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Turchia, Polonia, Uk: diritti e integrità delle donne sotto attacco

«Calpestare i diritti delle donne significa calpestare i diritti di tutte e di tutti, perché i diritti delle donne sono diritti umani». Dopo l’appello contro i femminicidi, una nuova presa di posizione dell’Osservatorio interreligioso sulle violenze contro le donne (O.I.V.D.).

L’organizzazione esprime «piena solidarietà alle donne turche che stanno manifestando contro l’uscita del loro paese dalla Convenzione di Istanbul. È evidente – scrivono – come questo diniego sia uno dei fuochi di un tiro incrociato ai diritti delle donne proprio mentre femminicidi e violenze di genere stanno aumentando vertiginosamente. Negli ultimi anni il numero delle donne uccise in Turchia è stato elevatissimo: nel 2021 le vittime sono già 78. Nonostante questi dati, il governo di Erdogan non riconosce più il trattato del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e il contrasto alla violenza sulle donne firmato proprio ad Istanbul nel 2011. Sulla decisione si danno due motivazioni di diverso tenore: la Convenzione minerebbe la famiglia tradizionale; i diritti delle donne sarebbero già difesi dalla carta costituzionale turca. Se prevenire la violenza disgrega la famiglia, su quali basi è fondata la famiglia? Forse ancora sulla visione patriarcale che per millenni ha contraddistinto le società relegando le donne in uno stato di subordinazione e di funzionalità rispetto al genere dominante? Se, dopo che già da almeno due secoli le donne lottano per la parità di genere, con fortune alterne, è stata ideata la Convenzione di Istanbul, significa che il problema esisteva e tuttora esiste. E negli ultimi anni, a fronte del progredire della libertà femminile, da più parti è stata avviata una restaurazione patriarcale in nome della famiglia, che è proprio il luogo nel quale avviene il maggior numero di violenze psicologiche, economiche e sessuali. Tale restaurazione è sostenuta da prese di posizione di alcune istituzioni religiose che influenzano in senso repressivo i processi politici».

Oltre alla Turchia, l’osservatorio punta il dito anche su quanto accade in Polonia, Paese che «mostra di non salvaguardare i diritti delle donne attraverso la restrizione dell’attuale legge sull’interruzione volontaria di gravidanza, nonostante si compiano ogni anno migliaia di aborti clandestini o si ricorra agli Stati confinanti che la permettono».

Infine, ma non per importanza, i gravi fatti in Gran Bretagna, dopo l’omicidio di Sarah Everard. 

Il focus dell’osservatorio si sposta però in questo caso sul sex work. «Non meno grave la notizia che alcune università inglesi avrebbero editato una guida alla prostituzione delle studentesse: è l’ultima risposta che ci si aspetterebbe da istituzioni del sapere nei confronti della mercificazione del corpo umano. I templi della cultura diventano templi di una cultura sessista fondata sul dominio maschile esercitato attraverso il potere e il denaro. Dietro alle restaurazioni e ai disegni neoliberisti – entrambi di matrice patriarcale – che si palesano in diverse aree del mondo ci sono assetti tanto politici quanto religiosi, che danneggiano le donne ma anche gli uomini», conclude l’Oivd.


L’Osservatorio interreligioso sulle violenze contro le donne è nato nel 2019 con un Protocollo d’intesa. Dell’Osservatorio fanno parte donne di diverse tradizioni religiose (cristiane protestanti – luterane, metodiste, valdesi, battiste, avventiste, pentecostali -, cattoliche, ortodosse, ebraiche, islamiche, induiste, buddhiste).

 

Foto di jacoblund via IstockPhoto