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Il difficile compito affidato da Dio alla sua Parola

«La mia parola non è forse come un fuoco», dice il Signore, «e come un martello che spezza il sasso?»
Geremia 23, 29

Io sono venuto ad accendere un fuoco sulla terra; e che mi resta da desiderare, se già è acceso?
Luca 12, 49

Lampada al nostro piede, luce sul nostro cammino, pura, verità, fonte di gioia e liberazione: con queste parole il bellissimo Salmo 119 descrive non tanto la Parola di Dio in sé, quanto il suo agire, le sue conseguenze sulle nostre esistenze. Alle espressioni del salmista siamo abituati, un po’ meno a quelle del profeta Geremia che immediatamente ci presentano una Parola che invece di costruire, distrugge; invece di aiutare a far crescere un rapporto, lo stronca.

Che cosa possiamo fare confrontandoci con una Parola che si comporta in questo modo? Probabilmente, ci suggerisce il profeta, possiamo farne molte cose, tranne una: ignorarla. Prendiamo semplicemente atto che la Parola che il Signore ci rivolge non può lasciarci indifferenti.

Indubbiamente le parole del profeta non parlano di una Parola diversa da quella di cui scrive il salmista. Dio ci parla per costruire la nostra vita e anche se non siamo costruttori o capomastri lo possiamo facilmente intuire: non è possibile fare un buona costruzione se le fondamenta non sono adatte.

La parola di Dio agisce come un martello che distrugge o come un fuoco che consuma per eliminare tutto ciò che non ci permette di essere costruzioni di Dio.

Non è un compito facile quello che Dio affida alla sua Parola; non è neanche un incarico piacevole se lo guardiamo dal nostro punto di vista, da quello di coloro che hanno bisogno di vedere la loro vita non leggermente ristrutturata dalla Parola, ma ricostruita dalle radici, eliminando quanto di superfluo, inutile o addirittura dannoso. Non è un incarico piacevole, ma è quanto Dio chiede alla sua Parola di compiere in noi per renderci adatti al compito di testimoni di quella stessa Parola con cui Dio ci chiama.