dialogo_profeta_daniele_e_baldassarre

Al Palazzo Acaja-Vastamiglio di Pinerolo riscoperti gli affreschi monocromatici

Il palazzo Acaja è sicuramente una delle testimonianze storiche e architettoniche più importanti della città di Pinerolo (To)  e non solo. Grazie all’interessamento del Comune e della sezione locale di Italia Nostra negli ultimi anni sono stati fatti importanti passi in avanti per la sua salvaguardia (lavori di consolidamento non più prorogabili, era a rischio parte della struttura) e la sua valorizzazione (riaperto al pubblico per alcune visite guidate, previste nuovamente per l’estate imminente) e la sua conoscenza (gli studiosi hanno scoperto che l’attribuzione corretta della proprietà non è Acaja ma Vastamiglio).

Nelle scorse settimane si è invece concluso un lungo e delicato intervento di descialbo (rimozione dello scialbo, strato di colore a corpo steso sugli affreschi) e restauro dei cartigli degli affreschi, grazie all’intervento della Sezione Pinerolese di Italia Nostra, dello Zonta club Pinerolo e dell’Associazione Mellon, con la collaborazione del Comune di Pinerolo. La residenza è di origine medievale, successivamente modificata in alcune parti nei secoli successivi è in stato di forte abbandono da ormai molti anni.

Come dicevano nella primavera 2020 si sono conclusi i lavori realizzati dal Comune di Pinerolo, grazie al progetto predisposto dall’architetto Bagnus e dall’ingegnere strutturalista Chiale, che hanno dotato l’edificio quattrocentesco di un tetto nuovo, consolidato il loggiato e sostituito il muro perimetrale del giardino superiore lungo la via Jacopo Bernardi.

Un forte interesse che ha condotto l’associazione a concentrarsi su una delle testimonianze storico artistiche più importanti del palazzo: la serie di interessanti affreschi monocromi (grisaille) con tema cavalleresco che si trova all’interno del salone. I lavori di descialbo e di restauro dei cartigli degli affreschi nelle stanze dell’ex salone al secondo piano del Palazzo hanno avuto inizio l’11 febbraio 2021 con i primi saggi della Campagna di indagini stratigrafiche, propedeutica all’avvio della fase di descialbo eseguiti nelle tre stanze a sud occupate dagli affreschi monocromi ora visibili e dalla fascia con la scritta in minuscola gotica oggetto del restauro.

La Campagna di indagini è poi proseguita indagando i restanti muri perimetrali che costituivano le pareti originali dell’ex salone che, si ipotizza, essere stato in origine totalmente affrescato. Scopo della presente campagna è ricercare l’eventuale presenza di altre scene affrescate ancora presenti sotto gli strati di scialbo. Per finanziare il restauro, Italia Nostra ha utilizzato il ricavato delle passeggiate guidate animate realizzate con la collaborazione dell’Associazione Teatrale Mellon e ricevuto un contributo dallo Zonta Club Pinerolo. «L’obiettivo generale che ci siamo posti come Italia Nostra – precisa il presidente Maurizio Trombotto – è di salvare il palazzo dal degrado e dall’abbandono in cui versa.

Nello specifico speriamo che questo intervento, come le passeggiate guidate, contribuisca a sensibilizzare i pinerolesi verso la salvezza e la valorizzazione dell’edificio, che noi immaginiamo possa in futuro divenire uno dei tasselli del sistema museale del pinerolese, in particolare nell’idea di un sistema museale diffuso del centro storico di Pinerolo».

In merito a questo lavoro di restauro, Maurizio Trombotto ha preparato questa nota informativa.

«Quale valore aggiunto restituisce in forma di conoscenza il cantiere conclusosi da poco di descialbo e restauro dei cartigli degli affreschi? Sino ad oggi conoscevamo, in base all’interpretazione di Ernesto Bertea di fine Ottocento, il presunto significato di tre, delle quattro scene dipinte:

– l’ingresso di Carlo I il guerriero a Saluzzo conquistata dai Savoia nel 1487;

– il sacrificio di Marco Curzio nel foro di Roma, descritta da Tito Livio nel settimo libro dell’Ab Urbe;

– l’elargizione dell’elemosina ai poveri da parte di Amedeo IX, quest’ultima scena raffigurata in occasione dell’incontro di Amedeo IX con il duca di Milano Galeazzo Maria Sforza nel 1472.

Ora grazie al descialbo del cartiglio che compare a sinistra della finestra della seconda stanza sono chiaramente leggibili le parole: … babilonurbemmane techel… che costituiscono un esplicito e inequivocabile richiamo al libro quinto del profeta Daniele nell’Antico Testamento, che contiene la profezia che il profeta illustra a Baldassarre re di Babilona. Da qui l’ipotesi che la scena che Bertea a fine Ottocento e tutti dopo di lui definirono come un “colloquio di generale con armatura” sia verosimilmente la

rappresentazione del colloquio di Daniele con Baldassarre.

Daniele, nella sua profezia, chiamato a interpretare le parole che vengono vergate dalla “mano di Dio”, ovvero da una mano che compare dal nulla nel corso di un banchetto ritenuto sacrilego agli occhi degli ebrei (in quanto, tra gli altri fatti avvenuti nel corso del banchetto, vennero utilizzate delle coppe/calici asportati dal

tempio di Salomone), afferma che Baldassarre non ha umiliato il suo cuore, che si è esaltato contro il signore dei cieli, che ha lodato dei d’argento, d’oro, di rame, di ferro e che quindi sarà punito con la morte e la separazione del regno. In effetti parrebbe che Baldassarre muoia la notte successiva al banchetto orgiastico e che Babilonia sarà occupata dalle popolazioni confinanti dei medi e dei persiani.

Purtroppo le altre scene dipinte che, come si evince dai saggi stratigrafici eseguiti nel corso di questo cantiere, erano certamente presenti sulla parete opposta a quella dove compaiono tre delle quattro citate, sono andate irrimediabilmente perdute. Toccherà agli storici dell’arte dare un’interpretazione complessiva del significato delle quattro scene dipinte sopravvissute, presenti all’interno di quello che sino a circa cent’anni or sono era un salone unico (tale risulta infatti in una planimetria del 1921). Come appassionati possiamo formulare delle ipotesi, che però andranno convalidate o confutate da chi professionalmente ha le competenze che chi scrive non possiede».

 

Foto: Il dialogo fra il profeta Daniele e Baldassarre