvi, «Perché non ci sono scuse: Predatori sessuali nella Chiesa», è appena stato pubblicato. Perintfalvi insegna presso la Facoltà teologica cattolica della Karl-Franzens-Universität di Graz, in Austria. Le prime recensioni molto appassionate e interessate sono già apparse e il libro è in mostra al Festival letterario di Margó, uno dei più importanti in Ungheria. Difficile ignorare ancora a lungo il tema.

Sabato 3 luglio è previsto il gay pride a Budapest, probabilmente sarà occasione di grandi proteste contro le norme appena approvate.

 

Foto di Christo: gay pride a Budapest 2017