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Covid: le scelte criminali nel Brasile delle disuguaglianze sociali

«È un genocidio», gridano esasperati i brasiliani, che nei giorni scorsi si sono riversati a migliaia nelle strade della capitale e delle principali città del paese sudamericano per chiedere più vaccini e protestare contro la politica “attendista” del presidente Jair Bolsonaro, che dall’inizio della pandemia ha portato avanti una serie di prese di posizione atte a sminuire la portata della crisi in corso, ignorando le richieste di aiuto della popolazione.

Nessuna indicazione chiara e nessun piano condiviso sono infatti arrivati dal Ministero della Salute, mentre tempo e risorse sono stati sprecati nel difendere farmaci inefficaci contro la malattia. Per Bolsonaro, prima si trattava di una “febbricola”, poi di un virus che era inutile arginare con i lockdown, le mascherine e il distanziamento sociale, visto che si poteva agevolmente stroncare con la clorochina, un antimalarico, o con un vermifugo, l’ivermectina, un medicinale da banco facilmente reperibile in farmacia.

Clorochina, idrossiclorochina, nitazoxanide, ivermectina, colchicina, antiandrogeni costituiscono il cosiddetto “kit Covid”, un trattamento utilizzato in Brasile ai primi sintomi di Covid 19. Lo stesso Bolsonaro si è fatto spesso fotografare con il suo cocktail alla clorochina e molti medici hanno continuato a prescriverlo ai malati di Covid anche dopo che l’Oms nel luglio 2020 l’aveva dichiarato inutile, così come l’ivermectina, bollata come inefficace nel marzo 2021 dall’Ema, l’Agenzia europea per il farmaco.

Si tratta di rimedi non soltanto incapaci di fermare l’infezione ma anche dannosi per l’organismo. Come dimostrano studi specifici di laboratorio, infatti, la clorochina e il suo fratello molecolare, l’idrossiclorochina, sono potenti inibitori dell’autofagia, il processo di “pulizia cellulare”: l’assunzione di questi farmaci, insieme a una dieta ricca di grassi tipica soprattutto delle classi povere, rischia seriamente di danneggiare il fegato.

Il kit di “trattamento precoce” è però rimasto l’arma di elezione per il governo federale per contrastare la pandemia, anche quando le persone hanno cominciato a morire come mosche, spesso senza la necessaria assistenza. Assiepati in ospedali sovraffollati dove mancava tutto, persino farmaci per la sedazione, molti malati gravi sono stati addirittura intubati senza anestesia.

Non è tutto: in assenza di un numero sufficiente di medici qualificati, nelle strutture sanitarie la delicata operazione di intubare i pazienti è stata affidata a personale non appositamente formato, con il risultato che la percentuale di decessi tra i contagiati che necessitavano di ventilazione meccanica tra febbraio a dicembre 2020 si aggirava in Brasile intorno all’80%, mentre la media mondiale era di circa il 50%. I dati sono stati pubblicati sulla rivista medica The Lancet Respiratory Medicine, resa nota da BBC News Brasile, e le previsioni per il 2021 indicano un tasso di mortalità ancora peggiore. I numeri che riguardano la fine del 2020 mostrano che dopo la prima ondata il paese non è stato in grado di organizzarsi e adottare parametri adeguati a ridurre anche la mortalità dei pazienti critici.

Un caso particolarmente tragico riguarda le donne incinte: «Alcune, malate di Covid, sono morte senza la necessaria assistenza e senza aver nemmeno avuto accesso alla terapia intensiva», denuncia   l’epidemiologo Bernardino Alves Souto, docente del Dipartimento di Medicina dell’Università federale dello Stato di São Carlos (UFSCar). Uno di questi casi è successo a Manaus, dove una ginecologa, Michelle Chechter, ora sotto inchiesta, ha trattato con nebulizzazioni di idrossiclorochina una paziente incinta e malata di Covid, che poi è deceduta. Nello stesso ospedale, l’Istituto da Mulher Dona Lindu, sono morte altre donne nelle stesse condizioni. «La pandemia è fuori controllo – sottolinea il medico – sin dall’inizio della crisi, hanno proposto trattamenti che non funzionano e che hanno portato più problemi che soluzioni. La cosa più grave è che hanno aderito a queste misure anche operatori della salute, peggiorando la situazione».

