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La negazione del femminile

Qualsiasi uomo voglia esprimersi su femminicidio e discriminazione di genere dovrebbe prima chiedere ed ottenere il permesso di una donna! Profondamente convinto di ciò, inizio a scrivere solo perché quel permesso l’ho chiesto ed ottenuto.

Mentre le donne continuano a portare in grembo il mondo, prendendosene cura, nutrendolo e facendolo nascere e crescere, una parte degli uomini, che in esse trova riparo e vita, continua ad aggredirle mortalmente, in uno scenario in cui la carne si rivolta contro se stessa. Esattamente come ciò che avviene nelle patologie autoimmuni quando il sistema immunitario, impazzito, non riconosce più una parte di sé e la tratta come fosse entità avversa, come un nemico, annientandola sino all’autodistruzione!

Perché in una società in cui, malgrado l’emancipazione femminile e l’evoluzione paterna nei processi di cura, sono ancora le madri ad occuparsi prevalentemente dell’educazione di figlie/i, le donne continuano ad essere bersaglio di violenza e disprezzo, proprio da parte di quei bambini che diventeranno ragazzi e forse uomini? In che punto si frattura il legame di alleanza umana tra il grembo ed i suoi frutti? Come può un sangue condiviso ed offerto come nutrimento, che ha circolato nei medesimi sentieri del corpo, diventare rabbiosa bile da sputare sul volto delle donne?

Perché il famelico maschilismo che pervade istituzioni, lavoro, scuola e luoghi di ricreazione non dà cenni di sazietà, avendo banchettato per millenni sulla schiena delle donne, e continua ad ingoiare la componente femminile della società cercandone la negazione e la sottrazione dal mondo? Sino al punto paradossale e tragico di eliminarla anche come frammento parziale della stessa identità maschile! In ciò, inconsapevole, il maschile giustizia in ogni uomo la forza creativa, di cui il femminile è indiscusso emblema fisico e metafisico.

Una tale scellerata ambizione sfregia il volto dell’intero genere umano, impoverisce la vita nei sensi e nella reciprocità, amputa possibilità ed oscura gli orizzonti di tutte e tutti. Proprio per questo, femminicidio e discriminazione di genere son dilemmi che non possono essere affrontati e liquidati come questioni che riguardano responsabilità esclusive, torti o ragioni degli uni o delle altre. Maschile e femminile sono e restano i due volti di un compendio universale ed inscindibile. Nelle fragilità come nelle eccellenze, nelle singole peculiarità e contraddizioni, diventa precipuo l’interesse delle due parti a ritrovare l’originale alleanza nell’unità.

È indubbio che esistano tendenze naturali e caratteristiche del femminile quanto del maschile. Ma nessuna di queste, nemmeno la più nobile di esse, ne giustifica la supremazia. L’indispensabilità del grembo materno non giustifica la prevaricazione del femminile sulla vita e, parimenti, non vi è alcuna giustificazione della prevaricazione maschile in ragione della maggiore forza fisica. Le naturali identità e differenze di genere non vanno annullate nell’appiattimento né ignorate all’insegna di una fredda e sterile ripartizione matematica dei ruoli e delle funzioni. Entrambe le espressioni del genere umano vanno custodite ed affermate in reciprocità.   

Un uomo che sottrae il femminile dal femminile lo sottrae, contemporaneamente, anche da se stesso e con ciò accresce quella tendenza perversa, patologica e autodistruttiva. Un uomo, in conflitto con la porzione del femminile in sé, la respinge giudicandola aliena e lo fa ancora più platealmente quando questa porzione di sé si manifesta come esterna, nelle vesti di una donna. Chiunque essa sia!

Il problema è, più che negli uomini e nelle donne, nell’uso del femminile e del maschile.                La negazione del femminile e l’abuso del maschile continua e si perpetua nelle istituzioni che incessantemente cancellano le donne, sin da bambine, nella rappresentazione lessicale, grammaticale e narrativa.

Avete mai fatto caso al convenzionale uso del maschile, in tutte le sue forme, per identificare indifferentemente il genere di appartenenza? In conseguenza di ciò nelle scuole di ogni ordine e grado esistono solo i bambini, i figli e gli studenti che sono valutati cumulativamente con aggettivi (bravi, attenti, indisciplinati) e definiti nei documenti e nelle circolari come se non vi fosse alcuna traccia del mondo femminile. Come mai (a casa, a scuola o al parco) rivolgendosi ad un gruppo eterogeneo di minori, fossero anche 8 bambine e 2 bambine, si usa sempre e solo il termine bambini?

Vi è mai capitato, durante le vacanze estive, di discutere con un gruppo di animatrici perché nell’annuncio al megafono per l’inizio della baby dance (nota attività d’interesse maschile) venivano esortati alla partecipazione “tutti i bambini del campeggio”?

Avete mai discusso con una collega, animatamente e senza successo, che stava stilando una lettera di protesta (a nome della professione) affinché la correggesse utilizzando il linguaggio inclusivo?

Se accettiamo tutto questo poi non possiamo sorprenderci se le donne crescono chiedendo il permesso di vivere, mentre gli uomini sviluppano la convinzione di poterne disporre. Né deve risultarci misterioso il motivo per il quale, a parità d’azione e d’intenti, un uomo è un seduttore mentre una donna è di facili costumi. Allo stesso modo e per le medesime distorsioni sociali di genere, molti uomini pretendono cieca obbedienza ed altrettante donne in muta rassegnazione la concedono. Ancora troppi padri e, ahimè, madri crescono figli/e concedendo privilegi agli uni che negano alle altre, solo in ragione di antichi stereotipi patriarcali e maschilisti. Senza esitazione, sento di poter dire che per gli uomini quanto per le donne corre l’obbligo urgente di esumare il femminile dal terreno dell’oblio.    

Nel rosso di quel sangue, che scorre sul corpo delle donne e tra le mani degli uomini, ce n’è una parte blu non certo riferita alle leggende nobiliari, ma a quell’inchiostro che non abbiamo utilizzato per scrivere nelle pagine del libro della storia il nome delle donne! Sin da quando erano ancora bambine, ragazze, studentesse e poi lavoratrici, mogli e madri. Ed è anche per questo che la negazione del genere femminile è passata e passa ancora oggi dall’inchiostro al sangue.