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L’intolleranza si sconfigge tra i banchi di scuola

La conclusione di un’indagine iniziata a novembre 2019 ha portato alla condanna di un gruppo di persone tra i 25 e i 62 anni. Alla base delle accuse ci sono propaganda di idee naziste e antisemite, video razzisti, istigazione a commettere azioni violente nei confronti di ebrei e stranieri. Un’azione che ha sventato un gruppo di persone tra Lazio, Sardegna, Abruzzo e Calabria, riunite nell’organizzazione rinominata “Ordine Ario Romano”. Tra le varie cose l’organizzazione stava organizzando un vero e proprio attentato ai danni di alcune strutture della NATO.

Il discorso sulle derive fasciste del territorio italiano è tanto attuale quanto preoccupante. Una dinamica che spesso viene narrata con toni sensazionalistici e la mancanza di un approfondimento accessibile a chiunque.
Per questo Takoua Ben Mohamed (Douz, 1991) decide di accogliere questa opportunità e di raccontarsi con la sua arte: il fumetto. Nata in Tunisia, vive a Roma dal 1999 insieme alla famiglia per raggiungere il padre, esiliato politico. Ed è a 14 anni che Ben Mohamed realizza un progetto online “Fumetto Intercultura”; un primo passo nei confronti nel suo interesse nelle tematiche politiche e sociali.

“Il mio migliore amico è fascista” (Rizzoli, 2021) è il suo primo graphic novel per ragazzi. Pensato proprio per chi nel mondo sociale e nel pensiero “dei grandi” ci entra in punta di piedi ma con l’attenzione alta e le pretese di trasparenza di queste nuove generazioni che abitano e vivono le nostre scuole. La protagonista del romanzo è una ragazza romana di religione islamica che si sente dire spessissimo «Tornatene al tuo paese!». Una frase che racchiude nella sua crudeltà e ignoranza la mancanza di conoscenza e di approfondimento dell’altra parte, delle persone che vivono e subiscono questo tipo di discriminazione da sempre.
Nel suo nuovo percorso scolastico alle superiori incontra un compagno di classe che la perseguita con vessazioni facendola sentire costantemente a disagio, inferiore. Sarà proprio un insegnante a decidere di mettere i due ragazzi diversissimi come compagni di banco e, tra diffidenza, discriminazioni, intolleranza iniziale, il percorso e il contatto umano tra i due ragazzi costruisce una strada inaspettata verso la comprensione. Un percorso umano tra i banchi di scuola e le vie più profonde dell’anima, sempre pronta, disponibile a ricredersi, a crescere e a cambiare.

«Quando ci sono stati gli attentati alle Torri gemelle lo sguardo dei vicini di casa è cambiato da un giorno all’altro. È iniziata la diffidenza. Le maestre della scuola elementare per commemorare le vittime dell’11 settembre sceglievano sempre me. Io ero una bambina di quinta elementare e non capivo perché».
Ben Mohamed racconta così il momento esatto in cui ha compreso che le cose, per lei e per i suoi fratelli, erano cambiate. Gli sguardi, le considerazioni, le battutine e le offese da parte dei compagni, degli adulti e anche delle figure di riferimento.
Una condizione che l’ha costretta a comprendere la sua identità ferita e sempre sotto giudizio e che, tramite l’arte, è riuscita a liberare dal senso di oppressione e di mancanza di libertà. Nel 2016 pubblica “Sotto il velo”, nel 2018 “La rivoluzione dei gelsomini” e nel 2020 “Un’altra via per la Cambogia”. Continua a collaborare con diverse riviste e ha ottenuto molti premi e riconoscimenti.

Il mio migliore amico è fascista, Takoua Ben Mohamed, Rizzoli, 2021, 252 p, 16,5 euro.