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Sostegno alla popolazione del Myanmar

Il 1° febbraio scorso in Myanmar i militari hanno preso il controllo del paese e hanno dichiarato lo stato di emergenza per un anno. La leader eletta del paese, Aung San Suu Kyi, e membri del suo partito sono ora agli arresti domiciliari. Ieri il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha «fermamente» condannato le violenze contro i manifestanti che dalla piazza chiedono giustizia.

Anche l’Alleanza battista mondiale (Bwa) – comunione di chiese presente in 126 paesi con circa 47 milioni di membri – ha lanciato un appello in sostegno non solo dei battisti del Myanmar, che nel paese sono circa 1,7 milioni con 5.800 congregazioni, ma di tutte le minoranze etniche e religiose, nonché per gli attivisti e obiettori di coscienza, che al momento sono in grave pericolo.

Un leader di una comunità battista ha scritto alla Bwa: «Con le armi in mano i militari hanno preso il comando, arrestando e distruggendo molte vite. L’intero paese è in lutto per il dolore, ma questa volta la gente non è venuta a protestare per le strade sapendo che molti sarebbero stati fucilati e uccisi».

«La nostra gente ha vissuto sotto la dittatura militare per più di 60 anni, e il pensiero che i nostri figli e nipoti debbano affrontare di nuovo questo corso della vita è un pensiero terribile», ha dichiarato un altro leader battista. «Non abbiamo pistole ma un Dio che ci protegge. Anche se camminiamo attraverso la valle più buia, non temeremo alcun male».

La Bwa ha invitato i battisti appartenenti alla famiglia mondiale ad inviare una lettera alle ambasciate locali per chiedere che nel paese venga instaurata la pace attraverso il dialogo e lo stato di diritto.

«Come battista – si legge nella lettera da inviare alle ambasciate di pertinenza –, sono personalmente legato agli 1,7 milioni di battisti presenti in tutto il Myanmar. Ma la mia preoccupazione non è solo per i battisti, ma anche per i musulmani Rohingya, i buddisti, le minoranze etniche e per tutti i cittadini del Myanmar che desiderano una pace giusta. La mia voce si alza in loro favore».

Dal 1989, la Bwa ha approvato diverse risoluzioni che chiedono la pace, il rispetto dei diritti umani e dello stato di diritto a favore del Myanmar. In una risoluzione del 2006, si leggeva: la Bwa «chiede alle autorità del Myanmar di revocare gli arresti domiciliari di Aung San Suu Kyi, il presidente legalmente eletto». Una risoluzione del 2013 lamentava «che un gran numero di civili innocenti sono stati uccisi e molte donne sono state violentate come parte di una strategia di violenza. Più di 200 villaggi battisti Kachin sono andati perduti e almeno sessantasei luoghi di culto sono stati distrutti». Quella risoluzione chiedeva inoltre «soluzioni a questo conflitto e a tutte le situazioni di pulizia etnica attraverso il potere della preghiera e della pacificazione nonviolenta».

Mentre molte di queste risoluzioni hanno attirato l’attenzione sulle gravi atrocità subite dai cristiani etnici, in una risoluzione del 2019 la BWA ha anche dichiarato il proprio sostegno a nome dei musulmani Rohingya che negli ultimi anni hanno subito persecuzioni e massacri.

«Insieme a lei e all’Alleanza mondiale battista – si conclude la lettera –, credo in un Myanmar fiorente in cui tutti i cittadini sperimentino libertà e pace e faccio eco alla dichiarazione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che incoraggia “il perseguimento del dialogo e la riconciliazione con la volontà e gli interessi del popolo del Myanmar”. Le scrivo quindi per chiederle di incoraggiare i funzionari militari del Myanmar e tutti i leader di governo a perseguire la risoluzione attraverso un dialogo costruttivo come unica via per una pace duratura. Continuerò a pregare per lei e per il benessere del Myanmar. Grazie per il contributo che darà ad una rapida risoluzione che onori lo Stato di diritto e i diritti umani per tutti i cittadini del Myanmar».