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Irlanda del Nord, condanna unanime delle violenze

«Nonostante le frustrazioni che possono essere avvertite, un ritorno alla violenza nelle strade dei nostri paesi e città non è mai la risposta». Così il vescovo di Connor, pastore George Davison, dopo i giorni di violenze e scontri che si sono verificati in particolare a Belfast, in Irlanda del Nord.

La Chiesa d’Irlanda fa parte della Comunione anglicana mondiale che conta 70 milioni di membri in 164 paesi. La diocesi di Connor, nella provincia di Armagh, la capitale religiosa del Paese, è una delle 12 diocesi dell’isola. In una dichiarazione pubblicata il lunedì di Pasqua, il 5 aprile, i vescovi della Chiesa d’Irlanda in Irlanda del Nord hanno condannato i recenti disordini nella provincia come «sbagliati» e hanno chiesto la fine delle rivolte e delle distruzioni.

Ieri sera un gruppo di persone che si è riunito a Lanark Way ha incendiato una serie di ingressi lungo il muro divisorio tra i quartieri cattolici e quelli protestanti. Un autobus è stato dirottato e incendiato, sono state lanciate bombe molotov. Le violenze sono state condannate dalla premier irlandese Arlene Foster: «Queste non sono proteste, questo è vandalismo e tentato omicidio, queste azioni non rappresentano unionismo o lealismo», ha dichiarato.

«La violenza che si è verificata in alcune parti dell’Irlanda del Nord nell’ultima settimana è sbagliata e dovrebbe cessare immediatamente – hanno scritto gli esponenti protestanti nel comunicato congiunto -. Le persone possono sentirsi offese per le cose che sono accadute di recente nella sfera politica, ma ogni rimostranza dovrebbe essere affrontata nell’arena politica e qualsiasi risposta a queste dinamiche dovrebbe rimanere costituzionale e legale. Non è mai accettabile che qualcuno attacchi gli agenti di polizia e rischi di causare loro lesioni gravi o peggio. Il Police Service of Northern Ireland fa un lavoro incredibilmente difficile e merita il nostro sostegno. Le persone possono criticare la polizia ma qualsiasi critica dovrebbe sempre essere espressa con rispetto».

Quanto ai manifestanti, «Potrebbero esserci conseguenze per tutta la vita anche per alcuni dei giovani coinvolti nei disordini della scorsa settimana, che potrebbero finire con pene detentive, precedenti penali o ferite che cambiano la vita. Li esortiamo a non essere coinvolti in disordini e a non fare nulla di cui potrebbero pentirsi per il resto della loro vita».

«I disordini e la distruzione non sono mai la risposta. Distruggono i quartieri e dividono la nostra comunità. Spetta a tutti noi scegliere con cura le nostre parole e le nostre azioni – in ogni momento – e non fare e dire nulla che possa mettere a repentaglio la pace o sconvolgere il fragile equilibrio da cui dipende il nostro sistema politico» hanno concluso.

La tensione è riesplosa nella regione dopo la Brexit, con l’imposizione di un protocollo, malvisto dagli unionisti, che prevede controlli al confine marittimo tra Inghilterra e Irlanda del Nord.

I disordini sono iniziati anche dopo che la Procura dell’Irlanda del Nord si è rifiutata di formulare un capo di accusa a carico dei membri del Partito Repubblicano Nazionale Sinn Fein, che diversi mesi fa hanno partecipato, contravvenendo alle restrizioni contro il covid, al funerale del loro leader ed ex membro dell’IRA Bobby Storey, che ha combattuto per la separazione dal Regno Unito.

Anche il premier britannico Boris Johnson ha espresso la sua preoccupazione per le violenze che da sei notti scuotono l’Irlanda del Nord. «Il modo di risolvere le differenze è il dialogo, non la violenza o la criminalità» ha twittato. Intanto proprio tra due giorni, il 10 aprile, si celebrano i 23 anni dall’Accordo del Venerdì Santo, uno dei momenti più importanti del complesso processo di pace in Irlanda del Nord, la fine delle violenze che avevano segnato per 30 anni la storia del paese.

 

McQuiston Memorial Presbyterian Church, Castlereagh Road, Belfast, Northern Ireland. Foto di K. Mitch Hodge, unsplash.com