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La persona anziana come titolare di diritti

La pandemia da Covid-19 ha messo in luce una serie di criticità nella vita delle persone, nell’organizzazione della società, nelle modalità di provvedere alle necessità delle fasce più deboli della popolazione. Ne è coinvolto anche il pianeta-anziani, e con esso le politiche e le culture che, entrando in dialogo fra loro, dovrebbero promuovere innovazione e nuove strategie nel settore. Ora, sotto il titolo Posizione della Diaconia Valdese in relazione alle Linee di indirizzo generali per la riforma della assistenza sanitaria e sociosanitaria emesse della Commissione per la Riforma dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria della popolazione anziana a febbraio 2021, la Diaconia valdese/Csd, con due strutture (l’Asilo valdese per persone anziane di Luserna San Giovanni e la Casa di riposo Caprotti-Zavaritt, Bergamo) non facenti capo alla Commissione Csd, ha redatto un contributo originale prendendo le mosse anche dal documento Costruire il futuro dell’assistenza agli anziani non autosufficienti approntato dal “Network Non autosufficienza” nel marzo scorso e già ripreso dal Forum “Disuguaglianze Diversità”.

Il Governo Conte 2 aveva nominato nel settembre scorso una Commissione per la riforma dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria della popolazione anziana, con presidenza affidata a mons. Vicenzo Paglia, Gran cancelliere del Pontificio Istituto teologico per le Scienze del Matrimonio e della Famiglia. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) contiene anche un capitolo sulla questione anziani, e, mentre è stata annunciata da parte della Commissione la prossima presentazione al Governo di una prima parte di riforma, con particolare riferimento alla dimensione della domiciliarità, il testo della Diaconia valdese vuole esprimere un contributo al dibattito.

Il testo della Diaconia valdese stabilisce innanzitutto che la persona anziana, autosufficiente o meno, sia e debba essere considerata sempre come titolare dei pieni diritti di cittadinanza. Là dove si preveda che la persona possa andare incontro a una progressiva perdita della propria capacità cognitiva, o già si trovi in tale condizione, «la responsabilità vicaria esercitata da chi ne ha diritto deve consistere nel cercare di discernere quello che la persona potrebbe desiderare», e le varie figure professionali di riferimento, secondo il testo, dovranno «orientarsi più alla consulenza e all’accompagnamento che alla direttività o alla managerialità». Quanto alle soluzioni di “presa in carico” della delicata fase di vita in questione, esse sono molteplici, e vengono individuate «nel domicilio, singolo o in convivenza, in centri semiresidenziali, in residenze di tipo comunitario, in RSA e in Hospice per le situazioni di fine vita che non possono essere assistite nei luoghi di residenza abituale».

Il testo ricorda come la necessità della “deistituzionalizzazione” della persona anziana sia stata da tempo sostenuta nell’ambito delle strutture valdesi. Nel cercare di armonizzare le diverse soluzioni per ogni singolo caso, poi, «Particolare attenzione deve essere data ai temi governati dalla legge sul consenso informato e alle disposizioni anticipate di trattamento: diritto di scelta rispetto alle cure; accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore; rispetto delle eventuali disposizioni anticipate di trattamento, con attenzione alle richieste relative alle persone da avere vicino».

La Diaconia fa infine presente che vanno superate alcune contraddizioni nel panorama dei servizi offerti nel nostro Paese alla persona anziana: contraddittorietà fra i protocolli da seguire secondo Enti diversi (capita che una persona sia considerata, al tempo stesso, non-autosufficiente da parte dell’Inps, autosufficiente secondo una Regione e nuovamente non-autosufficiente in un’altra Regione); preoccupano le diversità di risposta a situazioni analoghe: come si è visto anche in seguito alla pandemia, la gestione regionalizzata del Servizio sanitario nazionale può dare luogo a prestazioni troppo diversificate a seconda del territorio, e ciò può diventare fonte di ingiustizia e disuguaglianza. Per di più, la “parcellizzazione delle competenze” e la burocrazia di per sé complessa gravano pesantemente sulla persona anziana e sulla sua famiglia nel momento di un’emergenza e delle relative scelte da affrontare. In un auspicato riordino dei finanziamenti, scrive il testo nella sua parte finale, «Si deve trovare la sintesi fra gli erogatori, una sintesi che non sia semplicemente la sommatoria delle risorse investite e non finisca per essere un meccanismo che privilegia sempre la parte sanitaria rispetto a quella sociale».