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Il cambiamento che viene dalla gratitudine

In questo periodo più che mai contrassegnato dall’incertezza, che ha costretto la Chiesa evangelica luterana in Italia, come molte altre, a svolgere i propri lavori assembleari online (era la II Sessione del XXIII Sinodo), le parole del culto conclusivo hanno assunto un valore di rilancio e di impulso al lavoro e alla testimonianza futuri. Il decano Heiner Bludau nel suo sermone ha fatto riferimento al testo di Colossesi 3, 12-17: «Rivestitevi dunque, come eletti di Dio, santi e amati, di sentimenti di misericordia, di benevolenza…». La misericordia era stata al centro della sessione sinodale, e riproporla in conclusione ha aggiunto un senso di “struttura solida” ai due giorni e mezzo di intenso lavoro.

Ma un’altra parola si è affacciata a ognuno degli schermi che univano “a distanza” i e le partecipanti: gratitudine. «… fate ogni cosa nel nome del Signore Gesù, ringraziando Dio Padre per mezzo di lui». La gratitudine, ha detto il decano, non è solo un sentimento che è “doveroso” avere, per buona educazione. Non è un “obbligo”, ma una fonte di forza, e se al momento non possiamo esprimerla in assemblea con canti e preghiere comunitarie, sappiamo di averla nel cuore, come dice il testo dell’epistola, e l’abbiamo con noi perché essa ha sede nella pace di Cristo, pace che sta nei cieli e che con lui viene a noi (Luca 19, 37-40, l’altro testo di riferimento).

Un animo costruttivo, dunque, ha permesso nei giorni precedenti di lavorare, esaminare documenti e proposte, compiere passi innovativi (come indica una mozione ampia sulla questione della “giustizia di genere”, sollecitata dal Sinodo del 2018 e dalla Federazione luterana mondiale) oppure anche prendere atto di situazioni che richiedono ulteriore disponibilità al confronto là dove, per esempio, si tratta della provvista di pastori e pastore per le comunità luterane in Italia, che provengono in gran parte dalla chiesa tedesca, ma non solo.

La giustizia di genere esige nuovi approcci, perché tutti i dati ci dicono di quanto il mondo sia indietro. E d’altra parte l’apertura al cambiamento era l’obiettivo di questa sessione sinodale, e dunque anche a questo riguardo, dice la mozione approvata, si tratta di essere promotori di un cambiamento. Nel modo di pensare e quindi nel comportamento, non evitando di confrontarsi con la prospettiva teologica delle donne». Cercando l’innovazione a partire dalla teologia, si tratterà anche di utilizzare un linguaggio il più possibile inclusivo (materia complessa, tanto più per una chiesa che vive dalla sua nascita nel 1947 una situazione di bilinguismo fra lingue molto diverse) non solo e non tanto all’interno della chiesa stessa, ma anche per il messaggio che essa può dare all’esterno. Molto della testimonianza delle chiese si gioca, infatti, nella loro capacità di comunicare, fattore già rilevante prima della pandemia e ora ulteriormente accentuato.

Non stupisce allora il valore di una scelta “digitale” per l’attivazione di un progetto triennale di piattaforma che consenta l’accessibilità ai servizi che le comunità della Celi saranno in grado di fornire ai nostri concittadini e concittadine. La cura pastorale e l’assistenza religiosa, quindi, potranno essere attivate anche attraverso podcast, studi biblici on line e dialogo attraverso l’attivazione di blog. Il tutto nella speranza di realizzare una certa interattività con chi non è coinvolto formalmente dall’attività di una chiesa, ma è attirato dal suo messaggio. Questione non nuova, che risuonava anch’essa prepotentemente già prima che il Covid indirizzasse un po’ tutti verso questi strumenti: chiese in diaspora (se ne era occupata l’Assemblea di Basilea 2018 della Comunità di Chiese protestanti in Europa, per la quale è intervenuto il segretario Mario Fischer), fresh expression, messy church sono parole che ritornano e che ci dicono come la testimonianza possa e debba passare anche attraverso strade nuove per intercettare nuovi bisogni.

Una sessione sinodale si è conclusa, il lavoro è già ripartito, con fiducia nelle novità che i e le credenti sapranno portare nella testimonianza e con la gratitudine di poter rispondere a questa chiamata.

 

Nella foto Celi, la vicepresidente della Chiesa luterana in Italia Ingrid Pfrommer