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«Educare le donne significa educare un’intera nazione»

Una bella iniziativa vede cooperare in Ruanda donne musulmane e cristiane di diverse denominazioni: anglicane, luterane, presbiteriane, battiste e metodiste, in una lotta comune. La più urgente in questo momento è quella contro il Covid-19, ma non bisogna trascurare altre crisi sanitarie come l’Aids, che in questo paese colpisce ancora molte persone.

Alla fine di marzo, riferisce in un articolo pubblicato dalla Presbyterian Mission (PcUsa) il pastore Ndayizeye Olivier Munyansanga, un laboratorio organizzato dal Presbiterio di Kigali (Chiesa presbiteriana) per ricordare l’importanza della lotta contro queste pandemie ha riunito quaranta leader di chiese appartenenti all’Associazione musulmana ruandese, alla Chiesa anglicana, a quella luterana, alla Chiesa presbiteriana degli Usa, all’Associazione delle chiese battiste e alla Chiesa battista riformata e infine alla Chiesa metodista libera.

Il presidente del Presbiterio, il pastore Bienvenu Musabyimana, ha ricordato l’importanza della vita come «dono offertoci da Dio e, per questo, abbiamo tutti il dovere di proteggerla».

Nella formazione condotta dalla pastora Beate Mukamurenzi, che coordina il Centro di formazione e documentazione della Chiesa presbiteriana del Ruanda, sono state fornite le informazioni sulle origini, la diffusione e la prevenzione della malattia “Covid-19” (Coronavirus Disease 19). La pastora ha sottolineato il ruolo chiave delle donne nel far fronte al lockdown iniziato anche in Ruanda nel marzo 2020, prendendosi cura delle famiglie e comunità.

Si è poi posto l’accento sull’impatto «fatale» che l’Hiv/Aids ha ancora nel paese e più in generale nell’Africa sub-sahariana, dove le donne e le ragazze rappresentano il 59% dei nuovi contagi, con effetti «devastanti e spetto invisibili» in termini di discriminazione, povertà e violenza, come sottolinea l’articolo richiamando i dati delle statistiche delle Nazioni Unite.

Il pastore Munyansanga, che ha svolto la sua relazione su questo tema, ha sottolineato quanto siano importanti la consapevolezza e la conoscenza dell’impatto di questa malattia e ha suggerito due urgenti misure per favorire «l’accesso alle terapie retrovirali e il benessere a lungo termine della popolazione che convive con il virus o è a rischio di contagio»: facilitare la diagnosi, il trattamento e la cura introducendo test rapidi; sostenere il benessere fisico, mentale e sociale delle persone positive, fornendo un supporto costante e soprattutto un cambiamento nei comportamenti e nella comunicazione, considerando che il tema è ancora fortemente tabù e fonte di stigma.

Il fatto di trovarsi insieme, donne cristiane e musulmane, per confrontarsi su problemi e obiettivi comuni, è uno degli aspetti positivi dell’incontro, che le partecipanti sperano sarà seguito da altri, convinte che «educare le donne significa educare un’intera nazione». Come ha confermato il presidente Bienvenu Musabyimana, questo è solo l’inizio di un percorso di lavoro comune per affrontare numerose sfide, tra cui, insistono le partecipanti, il superamento di norme discriminatorie verso le donne, per creare un paese più inclusivo.