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L’amore: la ricerca della propria strada tra le crepe della sessualità e della giovinezza

Sono ormai decine le personalità che, in questi giorni, stanno mostrando con orgoglio sui propri social il selfie con la scritta “DDL ZAN” trascritto sul palmo della mano seguito dall’hashtag #diamociunamano. Un gesto semplice dal grande impatto mediatico rispetto a un argomento caldo, vivo e attuale come quello delle discriminazioni nei confronti delle persone appartenenti alla Comunità LGBQTI+. Un’azione – tenere alta l’attenzione sull’approvazione del DDL di Alessandro Zan sulla lotta alle discriminazioni che andrebbe ad aggiungersi alla già presente Mancino – che sta coinvolgendo molte parti dell’opinione pubblica anche dopo l’accaduto di Malika Chalhy, la ragazza cacciata da casa per il suo orientamento sessuale.

Pierpaolo Tammaro è un ragazzo giovanissimo nato e cresciuto nel quartiere popolare alla periferia di Napoli. Uno spaccato di vita, il suo, che è vissuto da un punto di vista privilegiato di chi vive all’ultimo piano in una delle palazzine costruite dal padre. Un uomo fatto, un professionista che nel suo settore è riuscito a raggiungere la stabilità di chi ha i contatti giusti e, proprio per questi, può garantire alla sua famiglia l’agiatezza necessaria per tuffarsi senza paura di mischiarsi nella Napoli brulicante e tostissima degli ultimi anni. Ed è proprio lì che i 20 anni di Pierpaolo si incrociano per la prima volta con le domande legate alla ricerca della propria identità. Una realtà apparentemente standard, l’amico di sempre, i giri abitudinari tra le vie, le piazze, le terrazze per guardare dall’alto gli ultimi e gli incontri con le ragazze. Un confronto, quello con l’altro sesso, che non si definisce mai fino in fondo, non riesce mai a giungere dove Pierpaolo pensa di dover arrivare. Un pensiero che non rispecchia il suo desiderio, ma che segue per l’inerzia del “fanno tutti così”, educato dalle poche parole del padre e dalle tante voci dei coetanei.

Quando i carabinieri fanno irruzione nel bel mezzo della notte a casa Tammaro portando via il padre in manette e costringendolo, poi, ai domiciliari forzati e inaspettati le cose per Pierpaolo cambiano. Il suo ecosistema, sporcato dalla presenza del padre tra i corridoi e dal nuovo inafferrabile impegno della facoltà di Medicina , si sgretola piano, si confonde e con esso anche il dovere e il desiderio. Ed è proprio dentro questa crepa di indecisione che il ragazzo, abbandonando ciò che ha sempre conosciuto, inizia il suo percorso al sesso. Un’esperienza fatta di scambi, di sguardi per strada, di fari sullo stradone e di approcci timidi, spauriti, scappatelle e contatti mordi e fuggi. Un’iniziazione in cui, nonostante la curiosità, il desiderio e l’eccitazione, il protagonista non smette mai di tentare di proteggersi, di mettere in salvo i propri organi, la propria intimità.

“Il primo che passa” (Mondadori, 2021) è un viaggio vero e proprio alla scoperta del sé e degli spazi che cambiano fattezze e contorni al cambiare della percezione del mondo.
L’entrata al mondo degli adulti e della consapevolezza grazie alla scrittura lineare, priva di schegge e di scossoni di Gianluca Nativo (Napoli, 1990) che in questo esordio prende il lettore per mano e – cancellando la paura, la diffidenza e i pregiudizi – gli permette di spogliarsi di certi veli, e scoprirsi nudo e libero di amare e riconoscersi.

Il primo che passa, Gianluca Nativo, Mondadori, 2021, 215 p., 17 euro