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Le acque dell’antisemitismo e del sessismo scorrono parallele e si mescolano

L’Osservatorio interreligioso sulle violenze contro le donne (Oivd) e la Federazione delle donne evangeliche in Italia (Fdei), organizzano domani, 28 gennaio alle ore 18.30, l’incontro «In ascolto di Edith Bruck. Ricordare per “diseducare all’odio» (piattaforma Zom – ID riunione: 91501653465; Passcode: 625109). La scrittrice e testimone della Shoah, Edith Bruck, offrirà una testimonianza con uno sguardo particolare al vissuto femminile.

Perché mai l’Oivd e la Fdei hanno scelto di celebrare congiuntamente la Giornata della memoria?  Ce lo spiega in questo articolo Paola Cavallari, presidente dell’Osservatorio interreligioso sulle violenze contro le donne.

La Giornata della memoria racchiude tanti motivi per interpellarci. Ad essi noi rispondiamo: “Eccoci!” Le nostre finalità sono convergenti, infatti, con quelle a cui chiama la tale Giornata.  Siamo associazioni tese alla edificazione di una civiltà a misura della dignità femminile e umana, una civiltà incarnata da soggettività mature che parlano la lingua dell’ospitalità delle differenze; ci impegniamo a promuovere una cultura inclusiva di sessi/generi, e di ogni differenza etnica, religiosa, di classe, in vista di un nuovo umanesimo non più inquinato da quei dualismi che assegnano all’uomo lo spazio pubblico e alle donne lo spazio privato. Dunque, sentiamo la necessità di riconoscere pubblicamente quella istituzione che è la Giornata della memoria: ed è un riconoscere nel senso forte della parola. Esserci all’appello contro l’odio contenuto nella Giornata, e affermare: “quella tragedia ci riguarda” perché noi pensiamo che le radici dell’odio stiano nella millenaria cultura del dominio maschile e colonizzazione del femminile. 

È stato scritto: «Dopo Auschwitz, è barbaro scrivere poesie». Se la Shoà, infatti, è tragico evento  storico, essa  assume anche valore metastorico: è abisso della coscienza collettiva, coscienza di ogni donna e uomo che aspiri a essere cittadina  e cittadino, vivente in quella civiltà che dobbiamo contribuire a mettere al mondo e nutrire di  senso. 

Memoria non è ricordo puro e semplice ma è attualizzare, rivivere in prima persona, perché l’evento del passato è evento della mia vita personale, come ci ha insegnato la tradizione ebraica, la quale, del tramandare nelle generazioni, ha fatto una pietra miliare nella sua storia di popolo. La narrazione del Seder di Pesach ne è l’emblema.

Dalla letteratura della Shoah, abbiamo appreso quanto l’operazione di Costruzione della Memoria dello sterminio abbia a che fare con l’impronunciabile da un lato e l’irricevibile dall’altro.

Impronunciabile perché per verbalizzare occorreva attraversare il deserto di quel male estremo. Operazione faticosa e straziante al massimo grado. Ci è voluto tempo, molto tempo, ci hanno confessato i/le  sopravvissuti/e, perché potesse germinare in forma compiuta il conatus a dire, che per anni  sbatteva le ali come anima frantumata e lacerata. 

Irricevibile perché il mondo non voleva credere né al genocidio messo in campo da esseri umani per annientare altri esseri umani, né alle forme con cui la razionalità e la tecnologia si erano inverate al servizio dell’odio. Non li si sapeva ascoltare i sopravvissuti e le sopravvissute, non si credeva loro, nessuna empatia, non si è saputo e voluto riconoscere le proprie responsabilità, adducendo ognuno le proprie giustificazioni: con Adolf Eichmann abbiamo appreso quanto gli ordini di superiori fossero accampati come “ragioni” più che valide per gli artefici di genocidio.

Le vittime sono uscite dei campi di sterminio, ma i fili di ferro sono rimasti per troppo tempo. E ancora ora ci cono coloro che negano, che sono addirittura aumentati. Così come si registra una vertiginosa escalation di episodi di odio antisemita.

Ma di nuovo, torniamo alla domanda: perché mai associazioni come l’OIVD e la FDEI, associazioni che si muovono nell’orizzonte della dignità femminile, della giustizia tra i sessi/generi, hanno scelto di aderire alla celebrazione della Giornata della memoria? Ciò ci porta a ragionare oltre il perimetro dell’evento storico, la Shoah.  Nel corso della Storia – e tuttora – violenze, vessazioni, ingiurie, torti, in forme assai diversificate, hanno colpito e colpiscono ebrei e donne. E i pregiudizi ne sono stati i mandanti. Focalizzandoci su questi ultimi, non pochi sono quelli che li accomunano. Mi rifarò al mito genesiaco e a ciò che, da Eva in poi, sono stati i paradigmi dominanti del femminile nella cultura androcentrica. Eva era sleale, infida, carnale, era emblema di una natura oscura, ambigua, sfuggente, ostinata nella collusione col male; tentandolo, ha operato per l’annientamento dell’“uomo”, a cui ella era “geneticamente inferiore”. Non sono forse “stereotipi” che marchiano l’ebreo? Da entrambi, ebrei e donne – si dice – occorre diffidare, stare in guardia, difendersi. Emblemi della storia dell’antisemitismo, come i Protocolli dei Savi di Sion, o le pubblicazioni della La difesa della razza, vanno a braccetto con testi misogini come Sesso e carattere di Otto Weiniger o Metafisica del sesso di J. Evola – per rimanere nella prima metà del Novecento.

