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Il virus più insidioso, quello del razzismo

Da quando è cominciata la pandemia di Covid-19, i crimini d’odio contro le persone asiatiche americane negli Stati Uniti sono aumentati del 150% nelle principali città (dell’aumento del fenomeno avevamo parlato già in questo articolo). Lo denuncia l’ufficio di Washington della Chiesa presbiteriana attraverso un comunicato diffuso la scorsa settimana da parte del “Presbyterian Office of Public Witness” (Opw), ufficio dell’assemblea della PcUsa che si occupa appunto di informazione e sostegno delle politiche pubbliche della Chiesa rispetto a temi sociali.

Proprio stamane, 17 marzo giunge la notizia di un assalto a tre centri della comunità cinese ad Atlanta negli Stati Uniti, compiuti da un giovane,  che hanno causato otto vittime, mentre in queste settimane si sono verificati vari episodi di violente aggressioni a danno di anziani di origine asiatiche, tacciati di essre i responsabili della diffusione del virus che sta sconvolgendo il mondo. Alcuni video di telecamere di sicurezza hanno immortalato queste azioni provocando shock e indignazione.

Nell’articolo che riporta la notizia, vengono citati i dati di “Stop Aapi Hate”, un’iniziativa promossa dal dipartimenti di Studi Asiatici Americani (AAS) dell’Università statale di San Francisco, e da A3PCON (Asian Pacific Policy and Planning Council) e Caa (Chinese for Affirmative Action), due organizzazioni nate alla fine degli anni Sessanta per sostenere i diritti e i bisogni delle persone di origine asiatica e delle isole del Pacifico, in particolare le più svantaggiate (basso reddito, immigrati o rifugiati).

Secondo l’ultimo rapporto di Stop Aapi Hate”, sono più di 2800 gli episodi denunciati tra marzo e dicembre 2020 in 47 Stati e a Washington D.C., 126 dei quali hanno colpito persone di più di 60 anni, che hanno denunciato un tasso più alto di aggressioni fisiche e violazioni dei diritti civili rispetto alla media, che individua un 70% di aggressioni verbali e il 8,7% di aggressioni fisiche. Le donne sono state aggredite due volte e mezza più degli uomini, confermando purtroppo una doppia vulnerabilità.

All’inizio febbraio Stop Aapi Hate” ha diffuso un comunicato stampa con i dati aggiornati, che riporta anche alcune testimonianze dirette di atti di pura inciviltà: sputi, spintoni, derisione, atti di discriminazione, insulti razziali. Ma ci sono anche molti incidenti non denunciati, riporta il comunicato dell’Opw, citando il caso di una donna di 89 anni schiaffeggiata e a cui è stata incendiata la camicia, a New York, o un uomo picchiato con il suo stesso bastone a una fermata dell’autobus in California.

Di fronte a questi gesti odiosi, l’Opw suggerisce alcune azioni a sostegno della popolazione americana asiatica: fornire supporto, una sorta di “scorta mediatica”, coinvolgerla nelle azioni e discussioni sull’ingiustizia razziale, che più spesso si concentrano sulla popolazione afro-americana, e favorire l’unione di forze tra queste due componenti, contrastando i tentativi di generare conflitti tra loro. In particolare, occorre smontare gli stereotipi e i “miti” come quello di “minoranza modello” che dipinge gli asiatici (osserva la nota dell’Opw) come persone «di intelligenza e successo superiori soprattutto ad altre comunità etniche, minimizzando i problemi rilevanti che questa comunità deve affrontare». Questo stereotipo ovviamente contribuisce ad acuire le tensioni con le comunità nere e ispaniche.

Altre azioni proposte sono: scrivere lettere di indignazione ai politici che fanno dichiarazioni razziste o discriminatorie, lettere e articoli ai giornali per denunciare questi atti; quando questi si verificano, chiedere pubblicamente che vengano perseguiti dalla giustizia e non lasciati cadere come spesso accade; partecipare a manifestazioni e proteste a sostegno della comunità asiatica, sostenere gli investimenti nell’istruzione e dare alle comunità le risorse per sradicare le cause della xenofobia anti-asiatica.

 

Foto via Istock