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Libertà religiosa, quando la Bibbia fu protagonista

È un piccolo libro utile, di piacevole lettura e per niente banale, pubblicato per ricordare i centocinquanta anni dalla breccia di Porta Pia.  “Porta Pia centocinquanta anni dopo. Un Bilancio”, a cura di Mario Cignoni. Torino, Claudiana 2020, pp. 126, euro 12,50.

Ha l’obiettivo di guardare all’evento da una prospettiva particolare, quella delle minoranze religiose. Con Porta Pia nasce la libertà religiosa, non ancora la laicità dello Stato, e per i protestanti protagonista è la Bibbia, che può circolare liberamente fin da quel 20 settembre, introdotta dalla Società biblica britannica e forestiera, pronta a inviare un gruppo di uomini a diffonderla nella città di Roma. Di costoro, i colportori, Mario Cignoni individua i nomi, ricostruisce le vicende avventurose, e ricorda la prima riunione evangelica, che avvenne, la prima domenica successiva alla battaglia, al Colosseo, luogo simbolo per la cristianità.

La memorie, il simbolo e la retorica di Porta Pia sono ripresi da Daniele Garrone che analizza gli articoli apparsi sulla stampa evangelica di vario orientamento a fine Ottocento, dunque le memorie dei bisnonni, da L’Italia Evangelica che in un articolo di Giovanni Luzzi richiama alla necessità di ricondurre gli italiani alle fonti dell’evangelo a Il Piccolo Messaggere, organo della Chiesa cristiana libera, che usa toni più ardenti e politici, garibaldini. Tutte parole datate, ma che esprimono una “postura” di fronte al proprio tempo, sul quale volevano incidere. Si chiede quali progetti abbiamo oggi per l’avvenire delle nostre chiese, quali parole essenziali dovremmo dire.

Il bilancio al quale allude il titolo ha il suo centro nella libertà religiosa, al cui sviluppo storico Ilaria Valenzi dedica uno scritto fine e ben articolato, difficile da sintetizzare, ma chiaro alla lettura. Tra le numerose occasioni di riflessione, non solo strettamente giuridiche, è importante l’affermazione secondo la quale il periodo più buio per la storia d’Italia, gli anni del fascismo, fu anche quello in cui la libertà religiosa fu più negata. Sergio Aquilante torna su un tema fondamentale per comprendere gli sviluppi del protestantesimo italiano: Risorgimento e Protestanti, collegamenti internazionali, Roma Babilonia, e l’attesa per la caduta del potere temporale che impediva la libera circolazione della Bibbia e dunque la formazione di una personale coscienza religiosa, base di una riforma religiosa complessiva.

Luigi Sandri racconta il cammino delle esperienze ecumeniche, dalla nascita del Consiglio ecumenico delle chiese, nel 1948, alla creazione della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia, nel 1967, al Concilio Vaticano II, fino a oggi. In questo, come in altri articoli, ricorre una parola, “pluralismo”, inteso come riconoscimento delle chiese quali istituzioni storicamente condizionate, che consente una convivenza nel reciproco riconoscimento della comunione nello Spirito.

Due volte Roma, due mondi diversi negli articoli di Anna Foa e Paolo Naso. Foa ricorda che fu un capitano di artiglieria ebreo, Giacomo Segre, colui che ordinò ai cannoni dei Savoia di aprire la breccia, e che Ernesto Nathan, ebreo, non romano, divenne sindaco di Roma nel 1907. Nel mezzo conosciamo una comunità povera, che entra in crisi con l’Unità, ma si riconosce con entusiasmo nell’appartenenza alla nazione italiana. L’autrice fa notare che, fino a tempi recenti, sul rapporto tra ebrei e modernità, tra ebrei e Risorgimento è stato scritto con l’ottica del “contributo”. La partecipazione delle minoranze, ebraica e valdese, alla costruzione della nazione italiana non fu invece marginale, perché fu caratterizzata in senso liberale, rendendo l’uguaglianza religiosa e il pluralismo dei culti aspetti basilari della costruzione nazionale.

Con Paolo Naso si percorrono le strade della capitale alla scoperta di templi e sale di culto vecchi e nuovi, nell’avanzare della visibilità delle confessioni non cattoliche e degli ebrei con la costruzione del Tempio Maggiore e della chiesa valdese di piazza Cavour, quasi a ridosso del Vaticano. Il processo si arresta con il fascismo, riprende nel dopoguerra con una significativa svolta quando nel 1975 il numero degli immigrati supera quello degli emigrati, inizio di un processo irreversibile che avrebbe cambiato, ricorda Naso, il profilo religioso di Roma e dell’Italia. Oggi la crescita numerica dei luoghi di culto di varie religioni non si pone in contrapposizione con il cattolicesimo, ma piuttosto sottolinea la tradizione religiosa della città nel contesto globale.

 

Foto: Colportore (venditore ambulante) della Claudiana ottocentesca con il suo “Carro biblico”