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C’è, ma non si vede

La questione della presenza o meno del crocifisso nelle aule della scuola pubblica è una di quelle che periodicamente appassionano (?) il mondo scolastico, con infiniti e noiosissimi scontri tra paladini della laicità (quale?) e genitori o presidi mobilitati in difesa delle radici cristiane dell’Europa, minacciate dall’Islam… E così abbiamo insegnanti ribelli che tolgono il crocifisso, famiglie “sane” che li denunciano e pretendono la giusta sanzione, processi, Corte europea, ricorsi, sentenze… fino alla prossima volta.

Ma ora potrebbe aggiungersi una nuova e imprevista dimensione che già le nostre figlie e figli hanno sperimentato in relazione alle norme e ai divieti che la pandemia sta introducendo nella scuola. Mi riferisco in particolare a quella didattica a distanza (d.a.d.) resasi necessaria per non interrompere del tutto il lavoro scolastico, ma che, al tempo stesso, ha privato gli alunni (soprattutto nella scuola media) di quella dimensione sociale, di incontro e di collaborazione che non può mancare in una scuola che intenda educare oltre che insegnare. A parte questo aspetto ce n’è un altro, messo recentemente in luce all’università torinese che, oltre alle aule on-line si propone di avere anche stanzette a norma per lo svolgimento degli esami in via telematica. L’Ateneo ha infatti intenzione di approvare un regolamento con una serie di istruzioni. Dall’obbligo di tenere acceso il microfono del pc (per scoraggiare eventuali suggeritori nascosti dallo sguardo della web-camera) fino a quello di rimuovere dalla scrivania eventuali appunti e anche qualsiasi simbolo politico o religioso… (divieto questo che è poi stato sospeso ed ora in attesa di una definitiva formulazione, ndr). Dunque, penso io, nella mia cattiveria protestante, anche un piccolo crocifisso o il santino di turno…

Grazie alla scuola on-line potremo finalmente risolvere l’annosa questione crocifisso-no crocifisso-sì, con un crocifisso che c’è, ma non si vede…?