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Francia, legge separatismo, dichiarazione congiunta dei leader cristiani

I responsabili di culto cattolici, protestanti e ortodossi in Francia hanno avvertito mercoledì in un testo congiunto l’esecutivo e i parlamentari sui pericoli del disegno di legge sul “separatismo”, che a loro avviso “mina” la libertà di culto e di associazione. Si tratta dell’ennesimo capitolo della vicenda legata alla nuova norma voluta dal presidente Macron al fine di aumentare il controllo sulle possibili derive antirepubblicane di predicazioni e sermoni. Norma pensata soprattutto in termini di maggior controllo delle attività delle comunità islamiche, e che in realtà penalizza un po’ tutte le chiese e le comunità religiose.

«Stiamo ora esprimendo pubblicamente la nostra preoccupazione per il disegno di legge cosiddetta di “consolidamento dei principi della Repubblica” (definita in prima battuta legge contro il “separatismo” islamista), scrivono in un testo congiunto firmato da Éric de Moulins-Beaufort, presidente della Conferenza episcopale francese, dal pastore François Clavairoly, presidente della Federazione protestante di Francia, e dal metropolita (ortodosso) Emmanuel Adamakis.

Il disegno di legge è stato adottato in prima lettura dai deputati a febbraio e sarà esaminato dal Senato a partire dal 30 marzo.

«Per la sua logica interna (…) questo disegno di legge rischia di minare le libertà fondamentali della libertà di religione, associazione, istruzione e anche la libertà di opinione che è già stata abusata da una corrente di pensiero securitaria che sta prendendo sempre più piede nel spazio comune», dicono.

«Voltando le spalle alla separazione (delle Chiese e dello Stato operata dalla legge del 1905, ndr), lo Stato viene a interferire nella qualificazione di ciò che è religioso e nel suo funzionamento», giudicano i tre responsabili di culto.

La futura norma sarà «una legge di vincoli e controlli moltiplicati: controllo sistematico da parte del prefetto ogni cinque anni sulla “qualità” del culto, controllo raddoppiato delle attività, controllo dei finanziamenti dall’estero e delle risorse delle associazioni religiose, e via dicendo».

«A che serve complicare la vita delle associazioni religiose previste dalla legge del 1905? Pensiamo seriamente che chi vuole vivere in disparte nella Repubblica contestandone le fondamenta aderirà a uno statuto ufficiale, perennemente sottoposto allo sguardo dei prefetti?» si chiedono.

Ricordano che «la legge del 1905 (…) prevedeva limiti, controlli e sanzioni. Possiamo riaffermare il primo, attuare il secondo, adattare l’ultimo».

I tre, tuttavia, accolgono «senza riserve le disposizioni del disegno di legge che consentono di lottare in modo più diretto contro i matrimoni forzati, le mutilazioni sessuali di giovani ragazze, le disparità di eredità, l’incitamento all’odio, la discriminazione multiforme».

Ecco il testo completo della dichiarazione congiunta:

La Repubblica e i culti: un equilibrio, frutto della storia

La Repubblica incarna l’ambizione e la promessa di far convivere uomini e donne con pari diritti e doveri, indipendentemente dalle loro affiliazioni familiari, etniche, culturali o religiose. Questa ambizione si unì a molte aspirazioni portate dai cristiani della Riforma; preoccupava un buon numero di cristiani cattolici; richiedeva e consentiva l’integrazione dei cristiani ortodossi. Abbiamo tutti imparato a vivere e a trovarci bene con questi principi.

La legge del 9 dicembre 1905 che separa Chiesa e Stato è stata accolta dai credenti in vari modi. Alcuni, vedendovi il riconoscimento della loro libertà religiosa, soprattutto tra i protestanti, furono subito favorevoli e contribuirono a realizzarla. Molti cattolici l’hanno vista come una macchina da guerra contro la Chiesa. Non senza ragione, i promotori della legge volevano assertivamente distaccare la popolazione francese da quello che vedevano come il controllo sociale della Chiesa cattolica.

Ma, ponendo fine al Concordato, questa legge ha liberato lo Stato dalla necessità di organizzare i culti e trovare in essi elementi della sua strutturazione. Allo stesso tempo, ha liberato le Chiese dai molteplici vincoli dello Stato.

Si è rivelata norma particolarmente emancipatrice per gli ortodossi, spesso storicamente segnati dall’esperienza di regimi totalitari o teocratici. Organizzando la separazione, regolando la gestione di beni e luoghi, era una legge di libertà, con la giurisprudenza del Consiglio di Stato che impartiva gradualmente un’interpretazione liberale della legge. Con questa legge i cittadini sono liberi di credere o non credere e, se credono, di praticare il loro culto individualmente e in comune entro i soli limiti dell’ordine pubblico. La legge del 1901 sulle associazioni fornisce i mezzi complementari che consentono di svolgere opere in nome della fede in tutti i campi.