Le acque dell’antisemitismo e del sessismo scorrono parallele e si mescolano.  Occorre sviluppare criticamente le connessioni profonde e cogliere la interdipendenza tra loro. Essi costituirono fondamento per una ideologia inneggiante alla purezza del maschio (eterosessuale, di “razza” bianca): quella del Terzo Reich; un’ideologia misogina, razziale, di casta e di supremazia virile che, in nome dell’ideale eugenetico, incluse nello sterminio persone affette da deficit (mentali o fisici).

Nel suo “Modernità e olocausto” Bauman, ebbe l’intuizione di associare la violenza antiebraica alla persecuzione delle cosiddette streghe nei secoli XVI e XVII. La ferocia disumana accomuna questi genocidi, scrisse. Proprio su Riforma del 28 dicembre 2020 è stato dato notizia di una diocesi cattolica in Baviera che avrebbe chiesto scusa «per la feroce caccia alle streghe» messa in atto «in Germania tra il XV e il XVIII secolo». È un fatto rilevante, che mi pare abbia avuto poca eco: percepirne il valore intrinseco – sul piano della mistica politica – ed estenderne la diffusione sarebbero primi passi nel cammino di  riconoscimento dei crimini di cui le chiese e le autorità civili si macchiarono in quella stagione; sarebbe un primo passo di risignificazione di un massacro che fu atroce non solo per la morte spietata delle vittime, ma insieme per le torture prolungate cui  furono sottoposte; leggere e apprendere il sadismo sessuale di tali torture è sconvolgente. Parimenti sarebbe necessario mettere in evidenza che fu un ginocidio sessuale, compiuto da uomini contro donne: perché giudici, carcerieri, legislatori, confessori, aguzzini etc. erano tutti uomini mentre le accusate e le vittime donne dall’80 al 90%.[1]      

Illuminanti sono poi le osservazioni di Stefano Levi della Torre. Nel suo Giudeofobia e misoginia (In Mosaico, Rosemberg & Sellier 1994), egli sviluppa una analisi profonda del legame tra i due fenomeni nominati nel titolo, che unisce sotto la categoria dell’isomorfismo: «Così la giudeofobia e la misoginia immaginano rispettivamente la donna e l’ebreo come dotati di singolare potenza. […] L’ebreo e la donna si contendono il record di più potente elemento di disordine. […] Il misogino e l’antisemita sono turbati non tanto dall’estraneità, quanto dalla parentela: la donna è apparentata con l’uomo; l’ebreo con i fondamenti biblici e cristiani della civiltà europea. La donna è una alterità irriducibile ma al tempo stesso imprescindibile: […] deve essere ridotta a funzione dell’uomo, subordinata, “ghettizzata”. Tale è anche l’ebreo per la civiltà cristiana o di derivazione cristiana».

Proprio in occasione della Giornata della memoria, l’allarme alzato da molti e molte esponenti dell’ebraismo denuncia una pericolosissima escalation di episodi di aggressione antisemita. Noi assumiamo questi appelli e insieme raccomandiamo di non disgiungere questi accadimenti dall’incremento di episodi di una cultura dello stupro che in quasi tutti i continenti si estende. Occorre che il fronte contro l’odio si saldi e intensifichi. Barbari femminicidi, perpetrati per lo più con sadismo estremo sul corpo della vittima, si compiono con frequenza allarmante, ma l’indifferenza dilaga. Come accadeva per gli/le ebrei/e sopravvissuti/e, si delegittima e non si crede alla vittima di stupro (che in fondo se l’è un po’ cercata e poi forse era consenziente…). I cosiddetti “reati sessuali” sono interpretati come estranei ad un ragionare sulla civiltà, rimangono “privati” della loro dimensione politica. Fino a quando si perseguirà questo depotenziamento simbolico e politico, saremo in ostaggio di aggressioni e guerre e affaticati/assediati dall’odio. Ma non sarà l’odio l’ultima parola.


[1] Da maggio dello scorso anno una iniziativa promossa da un piccolo gruppo di donne cui faccio parte ha avviato la campagna “Chiesa chiedici scusa”: nel testo della iniziativa si nomina anche il genocidio compiuto contro le donne perseguitate come streghe. La campagna procede, stiamo raccogliendo ancora firme, per sottoscrivere https://www.cdbitalia.it/chiesa-chiedici-scusa/.

Nella foto Edith Bruck