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Disastrosi incendi in Argentina: l’impegno delle chiese

Grandi incendi boschivi hanno messo in ginocchio il sud dell’Argentina, in particolare la Patagonia, nei giorni scorsi. Eventi che si ripetono ogni anno e che in questa occasione hanno raggiunto una particolare gravità. Le cause sono come sempre varie: fenomeni naturali in parte, ma molta colpa umana in sostanza, sia involontaria che intenzionale. 6 distinti grandi incendi hanno devastato migliaia di ettari di boschi e piantagioni fino a giungere alle praterie e quindi alle fattorie: almeno 250 abitazioni sono state distrutte dalle fiamme. Solo la provvidenziale pioggia ha fermato la furia del fuoco apparso fuori controllo. Il presidente della Repubblica Alberto Fernandez, durante una visita in Patagonia, è stato animatamente contestato dalla popolazione locale, che chiede più fondi e più energie per contrastare tali episodi.

Il pastore Reiner Kalmbach, della Chiesa evangelica luterana del Río de la Plata, che attualmente risiede nella città di El Bolsón, nel sud dell’Argentina, uno dei primi centri interessati dagli incendi, ha raccontato come molte famiglie perso tutto il loro avere. Come ha sottolineato, quando tutto è iniziato, in meno di quattro ore il fronte è avanzato per più di 25 km di lunghezza e 15 km di larghezza, bruciando tutto sul suo cammino: 250 case, animali, campi, officine, complessi turistici, centinaia di veicoli. «Non c’era tempo per niente, intere famiglie hanno perso assolutamente tutto, in molti casi per la seconda volta, perché già coinvolti nei grandi incendi del 2011».

Da tutto il Paese. Ha raccontato il pastore, stanno giungendo donazioni di cibo non deperibile, materiali da costruzione e denaro, che devono essere trasportati attraverso le caserme dei vigili del fuoco di ogni località in tutta l’Argentina.

Con l’incendio sotto controllo, il pastore Kalmbach, che è un conoscitore della regione in cui vive da quasi vent’anni, ha indicato che «l’uomo ha causato un disastro senza precedenti, almeno nella regione andina», disastro sul quale «ci sono molte responsabilità e responsabili». «Non voglio nemmeno immaginare cosa sarebbe potuto succedere se non fosse piovuto», ha sintetizzato. Inoltre, con uno sguardo più ampio alla zona, ha descritto che gli incendi si verificano ogni anno e che non sono presenti attrezzature e persone addestrate a combattere questo tipo di evento. Riguardo alla responsabilità, ha detto che «come sempre circolano voci, teorie e sospetti», ma «come Chiesa e cristiani, dobbiamo stare attenti alle ipotesi».

Come sempre, di fronte alla tragedia, la solidarietà non aspetta e a questo proposito, Kalmbach ha descritto che nel centro di El Hoyo ha potuto contare «più di 20 camion carichi di donazioni in attesa in fila, centinaia di veicoli privati, tutti pronti a offrire aiuto». È necessario reperire abbigliamento invernale, soprattutto per bambini e neonati; tutti i tipi di strumenti da costruzione, materiali, cavi elettrici (per le case) e alimenti non deperibili.

Ogni anno, quando si avvicina la stagione calda e piovosa, la cosiddetta “Comarca del 42”, che copre i comuni di El Bolsón, Lago Puelo, El Hoyo ed Epuyén, soffre di incendi di diversa intensità. Il cambiamento climatico sta diventando sempre più forte e un riflesso di questo è la drammatica contrazione dei dieci ghiacciai che nel 1980 coprivano la catena montuosa che segna il confine con il Cile, e di cui oggi rimane un piccolo lembo: il “Blue Ice”. Ci sono incendi ogni estate, ma grazie al rapido intervento di vigili del fuoco e volontari, vengono rapidamente controllati. Tuttavia, di tanto in tanto si verificano eventi di grande portata. Nel 2011, un incendio scoppiato nel cortile di una scuola a Lago Puelo ha raggiunto la vicina città di El Hoyo, distruggendo 34 case e oltre 6000 ettari di foreste autoctone.

Nel 2015 il gigantesco incendio di Cholila  è stato spento dopo tre mesi di interventi e la perdita di 35mila ettari dal Parco Nazionale Los Alerces. Quest’anno la situazione era ancora più complessa, a partire da gennaio con un incendio provocato da turisti che hanno scordato di spegnere le fiamme dopo aver condiviso un asado. Il risultato è stato di 48 case bruciate, officine e piantagioni rase al suolo dal fuoco. Situazione a cui si deve aggiungere quella dei giorni scorsi, il cui disastro non ha precedenti per la regione.