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Carovana migranti in Centro America: la vicinanza delle chiese riformate

Da dieci giorni oramai centinaia di persone migranti stanno tentando di attraversare il confine tra Honduras e Guatemala, diretti negli Stati Uniti d’America.

L’Esercito guatemalteco e le forze di polizia del Paese centro americano hanno represso con violenza in diverse occasioni la carovana, composta da chi cerca migliori opportunità che non riesce a trovare nei luoghi di origine a causa della crisi economica e sociale, accentuata dalla pandemia e dagli effetti devastanti degli ultimi uragani Eta e Iota.

Fa sentire la propria voce il Comitato Esecutivo dell’Alleanza delle Chiese Presbiteriane e Riformate dell’America Latina tramite la voce del Segretario esecutivo, il pastore Dario Barolin, denunciando la situazione ed esortando le autorità a garantire il diritto di migrare. «La violenza e la repressione incontrate entrando nel territorio guatemalteco non sono risposte né desiderabili né efficaci. È necessario che la compassione e la solidarietà siano le basi di ogni azione davanti a questa carovana sofferente che cammina sognando un’opportunità.

Il vangelo di Matteo racconta la migrazione di Giuseppe, Maria e Gesù in Egitto: Un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: “Alzati e prendi il bambino e sua madre, e fuggi in Egitto, e resta lì finché non te lo dico; perché accadrà che Erode cercherà il bambino per ucciderlo. E lui, svegliandosi, prese il bambino e sua madre di notte, andò in Egitto e vi rimase fino alla morte di Erode”. Matteo 2: 13-15

Nonostante la sua brevità, questo testo chiarisce che la migrazione di Gesù e della sua famiglia in Egitto è stata una migrazione forzata. Sono emigrati per salvare le loro vite. In questi giorni in Honduras è iniziata una nuova carovana di donne, uomini, ragazze e ragazzi, in cerca di una possibilità di vita. Nei loro volti si vede quello strano miscuglio di paura e speranza, forse lo stesso che avevano Gesù, Maria e Giuseppe. Molti, molti si sono aggiunti lungo la strada. Le catastrofi degli uragani Eta e Iota, la violenza dei gruppi armati e delle bande di narcotrafficanti, la crisi economica ulteriormente accentuata dalla pandemia e dalla corruzione, le poche opportunità e ancor meno le speranze sono alcune delle cause alla base di queste carovane.

Corrono rischi immensi, ma la maggior parte ha perso quasi tutto. La violenza e la repressione incontrate entrando nel territorio guatemalteco non sono risposte né desiderabili né efficaci. È necessario che la compassione e la solidarietà siano le basi di ogni azione davanti a questa umanità sofferente che cammina sognando un’opportunità.

Lo Stato del Guatemala nel suo decreto 44-2016 riconosce il diritto di migrare, affermando: “Lo Stato del Guatemala riconosce il diritto di ogni persona di emigrare o immigrare, per il quale il migrante può entrare, soggiornare, transitare, partire e tornare in territorio nazionale secondo la legislazione nazionale” (Articolo 1).

A tal proposito, chiediamo, in primo luogo, allo Stato guatemalteco, ma anche agli altri Stati della regione coinvolti, tra cui Honduras, El Salvador, Messico e Stati Uniti d’America, risposte coordinate che onorino il diritto delle persone a migrare e che si riconoscano le situazioni di fondo che forzano la migrazione. Invitiamo le nostre chiese membro e tutte le persone di fede a pregare per queste figlie e figli di Dio. Invitiamo le comunità di fede e tutte le persone di buona volontà a dedicare sforzi e risorse per accompagnare la situazione di milioni di migranti nelle nostre comunità, a praticare l’ospitalità a cui ci chiama nostro Signore Gesù Cristo (1 Pietro 4: 9 – Ebrei 13 : 2) e trasformare le cause profonde della sofferenza dei nostri popoli che provocano la migrazione forzata.