Come si è arrivati a tanto? «Il Brasile ha la necessità di combattere la pandemia e al contempo ha un grave problema economico interno: da qui l’invito del governo federale a non adottare provvedimenti raccomandati dagli scienziati e utili ad arginare il virus, come le mascherine, il lockdown o la chiusura delle attività commerciali, in favore della prescizione di trattamenti farmacologici inutili», spiega l’epidemiologo, che insieme ad altri docenti della UFScar da tempo denuncia la gravità della situazione e la connivenza di una parte dei professionisti della salute con la politica omicida del presidente. «Questo sistema irresponsabile di affrontare la pandemia, basato sulle fake news, ha portato a un aumento del numero di morti e di nuovi casi, favorendo al contempo la circolazione del virus e di nuove varianti e mettendo così in pericolo non soltanto il Brasile ma il mondo intero».

Le vittime, denuncia il professor Alves, sono soprattutto i cittadini neri e poveri, già storicamente discriminati, che vivono in condizioni disagiate e che non hanno la possibilità di garantirsi una buona assicurazione sanitaria. I neri e i poveri hanno anche più difficoltà ad accedere al già esiguo numero di vaccini a disposizione: «La gestione dell’epidemia è la peggior tragedia che abbia mai colpito il Brasile – sottolinea l’epidemiologo – Sembra che il governo federale stia portando avanti un disegno preciso per consolidare e aumentare le disuguaglianze sociali e il trattamento ingiusto riservato alla parte meno abbiente e non bianca della popolazione».

Insomma, da parte del governo centrale non ci sarebbe soltanto incapacità e ignoranza, ma dolo: «È un vero e proprio progetto genocida di un presidente che promuove lo sterminio di una parte consistente della popolazione da un punto di vista sociale, economico e sanitario», rincara Djalma Neri, scienziato sociale e consigliere di Psol (Partito Socialismo e Libertà) di São Carlos, comune dello Stato di San Paolo.

Chi ha provato a fare diversamente, imponendo restrizioni più severe, come nel caso del prefetto di Araraquara, comune di 200mila abitanti nello Stato di San Paolo, ha dovuto subire minacce e attacchi violenti da parte del governo nazionale e federale, oltre che da parte della popolazione che sostiene Bolsonaro nella sua linea contro chiusure e confinamenti. Anche i tamponi sono impopolari e la gente vi si sottopone malvolentieri, per il nesso perverso fra malattia e lavoro: non è raro infatti che chi risulta positivo al test venga licenziato senza tanti complimenti. Il fatto che proprio ad Araraquara, grazie al lockdown, il numero dei morti sia diminuito del 37% nel momento di maggior diffusione della variante del virus e che, secondo i dati della Prefettura locale, il 5 giugno abbia festeggiato le 24 ore senza un decesso per Covid, non ha purtroppo un grande peso nella narrazione generale, intossicata dalle fake news.

In Brasile si respira infatti un clima molto pesante di polarizzazione politica e di scontro sociale, esacerbato dalla crisi economica e sanitaria. Djalma Neri ha denunciato, insieme ad altri parlamentari, le pressioni ricevute dai medici per prescrivere il “kit Covid”. «Hapvida, una delle più grandi aziende private del Brasile, costringe gli operatori sanitari a utilizzare il trattamento precoce – dichiara Neri – arrivando a licenziare un medico che si era rifiutato di presciverlo». Secondo un’inchiesta condotta dallo stesso parlamentare del Psol, quattro milioni di compresse di clorochina sono state acquistate con fondi pubblici destinati alla lotta contro il Covid.

