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Crisi climatica e crisi economica: un accostamento rischioso

Lo scorso aprile il centro di ricerca Swiss Re Institute ha pubblicato un rapporto sulle possibili conseguenze della crisi climatica in atto dal punto di vista economico. Se i Paesi più ricchi nel mondo non prenderanno provvedimenti immediati nel contrasto ai drastici cambiamenti climatici e di conseguenza le temperature globali si alzeranno di 2,6° C entro il 2050, dovranno prepararsi a un impatto pari a quello di due pandemie da Covid ogni anno. Tradotto in termini economici, ciò significherebbe un calo dell’11-14% del Pil a livello mondiale in trent’anni, nel caso in cui si scelga di mantenere l’attuale traiettoria di politiche per l’ambiente.

Se da un lato le conseguenze sarebbero visibili in tutte le economie del globo, dall’altro i diversi territori subirebbero degli impatti differenti: ogni regione ha delle sue peculiarità anche dal punto di vista della crisi climatica, che si rifletterebbero inevitabilmente sulla risposta economica. In particolare, gli Stati del sud e sudest asiatico sono tra i più vulnerabili sotto il profilo climatico e di conseguenza avrebbero maggiori ripercussioni anche sul loro prodotto interno lordo. Le economie avanzate dell’emisfero boreale, si legge nel rapporto, sarebbero invece in grado di rispondere meglio all’impatto della crisi ambientale.

Ancora una volta viene quindi lanciato un appello al rispetto e infine al raggiungimento degli impegni previsti dall’Accordo di Parigi del 2016, che prevedeva il limite di 1,5° C per l’aumento delle temperature globali e una riduzione delle emissioni inquinanti.

A questo si aggiunge un passaggio importante per la cooperazione internazionale, ovvero la richiesta di una convergenza sui dati, sugli standard e sulle misurazioni per giungere all’obiettivo delle emissioni a “zero netto”, perfettamente bilanciate con le capacità di assorbimento naturali.

Questo rapporto fa però sorgere un importante interrogativo che riguarda tutte le politiche ambientali e più in generale l’approccio che viene portato avanti molto spesso dai media e dai governi: è veramente necessario porre l’accento sulla questione economica per far sì che si ponga attenzione a un argomento?

La crisi climatica è un fenomeno conclamato, su cui gli studiosi hanno lanciato da tempo avvertimenti e appelli all’azione rapida, eppure molto spesso passa in secondo piano nei media generalisti. C’è forse parzialmente la percezione che si tratti di eventi lontani nel tempo e nello spazio, ma è ormai chiaro che le conseguenze dei cambiamenti climatici siano sotto i nostri occhi ogni giorno. Esiste anche una certa narrativa secondo cui le tematiche ambientali sono particolarmente sentite solo dalle fasce più giovani della popolazione: alcune indagini mostrano che effettivamente esiste una particolare attenzione da parte della cosiddetta Generazione Z, ma non si dovrebbe ridurre la partecipazione alla lotta contro il cambiamento climatico a una questione anagrafica.

È quindi evidente che il modello di economia attuale non è sostenibile e va nella direzione diametralmente opposta rispetto al rispetto degli obiettivi dell’Accordo di Parigi, o quantomeno rende molto difficile il loro conseguimento. Sembra però difficile riconoscere una presa di coscienza su più livelli di questa problematica. Ancora una volta pare emergere una frattura: da una parte chi, seguendo la scienza, i dati e le previsioni, sostiene che sia necessario riformare il sistema economico dandogli un impianto più sostenibile per una prospettiva a lungo termine; dall’altra chi, con uno sguardo sul breve-medio termine rimane ancorato al sistema attuale e vorrebbe pianificare la lotta alla crisi degli ecosistemi in funzione della crescita economica.

Possono forse essere trovate delle vie intermedie tra questi due approcci, ma ancora una volta è la scienza a ribadire come i tempi siano molto stretti. Le diseguaglianze, le fratture sociali, il diritto alla casa, all’educazione e alla sicurezza alimentare, la distruzione di interi ecosistemi, tutti aspetti minacciati dai cambiamenti climatici, sono su un piatto della bilancia. Sull’altro, il Pil e la crescita economica.

Foto di Gerd Altmann Da Pixabay