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Ritrovare la strada

Pubblichiamo il terzo e ultimo articolo della serie dedicata ai Corridoi universitari, con la testimonianza di Isaias. I due articoli precedenti si trovano qui e qui.

 

Isaias sorride al di là dello schermo che rende possibile questa intervista, lo stesso schermo che unisce e al tempo stesso separa tanti e tante di noi in questo tempo difficile che ha fatto irruzione nelle nostre vite. Isaias sorride felice perché qui in Italia sta vivendo il suo sogno: proseguire gli studi universitari nella materia che ha scelto. «Non so come dirlo, ma è veramente molto bello essere qui». Isaias (il nome è di fantasia) è il terzo e ultimo tra gli studenti rifugiati che stiamo conoscendo in queste settimane. Ha 31 anni e, come gli altri ragazzi e ragazze, proviene dal Corno dAfrica.

In Italia Isaias beneficia del progetto Unicore 2.0 (University Corridors for Refugees), che vede lavorare insieme lAgenzia Onu per i rifugiati, Diaconia valdese, Caritas e undici Università italiane impegnate per il diritto allo studio dei rifugiati. «Per me, come per noi tutti, Unicore rappresenta una grande opportunità: lo dico anche pensando al mio corso di laurea, per il quale lUniversità italiana che frequento è unistituzione storica molto riconosciuta. Studio Geofisica applicata, una disciplina che non esiste nemmeno nel Paese dal quale provengo. In futuro, se questa situazione legata al Covid-19 tornerà alla normalità, voglio continuare a studiare per il dottorato. E poi ho grandi speranze di lavorare in Europa in questo campo».

Lentusiasmo di Isaias per lesperienza che sta vivendo lo aiuta, insieme al sostegno degli operatori professionali impegnati e dei volontari che dedicano il proprio tempo al progetto, ad affrontare le sfide che incontra ogni giorno: «A ottobre avevo cominciato a frequentare i miei corsi in presenza, ma oggi anche io mi collego alle lezioni da remoto: si tratta di cinque corsi universitari più un sesto, che è quello di italiano. Per questo, se posso dare un consiglio agli studenti che in futuro hanno in mente di seguire questo stesso percorso, suggerirei di familiarizzare con la lingua italiana in anticipo. Ti rende la vita più facile. Poi c’è il fatto che, quando vengono qui, non devono aspettarsi che le lezioni e gli esami siano come in Africa, perché in Italia il sistema è differente: qui ci sono esami scritti ed esami orali, mentre nel Paese dal quale provengo tutti gli esami si svolgono in forma scritta. Secondo me il sistema italiano è superiore nella sua capacità di valutare gli studenti, perché permette di capire chi ha studiato bene e chi no».

Lesperienza che Isaias ha fatto del nostro Paese al di fuori dello studio allUniversità risale soprattutto allo scorso autunno, un poper il carico di lavoro legato agli esami e un poper colpa dellemergenza sanitaria in corso: «Mi interessava visitare lOrto botanico dellUniversità e lavorare con i volontari che partecipano al progetto Unicore ma, a causa della pandemia, finora non è stato possibile». Nonostante le limitazioni, Isaias si è fatto unidea positiva del nostro Paese: «In famiglia ero il bambino a cui il cibo italiano piaceva di più, specialmente il riso e gli spaghetti. Amo la pasta! – scherza il giovane –. E poi in Italia le persone ci capiscono e ci aiutano. Non parlo solo dei volontari, ma anche di quelle a cui chiediamo le indicazioni per i mezzi pubblici o per il treno». Dietro al sorriso di Isaias c’è la gioia di chi ha ritrovato la strada.

Per sostenere Isaias e tutti e tutte coloro che seguiranno la sua strada nel progetto Unicore si può fare una donazione alla Diaconia Valdese alliban: IT 20P0306909606100000139674 oppure visitare il sito https://www.diaconiavaldese.org/csd/pagine/ come-sostenerci.php. In entrambi i casi non dimenticate di indicare la causale Unicore per la vostra donazione. Grazie di cuore!