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Tutta la nostra vita sia un culto a Dio

Presentiamoci a lui con lodi, celebriamolo con salmi! Poiché il Signore è un Dio grande, un gran Re sopra tutti gli dèi 
Salmo 95, 2-3

Il Re dei re e Signore dei signori, il solo che possiede l’immortalità e che abita una luce inaccessibile; che nessun uomo ha visto né può vedere; a lui siano onore e potenza eterna 
I Timoteo 6, 15-16

Il breve frammento del Salmo 95 è particolarmente raffinato quanto all’uso dei nomi e dei titoli di Dio. Spicca il tetragramma, vale a dire il Nome impronunciabile, seguito dal titolo reale (melek) e alla fine gli dèi (elohim). Tutto questo, rafforzato con l’aggettivo “grande” (gadowl) ripetuto due volte. Probabilmente questa ricchezza linguistica serve per indirizzare precisamente la preghiera di lode che è la parte essenziale del culto. Infatti, il Salmo 95 è strettamente legato al tempio di Gerusalemme e al culto che vi si celebrava quotidianamente.

Nel nostro linguaggio evangelico contemporaneo la parola culto viene identificata con l’appuntamento settimanale (di solito la domenica mattina) in cui, all’interno di una cornice di preghiere e canti, viene annunciata la Parola di Dio. Tuttavia, è legittimo porsi una domanda: il senso del culto cristiano si esaurisce in questa definizione? Nella Prima lettera a Timoteo e in particolare nella sua parte finale (capitolo 6) troviamo una visione diversa.

Un atto di culto non si compie nel tempio ma nella vita di ogni giorno. Noi, credenti, riceviamo la chiamata ad entrare in relazione con Dio, a celebrare le sue lodi con la nostra propria vita quotidiana. L’apostolo Paolo nella Lettera ai Romani 12, 2 chiama questa azione culto “ragionevole” (loghike). Questo termine, già diffuso in alcuni ambienti religiosi del mondo giudaico ed ellenistico, che ritenevano inutili i sacrifici cruenti degli animali, è il fondamento di ogni esistenza vissuta all’insegna della grazia e della fede.