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L’asilo ecclesiastico in Germania di nuovo più agevole

Torna a essere un po’ più semplice l’asilo ecclesiastico in Germania, l’ospitalità cioè nei locali delle chiese di persone in fuga da altri Paesi e che sono a rischio di venire rimpatriati nei loro paesi di origine o in quelli di primo approdo in Europa secondo le note disposizioni del regolamento di Dublino.

Il governo tedesco avevano innalzato le barriere contro tale pratica di offrire rifugio in chiesa a persone migranti che altrimenti dovrebbero venire espulse dal paese in cui si trovano a vivere, a tal punto che l’aiuto nei casi di difficoltà era diventato quasi impossibile.

In seguito a alcune sentenze di tribunali, l’Ufficio federale per la migrazione e i rifugiati (Bamf) sta ora allentando nuovamente le regole. Il gruppo di lavoro “Asilo nella Chiesa” ha reagito con sollievo.

Intanto, come hanno annunciato le autorità giovedì scorso a Norimberga, coloro che cercano protezione in una chiesa non sono più considerati “latitanti” se è noto il loro domicilio.

La durata massima dell’asilo in chiesa, frutto di un accordo fra governo e autorità ecclesiali, che fino al 2018 era di 6 mesi, era stata fissata in 18 mesi. In questo periodo le chiese devono comunicare all’ufficio d’immigrazione chi sono gli stranieri ospitati e da quanto tempo soggiornano nelle loro strutture, in attesa della decisione governativa sul diritto alla permanenza nel paese o meno. Un tempo troppo lungo secondo i soccorritori, che rischiava di gravare non poco sulla gestione della vita comunitaria, per motivi logistici di gestione di spazi comuni, per motivi economici, pratici, e per il disagio che queste persone possono provare a ritrovarsi in una sorta di limbo. E infatti gli asili si erano pressoché azzerati.

La scorsa estate, tuttavia, il Tribunale amministrativo federale aveva espresso dubbi sulle normative più stringenti. In particolare, la più alta corte tedesca ha stabilito che questa interpretazione è contro la legge. La sentenza sosteneva che le persone che godevano dell’asilo in chiesa non potevano essere considerate “flüchtig” in quanto non erano in fuga e la loro ubicazione era nota alle autorità.

Un portavoce del Bamf ha detto che questa decisione del Tribunale amministrativo e di altre sentenze dei tribunali superiori verranno ora applicate. Ma ha anche sottolineato che un asilo ecclesiastico dovrebbe essere interrotto se l’autorità decide che quello presa in causa non è un caso di disagio individuale particolare. «Il rispetto di queste regole di base è essenziale per poter mantenere e rafforzare ulteriormente l’accettazione dell’asilo ecclesiastico da parte delle autorità, dei tribunali e del pubblico», ha affermato. La richiesta in sostanza, è che si limiti a circostanze di particolare vulnerabilità l’ospitalità in chiesa.

In un documento dell’Ufficio federale si afferma che l’estensione del termine di silo da 6 a 18 mesi è ora possibile solo se un’autorità per gli stranieri segnala una persona in cerca di protezione come «sconosciuta» prima che il rapporto di asilo della chiesa sia ricevuto dall’Ufficio stesso, o se una parrocchia non rivela il luogo specifico in cui si trova il richiedente asilo, insomma se manca la collaborazione fra le parti. Nell’ambito di un accordo tra le chiese e le autorità tedesche risalente al 2015, le chiese devono informare le autorità sui casi di asilo ecclesiastico e sul luogo esatto della persona ospitata. Il portavoce della Bamf ha detto, tuttavia, che secondo la legge, le persone in asilo ecclesiastico dovrebbero abbandonare tale status se le autorità decidessero che non ci sono casi speciali e individuali di disagio da valutare.

 Il Gruppo di lavoro “Asilo nella Chiesa” si dice  «sollevato di notare questo passo atteso da tempo», con le parole della presidente Dietlind Jochims. Secondo l’Ufficio federale per la migrazione ei rifugiati, l’anno scorso sono state ricevute 355 notifiche di asilo in chiesa per 506 persone. Gli asili ecclesiastici chiesa hanno raggiunto il picco nel 2016 sulla scia del grande movimento dei rifugiati con più di 1.000 persone la cui domanda di asilo era stata respinta che hanno cercato protezione nelle comunità quell’anno. Le chiese garantiscono protezione ai richiedenti asilo respinti in caso di difficoltà, nella speranza che le autorità riconsiderino la loro decisione.

La proroga unilaterale del termine per i casi Dublino in materia di asilo ecclesiastico aveva messo a dura prova parrocchie, monasteri e ordini religiosi. Jochims ha detto di sperare in un «ritorno a una comunicazione orientata alle soluzioni sui casi di difficoltà umanitaria».

 

Foto di dronepicr