nuns-4153008_1280

Religiose abusate. Il grande silenzio

Perché mai, in Italia, non riesce a emergere la verità degli abusi sulle religiose – meglio chiamarle “violenze” – perpetrati da uomini del clero? Nel tentativo di spezzare questa morsa soffocante, finalmente, venerdì 28 maggio, si è svolta una prima tappa di un itinerario che intende far emergere e rendere visibile questo continente sommerso, iniquamente e dolorosamente sommerso.  Il grande silenzio, questo il nome del ciclo di incontri on line sul tema degli abusi sulle religiose in Italia, in cui già al primo appuntamento si sono poste le basi per affrontare con coraggio e con parresia l’argomento interdetto. Abbiamo precisato “in Italia”: se, infatti, in alcune realtà di paesi stranieri tali crimini sono venuti parzialmente a galla nell’ opinione pubblica, in Italia si sconta invece, appunto, “un grande silenzio”. Le voci delle vittime sono state strozzate, i crimini negati, con modalità tipiche da regimi totalitari. Silenzi forzati da un potere annientante, tentacolare, pervasivo ai massimi livelli. Quei silenzi però parlano; e dicono di ingiunzioni, intimidazioni, ricatti, omertà, isolamento della vittima, colpevolizzazione e segregazione una volta che essa ha osato “alzare la testa”. 

 L’iniziativa Il grande silenzio è stata ideata, promossa e organizzata da una rete di associazioni, (Donne per la chiesa, Voices of faith, Adista e Osservatorio interreligioso sulle violenze contro le donne), la stessa coalizione (a volte comprendente la Federazione donne evangeliche in Italia) che dal dicembre 2020, con l’esordio del webinar “Siamo tutte Anne Soupa”, ha operato attivamente, con un taglio femminista, nel campo della mistica-politica. 

Ospiti  relatrici sono state Gianna Giovannangeli, ex suora, ora operatrice in centri antiviolenza di Differenza donna, testimone di una vicenda di abuso ai danni di una sua sorella, nonché una delle protagoniste dell’ iter processuale del caso;  e Federica Tourn, giornalista; Ludovica Eugenio, direttora di Adista, ha inquadrato con maestria il tema e condotto l’incontro, introdotto da Marzia Benazzi – gruppo Anne Soupa dell’ Osservatorio interreligioso-   e  concluso con le parole di  Paola Lazzarini – presidente Donne per la chiesa-  e Zuzanna Flisowska – responsabile Italia di Voices of faith.

Marzia Benazzi ha presentato le tre ospiti, sottolineando che le associazioni promotrici si impegnavano con determinazione per una alleanza condivisa in nome dell’abbattimento delle vessazioni sulle religiose in Italia e per scalfire il sessismo nella chiesa cattolica. 

«È arrivato il momento di avviare una riflessione sistematica su questo buco nero- ha detto Ludovica Eugenio, nonostante lo si conosca da tempo». Dopo aver ripercorso le tappe principali delle denunce di tali crimini (di cui lei come Adista ha fornito attenti resoconti), prosegue rilevando che, fatta eccezione per casi sporadici, è mancata una riflessione organica sulle disfunzioni strutturali, sull’ humus che è radice del fenomeno.    Occorre smascherare i crimini in quella chiesa che ha opposto una resistenza strenua. Occorre partire dalla esperienza concreta, e restituire dignità a chi ha vissuto nel senso di colpa un rapporto malato e criminale.

Gianna Giovannangeli, ex suora della congregazione Suore francescane dei poveri, ha immesso nell’incontro l’ordito prezioso della testimonianza vissuta. Non possiamo qui ripercorre le tappe di una vicenda complessa durata 10 anni.

Dopo la scoperta dei crimini compiuti ai danni di una loro sorella da parte di un frate, personaggio reputato uomo di grande carisma nell’ambiente, la prima risposta della congregazione fu la scelta (non affatto scontata) di crederle. La famiglia religiosa a livello internazionale si compattò in questa disposizione alla fiducia in lei. Si decise per la denuncia alle autorità civili. Il processo ebbe un iter estenuante e mortificante, soprattutto per la vittima: si concluse con la assoluzione, nonostante le prove evidenti, ma quel frate fu sospeso a divinis, che, per le sorelle coinvolte, fu comunque un risultato di cui essere fiere: «Non esercita più il suo potere attraverso il sacerdozio».

 Federica Tourn commenta che normalmente accade tutt’altro: la suora non viene sostenuta dalla sua congregazione, purtroppo. Il nucleo centrale sta nel potere: “I funzionari del sacro” si avvicinano come consulenti, come confessori; uno, mentre abusava di una suora, diceva “sono la mano di Dio”. Nell’ inchiesta da lei condotta sul tema, il lavoro è stato assai più faticoso di quello svolto sulla ’ndrangheta. Per contrastare tale omertà occorre forzare facendo massa critica, e suggerisce che le associazioni organizzatrici, insieme alle religiose e ad altre aggregazioni, valutino l’idea di agire come class-action.

Come organizzatrici, siamo rimaste colpite non solo dall’enorme numero di partecipanti (virtuali, naturalmente) ma anche dalla “cittadinanza attiva” emersa nella chat e dalle mail e telefonate successive ricevute; alcuni messaggi ponevano l’accento sulla estensione del fenomeno, che riguardava non solo le consacrate religiose, ma donne laiche: occorre allargare la cerchia, poiché siamo di fronte ad una lunga catena di prassi abusanti non riconosciute come tali dalle autorità civili e religiose, né dalle abusate stesse.