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Le nuove prospettive dell’associazionismo femminile religioso

L’immagine di un centrino all’uncinetto decora la locandina della tavola rotonda organizzata giovedì 20 maggio dalla Federazione femminile evangelica valdese e metodista (Ffevm), che si è svolta online con una buona e intensa partecipazione di donne di diversa denominazione, intervenute da tutta Italia. Se le restrizioni agli incontri in presenza, imposte dall’emergenza sanitaria, continuano a mortificare il desiderio di incontrarsi scambiando sguardi, abbracci e convivialità, va sottolineata anche la vivacità che stanno acquisendo le tante iniziative organizzate sul web, che aprono nuovi spazi di intervento e allargano la partecipazione consentendo anche di por mano alla tessitura di rapporti e reti più estese.

Questa osservazione rileva in particolare nell’occasione dell’incontro del 20 maggio scorso in cui è stato posto a tema «L’associazionismo femminile religioso oggi. Significato e prospettive». Molte le voci che si sono intrecciate e gli spunti che ne derivano per approfondire piste di riflessione aperte nell’ampio dibattito di questa tavola, che si presentata come la prima occasione di un confronto da sviluppare e approfondire1. Uno spazio centrale hanno avuto gli interventi di Gabriella Rustici e di Gabriela Lio, presidenti, rispettivamente, della Ffevm e della Federazione Donne evangeliche in Italia (Fdei), i due organismi delle nostre chiese che raccolgono e coordinano il lavoro delle Unioni e gruppi femminili locali. La Ffevm raccoglie le realtà femminili presenti all’interno delle singole chiese valdesi e metodiste mentre la Fdei rappresenta le organizzazioni delle donne battiste, luterane, avventiste, dell’Esercito della Salvezza e della Chiesa riformata ticinese, e ne tiene i rapporti con l’evangelismo italiano, tramite la Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei). Significativa in questo senso la partecipazione all’incontro anche di Renate Zwick, per la Rete delle donne luterane: la Chiesa evangelica luterana in Italia, nell’ultimo Sinodo, da poco concluso, ha dato uno spazio di rilievo alla discussione sulla giustizia di genere. Anche la voce di Gianna Urizio, giornalista della Lega internazionale delle donne per la pace e la libertà (Wilpf) – Italia, che ha condotto la tavola rotonda, è rappresentativa della medesima realtà federativa, essendo stata lei stessa, in un recente passato, presidente della Fdei.

È forse giunto il momento di ripensare la collocazione stessa e il lavoro, sempre prezioso, che possono svolgere Ffevm e Fdei (sorte entrambe negli anni Settanta del secolo scorso, nel momento in cui si è messo a punto il patto di integrazione valdese/metodista). La base con cui le due federazioni operano appare infatti in decisa trasformazione. A livello locale spesso risultano esaurite – o in esaurimento – le forme tradizionali di associazione rappresentata delle Unioni femminili mentre vanno sviluppandosi relazioni e reti che – se coinvolgono entrambi i generi, su temi di solidarietà e di assistenza diaconale un tempo considerati di pertinenza più propriamente femminile – vedono comunque una significativa o maggioritaria presenza di donne. Rimangono poi centrali appuntamenti quali l’organizzazione della Giornata mondiale di preghiera delle donne (Gmp) , che si svolge il primo venerdì del mese di marzo, e la pubblicazione dei materiali 16 Giorni per combattere la violenza in calendario ogni anno a cavallo fra i mesi di novembre e dicembre, oltre a incontri e seminari di riflessione, organizzazione, approfondimento e studio. Una rinnovata esigenza di momenti di incontro e riflessione fra donne, che trascende e incrocia i confini territoriali delle singole comunità e chiese, è stata testimoniata anche dall’intervento della più giovane delle nostre pastore, Sophie Langeneck.

