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Tutto quel che Dio fa è per sempre

Tutto quello che Dio fa è per sempre; niente c’è da aggiungervi, niente da togliervi
Ecclesiaste 3, 14

I doni e la vocazione di Dio sono irrevocabili
Romani 11, 29

Quante timide e impacciate poesie d’amore sono state scritte nel corso dei secoli dalle persone innamorate? E quante volte il loro cuore ha smesso di battere un istante, comprendendo che il sentimento era ricambiato? «Ciò che è, è già stato prima» (Eccl. 3, 15) osservò saggiamente l’Ecclesiaste; ma in questo eterno ritorno delle stesse esperienze, l’antico sapiente, lungi dal ricevere la sensazione di un ciclo bloccato e immutabile, scorse la provvidenza divina.

Sì, certo, l’Ecclesiaste è quello del famoso «vanità delle vanità»: un uomo che sapeva come andava il mondo e guardava a esso con disincanto; questo scetticismo, tuttavia, non nega, ma sottolinea, la bontà dell’opera di Dio; indubbiamente, «per tutto c’è il suo tempo» (Eccl. 3, 1), e sappiamo bene che l’esperienza del primo bacio non tornerà più; ma proprio questa felicità piena e indescrivibile, assieme a tante altre, dovrebbe aiutarci a comprendere la meraviglia di quel mondo, giudicato «buono» dal suo Creatore (cfr. Gen. 1), nel quale viviamo.

Questo vale, a maggior ragione, per quanto realizzato dall’Eterno mediante suo Figlio Gesù; a ciò che è avvenuto nella vita, morte e risurrezione di Cristo, «niente c’è da aggiungervi, niente da togliervi: tutto quel che Dio fa è per sempre» (Eccl. 3, 14); sì, nella vita ci sono problemi, dolori, malattie: ci sono preoccupazioni, ripensamenti e sensi di colpa e c’è la morte; ma pur di fronte a un mondo spesso brutale e spietato, oggettivamente ingiusto e discriminatorio, proprio un osservatore sopra ogni sospetto come l’Ecclesiaste, riconobbe che «Dio ha dato un senso a tutto» (Eccl. 3, 11 TILC).

L’essere umano non può «comprendere dal principio alla fine l’opera che Dio ha fatta» (Eccl. 3, 11): ed è sola grazia che si creda per comprendere e non viceversa; ma quando vediamo un bimbo muovere i primi passi, una coppia tenersi per mano, la primavera sbocciare attorno a noi, grazie a queste luci che punteggiano il cielo notturno, possiamo cogliere come «per tutto c’è il suo tempo» (Eccl. 3, 1) – e ringraziare il Signore.