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Ancora antisemitismo telematico

Proponiamo qui di seguito il comunicato preparato dal Sae, Segretariato attività ecumeniche, a seguito dell’ennesimo episodio di incursione violenta sul web da parte di anonimi hacker durante un incontro in ricodo di Amos Luzzatto:

«Vi è un passo della Tregua (ripreso  in  I sommersi e i salvati ) nel quale Primo Levi  parla della vergogna provata dai soldati russi all’atto della liberazione di Auschwitz: “Era la stessa vergogna a noi ben nota, quella che ci sommergeva dopo le selezioni, ed ogni volta che ci toccava assistere o sottostare a un oltraggio […] quella che il giusto prova davanti alla colpa commessa da altrui, e gli rimorde che esista, che sia stata introdotta irrevocabilmente nel mondo delle cose che esistono, e che la sua volontà sia stata nulla o scarsa, e non abbia valso a difesa”.  

Domenica 7 febbraio, pur in situazione oggettivamente imparagonabile alla precedente, la sensazione è  stata affine:  si è dovuto interrompere l’incontro in ricordo di Amos Luzzatto  organizzato dal SAE (Segretariato Attività Ecumeniche) di Venezia, dalla Comunità Evangelica Luterana di Venezia e dal Beit Venezia Casa della Cultura Ebraica. Per via telematica e coperti dall’anonimato degli hacker hanno immesso in rete immagini di Hitler, bestemmie, slogan antisemiti, scene porno e varie altre forme di disturbo. In un periodo in cui le persone fisiche si  radunano con difficoltà, la violenza trova altri canali per esprimersi. La memoria di un uomo che ha dedicato la propria vita alla giustizia, al dialogo, a curare e incontrare esseri umani è stata offesa e umiliata.

L’imbarazzo degli organizzatori per non aver innalzato barriere telematiche sufficientemente selettive è comprensibile; a loro va la nostra solidarietà. C’è anche vergogna. La dovrebbero provare loro, la proviamo invece noi. Loro, al contrario, si vanteranno dell’impresa. Simili fenomeni non ci erano ignoti;  un conto  però è sentirli riferiti, altro patirli in diretta senza essere in grado di porvi argine. Siamo abbattuti ma non rassegnati. Anche noi  però  sentiamo vergogna per il fatto che «la nostra volontà sia stata scarsa o nulla e non abbia valso a difesa». Avvertiamo acutamente il fallimento, sia pure parziale, dell’impegno formativo presente nella parte migliore della società italiana. 

Proviamo vergogna proprio perché non cediamo. Se ci rassegnassimo non avvertiremmo più alcun pungolo e lo sdegno sarebbe acquietato: si sa, il mondo è fatto così. Invece continueremo per la nostra strada e denunceremo (c’è chi vi provvederà, opportunamente, anche sul piano legale). L’incontro sarà ripetuto in maniera più protetta: anche  la telematica ha ormai bisogno di baluardi difensivi. Con tutto ciò un senso di umiliazione è stato inscritto ancora una volta  nelle cose che esistono. Quando si è obbligati a proteggersi si diffida, per definizione, del proprio prossimo. È realistico, ma anche antitetico ai valori di umana comprensione che vorremo affermati.  Rinunciare e rintanarsi in piccoli circoli amicali significherebbe però cedere alla violenza e ciò sarebbe una contraddizione ancora maggiore rispetto al nostro comune impegno».