140599211_3641766945908198_6760650600810045028_o

Cinque anni fa la scomparsa di Giulio Regeni

Era uscito dalla casa dove abitava in via Yambo, al Cairo, e si incamminava verso la metropolitana. Giulio Regeni, ventottenne friulano, di Fiumicello.

Una laurea in materie umanistiche e poi il dottorato a Cambridge che lo aveva portato in Egitto per svolgere una ricerca sui sindacati indipendenti, e una tesi sull’economia locale.

Polizia ed esercito quel 25 gennaio di cinque anni fa presidiavano le strade. Era il quinto anniversario della rivolta di Piazza Tahir che aveva condotto per le strade migliaia di persone contro il presidente egiziano Mubarak.

Giulio è alla metro di El Behoos.

Invia un messaggio dalla chat di Facebook alla sua fidanzata. Sono le 19.41. Qui si perdono le sue tracce.

Il 3 febbraio, dopo nove giorni il suo corpo viene ritrovato ai bordi dell’autostrada Cairo-Alessandria.

Ci sono evidenti segni di tortura. Chi è stato? E perché? La risposta egiziana a queste domande sono i depistaggi, i primi di una lunga serie. Giulio era omosessuale, era il membro di un gruppo sadomasochista, era una spia. È morto in un incidente stradale. È stato assassinato da una banda criminale. Forse è morto «di sonno». Ma i segni di tortura restano. E quelli non si possono nascondere, né cancellare.

Ciononostante passano i giorni, i mesi, gli anni e dall’Egitto solo reticenze, mancate risposte, quando va bene timide ammissioni. Ma la Procura di Roma non arretra e dopo quasi cinque anni firma un atto di accusa in 94 pagine. È indirizzato a quattro ufficiali della National security agency egiziana.

Per il procuratore capo Michele Prestipino e il sostituto Sergio Colaiocco sono proprio loro gli uomini responsabili del sequestro, delle torture e dell’omicidio di Giulio la cui vita è stata spezzata al numero 13 di un villino nel centro del Cairo.

In una stanza dell’orrore e dove vengono condotti i cittadini stranieri sospettati di «attività sovversive».

Cinque anni di indagini ma anche di mobilitazioni. Segnate di giallo, il colore della campagna «Verità per Giulio Regeni».

Oggi Giulio sarà ricordato nel Comune dove è nato e cresciuto, e dove risiede la famiglia, Fiumicello Villa Vicentina.

Stamane è prevista l’inaugurazione delle Panchine gialle, nel parco scolastico Giulio Regeni.

Alle 17.30 l’evento online «Pensieri e parole» che si potrà seguire dal sito del quotidiano La Repubblica.it e sulle pagine facebook «Giulio siamo noi» e «Verità per Giulio Regeni».

Infine, alle 19.41 – l’ora in cui si sono perse le sue tracce di Giulio, al Cairo – l’iniziativa virale sui social, «Coloriamo i social di giallo».

Ognuno potrà pubblicare una foto, un cartello, un disegno giallo dedicato a Giulio.

La mobilitazione di associazioni e singoli individui per Giulio è iniziata subito dopo il ritrovamento del suo corpo. Più forte ancora dopo le menzogne e i depistaggi sulla sua morte.

«La verità non la vogliono», tuonava Luciana Alpi a proposito della morte della figlia Ilaria Alpi.

Luciana non ha mai smesso di combattere per ottenerla quella verità.

Così come Paola Deffendi e Claudio Regeni, i genitori di Giulio. Risoluti e determinati benché indignati, dalle mancate risposte dell’Egitto e da quelle italiane. Della politica, delle istituzioni.

Risposte mancate e provvedimenti contestati. È recente l’esposto in Procura preparato dai genitori con l’avvocato Alessandra Ballerini contro il governo italiano, per violazione della legge in materia di vendita di armi a Paesi «autori di gravi violazioni dei diritti umani». Perché non si baratti la giustizia in cambio di affari economici.

 

Foto tratta dalla pagina facebook del comune di Pinerolo (To)