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La genitorialità di Dio

«Un figlio onora suo padre e un servo il suo padrone; se dunque io sono padre, dov’è l’onore che m’è dovuto?», dice il Signore
Malachia 1, 6

Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si avvicinò al primo e gli disse: “Figliolo, va’ a lavorare nella vigna oggi”. Ed egli rispose: “Vado, signore”; ma non vi andò. Il padre si avvicinò al secondo e gli disse la stessa cosa. Egli rispose: “Non ne ho voglia»; ma poi, pentitosi, vi andò 
Matteo 21, 28-30

Il versetto del profeta Malachia dimostra che l’idea della paternità di Dio ha le sue radici nelle scritture ebraiche. In questo caso si tratta tuttavia di una paternità ambivalente o addirittura ambigua. L’accostamento tra padre e padrone risulta evidente ed è voluto dall’autore del testo. Infatti, l’oracolo di Malachia rivendica la necessità di obbedire fedelmente alla volontà di Dio, espressa nei precetti e nei divieti contenuti nella Torah. Chi contravviene a questi comandamenti rischia di attirare su di sé una severa punizione.

Anche se la paternità di Dio sono un concetto e un’immagine di chiara origine ebraica, gli scritti del Nuovo Testamento modificano notevolmente sia l’immagine, sia il concetto. L’immagine della paternità che emerge dalle parabole di Gesù ha forti tratti materni: tenerezza, accoglienza, perdono incondizionato. La letteratura epistolare (Paolo e Giovanni in particolare) identifica invece il concetto della genitorialità di Dio con l’amore – agape; vale a dire con la forma più alta e più nobile dell’amore. 

Purtroppo, nel corso dei secoli, numerosi paradigmi dottrinali di chiara impronta maschilista hanno oscurato la bellezza del messaggio neotestamentario. Dio padre e padrone ha sostituito la complessità e la bellezza di una relazione genitoriale. I danni creati da tale sostituzione sono davanti ai nostri occhi. È giunto il tempo propizio per riscoprire e rivalutare questo genere di relazione. Per eliminare ogni immagine demoniaca di Dio ancora in circolazione e per guarire le nostre relazioni intergenerazionali.