Lo scorso inverno, il Ministero della Salute, per ordine dell’allora responsabile, il generale Pazuello, è arrivato addirittura a obbligare la prefettura di Manaus in piena crisi di sovraffollamento ospedaliero a utilizzare la clorochina. Jorge Pineiro, l’amministratore delegato dell’azienda, uno degli uomini più ricchi del mondo secondo la rivista Forbes, ha dichiarato personalmente che l’idrossiclorichina è la cura d’elezione per i contagiati dal virus, perché impedirebbe l’aggravarsi della malattia.

Non solo: Hapvida ha messo a disposizione gratuitamente il “kit Covid” per i suoi pazienti e lo stesso ha fatto un’altra azienda sanitaria, la Unimed di Belem. «La violazione dell’autonomia del professionista sanitario è illegale: come medico mi è vietato prescrivere farmaci o trattamenti senza evidenza scientifica e ho l’obbligo di denunciare le imposizioni», sottolinea il professor Alves. Una questione etica che non è certo stata la prima preoccupazione degli ordini di categoria, l’Associazione medica brasiliana e il Consiglio federale di medicina, che si sono mostrati alquanto tiepidi nel contrastare la politica dissennata del governo e dei grandi operatori sanitari privati. In particolare il Consiglio federale, che oggi di fronte alla Commissione parlamentare d’inchiesta nega di aver sostenuto la bontà del trattamento precoce, fino a poco tempo fa sosteneva che sta al singolo medico prescrivere il farmaco che ritiene migliore, fatto salvo il dovere di informare il paziente su conseguenze ed effetti collaterali.

Proprio la Commissione d’inchiesta sulle responsabilità della gestione della pandemia, aperta un mese fa tra molte polemiche e un clima spesso da telenovela, sta facendo emergere delle verità inquietanti, che comproverebbero la condotta dolosa del presidente: per esempio il rifiuto di 70 milioni di dosi di vaccino Pfizer, che la multinazionale farmaceutica avrebbe messo a disposizione del Brasile già nello scorso dicembre. Il 4 giugno il senatore Randolfe Rodrigues, vicepresidente della Commissione, ha dichiarato che il governo federale ha ignorato ben 53 mail di Pfizer, preferendo continuare la campagna dissennata a favore della clorochina. Il motivo sarebbe uno solo: corruzione. Lo stesso Rodrigues, intervistato da Revista Brasil TVT, ha parlato dell’esistenza di uno «schema di persone legate a Bolsonaro e ingenti somme di denaro per la difesa della clorochina» e ha annunciato che la commissione chiederà la rottura del segreto bancario di alcune società legate al governo nella saga di Bolsonaro sul kit Covid.

Basterà per aprire la strada ad un cambio di rotta? C’è chi ne dubita, visto il clima di corruzione diffuso nelle istituzioni e la presenza salda degli uomini di Bolsonaro nei posti chiave. Si vedrà presto se le decisioni della Commissione sono destinate a restare lettera morta come le 69 richieste di impeachment del presidente, ferme sul tavolo della presidenza della Camera dei deputati in attesa di una risposta, insieme alle tre denunce alla Corte penale internazionale che lo citano per genocidio e altri crimini contro l’umanità.

Quel che è certo è che quasi mezzo milione di morti e il paese al secondo posto nella classifica mondiale dei paesi con più vittime di Coronavirus non sono bastate al presidente Bolsonaro per invertire la rotta e cominciare a occuparsi della salute dei suoi cittadini. Quel che non ha potuto il senso di responsabilità politica o la giustizia – per non scomodare la compassione per i tanti, troppi morti che si sarebbero potuti salvare –  potrà alla fine forse la competizione elettorale per le prossime presidenziali previste per ottobre 2022, ora che Lula, non più confinato in prigione e scagionato dalle accuse, è di nuovo una minaccia concreta.