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Fototessere 17: la mèta dell’ospitalità eucaristica

Prosegue la serie di incontri dialogati che Paolo Ricca realizza per Riforma e che ha visto finora i ritratti di Maria Paola RimoldiAnnapaola CarbonattoMatteo FerrariFulvio FerrarioGabriella CaramoreVito TamboneAndrea DemartiniMarco Cassuto MorselliShangli XuGiorgio TournFra Lorenzo Ranieri e Alba CordaroAdelina BartolomeiPierluigi Mele, le “Sorelle senza nome” e Claudio Tron” uomini e donne che hanno dei ruoli conosciuti all’interno delle chiese evangeliche in Italia o nell’ambito ecumenico, ma anche persone che, pur non avendo incarichi conosciuti ai più, portano con sé un’esperienza di fede significativa per tutti e tutte noi. Oggi è il turno di Margherita Ricciuti e Pietro Urciuoli, due instancabili promotori dell’ecumenismo. Buona lettura.

 

Margherita Ricciuti, napoletana trasferita a Torino, orfana ancora bambina di entrambi i genitori, ha trovato una seconda madre in una suora romana (Suor Candida) e un secondo padre in un prete piemontese (don Luciano). Donna credente e coraggiosa, moglie di un operaio ateo amante della giustizia (insieme per 52 anni), ha avuto una vita molto movimentata e ha ricoperto molti incarichi, lavorando in ambito sociale e sanitario, specialmente nel campo della psicoterapia (laurea a Padova). Nel 2007 ha aderito alla Chiesa valdese. Ha 75 anni e dice: «È bello invecchiare, anche perché si può guardare con uno sguardo d’insieme la propria vita, e scoprirne il senso».

Pietro Urciuoli, nato ad Avellino, nel 1964, laureato in Ingegneria e in Filosofia, sposato con tre figli, esercita la professione di ingegnere per un’amministrazione centrale dello Stato. Di religione cattolica, fa parte dell’Ordine Francescano secolare ed è socio del Segretariato Attività ecumeniche (Sae). È autore del libro Francesco di Assisi, Giullare, non Trovatore (Ediz. Messaggero, Padova, 2009).

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Voi due non siete parenti, abitate a 800 km di distanza, fino a poco tempo fa neppure vi conoscevate. Che cosa vi ha fatti incontrare?

«Ci siamo conosciuti ad Assisi, alla sessione estiva del Segretariato Attività ecumeniche (Sae) ed è lì che ci è venuta l’idea della Newsletter (Lettera circolare) Ospitalità eucaristica che realizziamo insieme dall’ottobre del 2018; tutti e due, a Torino e ad Avellino, facciamo parte di un gruppo ecumenico che pratica l’Ospitalità eucaristica, che di solito “si fa ma non si dice”, essendo vietata o impopolare per molte chiese, abbiamo pensato di creare uno spazio dove se ne parli liberamente scambiandosi esperienze, progetti, speranze. In questi anni, pur incontrandoci di persona solo due volte, siamo diventati amici e lavoriamo insieme per un’idea comune».

– Pur lavorando insieme per l’ecumenismo, le vostre storie sono molto diverse…

Margherita: Sono nata a Napoli nel ‘46 in una famiglia cattolica tradizionale, e vivo a Torino dal ‘64. Rimasta orfana da bambina, ho avuto altri due “genitori” a dir poco geniali: suor Candida a Roma, e un prete, don Luciano, a Torino; è anche in un confronto aperto con lui che è maturata la mia scelta per la Chiesa valdese, attuata nel 2007, quando negarono i funerali religiosi a Welby. Il mio compagno era un marxista ateo, ma nei 52 anni di vita insieme ha sempre vissuto da “vero” cristiano. Nostra figlia ha scelto un matrimonio cattolico diversamente da me che ne avevo scelto uno civile; una mia nipotina, battezzata a nove anni, è cattolica; l’altra si definisce “agnostica” e ci vuole ancora pensare! Sotto il profilo religioso, la mia è perciò una famiglia piuttosto variegata!».