Attaccati all’ambizione e alla promessa della Repubblica, preoccupati per questo disegno di legge noi leader ortodossi, protestanti e cattolici, affermiamo che attraverso i successi e le disgrazie della storia, questa ambizione e questa promessa hanno permesso al nostro Paese di unire uomini e donne straordinariamente diversi. È in nome di questo attaccamento che oggi esprimiamo pubblicamente la nostra preoccupazione per il disegno di legge «che consolida i principi della Repubblica».

Certo, la legge del 1905 è stata più volte modificata, ma mai prima d’ora lo era stata fino a questo punto e, soprattutto, non era mai stata così alterata da venir trasformata  dalle fondamenta. Da una legge che stabilisce le condizioni di libertà e consente di esercitare questa libertà, giungiamo oggi a una legge di vincoli e controlli moltiplicati: controllo sistematico da parte del prefetto ogni cinque anni sulla qualità del culto, controllo raddoppiato delle attività, controllo dei finanziamenti dall’estero e delle risorse delle associazioni religiose.

Lotta al “separatismo”, rispetta la logica della legge di separazione

Le giustificazioni per questo disegno di legge sono deboli. In Francia, ci sono infatti azioni che possiamo giustamente qualificare come “separatiste”: azioni svolte deliberatamente per indurre la popolazione di un quartiere a chiamarsi fuori dal quadro repubblicano, a rinunciare a partecipare a un vivere insieme politico e sociale in cui le varie appartenenze non interferiscono nei rapporti di ciascuno con tutti. I mezzi di azione possono essere la violenza, più spesso sono la coercizione sociale, l’intimidazione, la predicazione minacciosa. È dovere dello Stato proteggere gli abitanti del nostro Paese da queste manovre e promuovere l’alta ambizione della Repubblica. Accogliamo senza riserve le disposizioni del disegno di legge che consentono di lottare in modo più diretto contro i matrimoni forzati, le mutilazioni sessuali di giovani ragazze, la disuguaglianza nelle eredità, l’incitamento all’odio e la discriminazione multiforme. In una società ormai segnata dai social network, è fondamentale dare a questi strumenti un quadro, fissare delle regole, a pena di vedere tornare con forza l’espressione di odio, disprezzo, rabbia che speravamo fosse oramai controllata.

Ma che senso ha complicare la vita delle associazioni religiose previste dalla legge del 1905? Pensiamo seriamente che chi vuole vivere in disparte nella Repubblica contestandone le fondamenta aderirà ad uno statuto ufficiale, perennemente sottoposto allo sguardo dei prefetti? Come possiamo sperare che tali disposizioni daranno ai nostri concittadini musulmani fiducia nella volontà della Repubblica di permettere loro di vivere la loro fede con libertà e senso di responsabilità e di praticare la loro religione entro i soli vincoli del rispetto dell’ordine pubblico?

Per la sua logica interna, qualunque siano le intenzioni, questo disegno di legge rischia di minare le libertà fondamentali della libertà di culto, associazione, istruzione e persino libertà di opinione già abusate da un pensiero securitario  che si sta insediando sempre più nello spazio comune. Voltando le spalle alla legge sulla separazione, lo Stato arriva a interferire nella qualifica di ciò che è religioso e nel suo funzionamento. Le autorità pubbliche hanno già i mezzi per perseguire, sciogliere e chiudere.

Mantenere la promessa repubblicana

La legge del 1905 prevedeva infatti limiti, controlli e sanzioni. Possiamo riaffermare i primi, attuare i secondi, adattare le ultime. Il quadro generale della legge nel nostro paese fornisce alle autorità pubbliche molti mezzi per reagire all’incitamento all’odio, alle attività sovversive, all’influenza di stati stranieri che vorrebbero perseguire le loro politiche entro i confini del nostro paese. Saremo lieti che queste leggi fossero applicate nella loro praticità e nel loro spirito. E abbiamo abbastanza fiducia nell’ambizione repubblicana che promette libertà, uguaglianza e fratellanza a tutti per sperare che possa attrarre molte menti e cuori. 

Il disegno di legge continua il suo corso legislativo. Ci auguriamo che le ragioni della nostra preoccupazione per questo testo vengano comprese, sia dai parlamentari che dal potere esecutivo, in modo che il dibattito parlamentare in dialogo con il governo consentirà di redigere un testo rispettoso delle libertà di tutti i cittadini francesi».

Éric de Moulins-Beaufort, Presidente della Conferenza episcopale francese

Pastore François Clavairoly, Presidente della Federazione protestante di Francia

Metropolita Emmanuel Adamakis, Patriarcato ecumenico di Francia