E probabilmente proprio l’affacciarsi nelle nostre comunità di pastore “di seconda generazione” – come si è definita la stessa Sophie – insieme alla presenza importante di donne negli organismi di governo delle chiese valdesi e metodiste può costituire oggi una buona pista di riflessione: non è più la visibilità femminile quella che attualmente manca nelle nostre chiese ma altre sfide attendono ancora. Mentre infatti in passato le organizzazioni femminili erano, anche all’interno del mondo delle chiese battiste, metodiste e valdesi, la forma unica o prevalente di visibilità specifica delle donne, oggi tutto il discorso sui generi può essere ripensato, anche all’interno delle strutture ecclesiastiche. Una riflessione in tal senso può accompagnare il cammino nella complessa realtà presente che, se impone nuove sfide non rende inutile fare memoria del lungo percorso e delle molteplici tradizioni che abbiamo alle spalle così come degli incroci (già molto risalenti, non solo in ambito protestante) fra il pensiero delle donne delle chiese e i movimenti presenti nella società civile, almeno dal suffragismo in poi.

Da un’altra prospettiva, che si intreccia però strettamente con la precedente, molto importante appare anche il dialogo che si va sviluppando con le donne appartenenti a chiese fuori dal perimetro d’azione delle citate nostre Federazioni, un dialogo che si sta manifestando un’intensità e in modi nuovi rispetto a quelli cui eravamo abituate. Così possiamo interpretare gli interventi di Paola Cavallari, cattolica, Presidente dell’Osservatorio interreligioso contro le violenze sulle donne (Oivd), associazione che si è costituita a Bologna nel 2019, cui partecipano, oltre a cristiane e cristiani di diversa denominazione, anche persone di fede ebraica, islamica, buddista e induista oltre ad altre che non si riconoscono in specifiche comunità religiose) e di Susanna Giovannini, pentecostale e responsabile del gruppo del Segretariato Attività ecumeniche (Sae) di Cosenza. Queste ultime voci manifestano, con la loro stessa presenza all’incontro, come la tessitura dei rapporti fra donne di fede in Italia si stia allargando e intensificando verso una parte molto vivace del mondo cattolico femminile (ma anche oltre i confini denominazionali cristiani) e dall’altro verso gli ambienti delle chiese pentecostali sebbene, come testimoniato anche dalla stessa Giovannini, in questo caso si tratti per il momento più di un auspicio che di realtà consolidate. A fronte di questi segnali positivi e promettenti spiace invece constatare l’ancora scarso collegamento che le donne evangeliche italiane avrebbero con le omologhe realtà internazionali, segnalato da Lidia Ribet, presidente area Europa continentale della Federazione mondiale donne delle chiese metodiste e unite (World Federation of Methodist and Uniting Church Women – Wfmuc). Chi scrive però ricorda almeno il bellissimo e coinvolgente «Camminare insieme nella speranza» che si svolse a Pomezia nel giugno 2014, organizzato, congiuntamente con la sezione europea della Federazione mondiale delle donne delle chiese metodiste e unite, dalla Ffevm, allora presieduta dalla stessa Lidia Ribet. Fu proprio in quell’occasione che molte fra noi ebbero modo di conoscere, fra l’altro, la campagna internazionale Thursdays in Black, “giovedì in nero”, promossa dal Consiglio ecumenico delle Chiese. E insieme non si può tacere l’intensa attività di promozione e scambio di relazioni internazionali che continuano a tessere la moderatora Alessandra Trotta, e la presidente dell’Opcemi, Mirella Manocchio.

Così, se l’immagine del centrino all’uncinetto presente nella locandina dell’incontro del 20 maggio scorso è stato un omaggio alle antiche “Società di cucito” valdesi, cui tutte rivolgiamo affettuosa memoria, questa stessa immagine può rappresentare nell’oggi la circolarità dei tavoli attorno ai quali ci si siede e ci si confronta, nell’utile scambio di esperienze e punti di vista e per aprire nuove prospettive di lavoro e di pensiero femminile e femminista.

 

1. Chi fosse interessata/o può chiedere il video dell’evento all’indirizzo ffevm@chiesavaldese.org.

 

Foto: immagine da presinodo della Fdei