Pietro: Sono nato ad Avellino nel ‘64 e da adolescente sono entrato a far parte della Gioventù francescana. Sono cresciuto in un contesto di fede molto impegnato (catechesi, volontariato, vita parrocchiale e diocesana, ecc.) ma anche, per così dire, molto “tranquillo”, lontano dalle tensioni che attraversavano la Chiesa cattolica negli anni del post-Concilio; nell’ambiente che frequentavo non si parlava dell’Isolotto o di Franzoni… Negli anni della maturità ho sentito il bisogno di rivedere diverse cose e ho approfondito la figura di Francesco d’Assisi; la lettura della biografia del pastore Paul Sabatier mi ha cambiato la vita, aprendomi al mondo protestante. La conoscenza di persone particolarmente illuminate nell’ambiente ecumenico ha fatto il resto. E così oggi mi piace pensarmi un po’ come Sabatier, un uomo di frontiera; cattolico, certo, ma senza esagerare!».

– Perché nella vostra vita cristiana avete messo l’ecumenismo al primo posto?

«Perché crediamo che soltanto l’ecumenismo possa, nel tempo, “salvare” il messaggio cristiano, più che mai necessario al mondo. È ora di perdonarsi reciprocamente, sapendo che persone e pensieri diversi ci sono anche all’interno della stessa chiesa; bisogna mettere insieme i carismi di tutti i cristiani che anche nell’attuale pluralità delle chiese vogliono procedere insieme guardando avanti, anche se il passato è un’esperienza tragica che va ricordata perché non si ripeta».

– Secondo l’apostolo Paolo la fede cristiana è «una sola» (Efesini 4, 5). Secondo voi, considerando lo stato attuale della cristianità, è ancora vera questa affermazione?

«“V’è un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo”, dice Paolo nella sua lettera, e se crediamo che la fede sia questo, certo che è ancora una sola! La fede, come ci ha anche ricordato il lockdown, ci riporta a ciò che è essenziale, tagliando fuori il superfluo».

– La molteplicità delle Chiese cristiane è un bene o un male?

«Le Scritture ci dicono che anche alle origini del cristianesimo esistevano comunità con prassi molto diverse. Unità non è uniformità, ma amicizia e collaborazione fra tutti i cristiani. Ciò però entra in contrasto con le dinamiche di potere interne alle istituzioni. Accettare la molteplicità delle Chiese non è solo teologicamente corretto, ma relativizza il peso delle istituzioni, a vantaggio della fraternità dei cristiani».

– Pubblicate mensilmente la Newsletter Ospitalità eucaristica e recentemente avete curato insieme un libro edito dalla Claudiana sullo stesso tema. Perché lo considerate così importante?

«Entrambi hanno i medesimi obiettivi: allargare il dibattito sull’ospitalità eucaristica e svilupparne le problematiche di carattere liturgico, pastorale, dottrinale, normativo, ecc. attraverso il confronto fra le diverse confessioni, mettendo al centro la persona di Gesù, “cuore” del cristianesimo e dell’ecumenismo».

– Praticare l’ospitalità eucaristica mentre le Chiese sono ancora divise non è un po’ come mettere il carro davanti ai buoi?

«Dipende dai punti di vista. Da un punto di vista istituzionale, lo è certamente; ma se affrontiamo il problema guardando anche alla base non lo è affatto, perché risponde a una precisa esigenza; basta pensare alle coppie interconfessionali».

– Questo papato ha suscitato molte speranze ecumeniche, ma veri cambiamenti, finora, non ci sono stati. Voi vedete le cose diversamente ?

«Su Bergoglio la pensiamo diversamente.

Margherita: Credo che il papa abbia un vero desiderio ecumenico, ma ha anche la consapevolezza di essere soprattutto un “pastore” che deve indicare la strada tenendo conto del passo del gregge che ha alle spalle; e non è possibile criticarlo per le sue idee, che sono quelle di un papa cattolico.

Pietro: Dopo un periodo di iniziale entusiasmo attualmente sono un po’ deluso. Alcune sue prese di posizione (sul ruolo della donna, sul celibato, ecc.) mi stanno convincendo che la sua voglia di cambiare è più apparente che concreta; sostanzialmente è un tradizionalista. E non mi aspetto grandi novità neanche sul versante ecumenico».

– Qual è l’ostacolo maggiore all’unità dei cristiani?

«Gli ostacoli sono tanti e trasversali: le Chiese come istituzioni oppongono resistenza al percorso ecumenico per questioni di prestigio e di potere; la base dimostra ancora una forte reticenza a farsi parte attiva dei processi di cambiamento, e in modi diversi è ancora pesantemente condizionata dal proprio passato».