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Un tribunale blocca l’ordine esecutivo di Trump che consente ai funzionari pubblici di rifiutare i rifugiati

Tre organizzazioni legate alle chiese negli Stati Uniti che si occupano di reinsediamento delle persone rifugiate  stanno dichiarando «vittoria» nella loro battaglia giudiziaria per bloccare l’ordine esecutivo del 2019 del presidente Donald Trump che consente ai funzionari statali e locali di rifiutare i rifugiati. La decisione è arrivata venerdì 8 gennaio quando la quarta corte d’appello del Maryland ha confermato un’ingiunzione preliminare che blocca l’ordine presidenziale. «Questa sentenza è un monito a coloro che sono pronti a considerare la xenofobia come il cardine della politica statunitense sul reinsediamento, ma fa anche sapere ai più vulnerabili del mondo che il nostro paese rimane un luogo di accoglienza», ha dichiarato il pastore John L. McCullough, presidente di Church World Service, organizzazione fondata nel 1946 da 37 denominazioni cristiane.

La battaglia legale è iniziata nel settembre 2019, quando Trump ha emesso un ordine esecutivo che richiedeva ai funzionari statali e locali di dare in anticipo il consenso scritto per il reinsediamento dei rifugiati nelle loro giurisdizioni. «L’ordine esecutivo dell’amministrazione Trump, che richiede il consenso di ogni giurisdizione del Paese, che conta migliaia di persone, è stato un palese tentativo di bloccare il reinsediamento dei rifugiati. Non c’era motivo legittimo per farlo se non quello di rendere la vita più difficile ai rifugiati, che hanno già sofferto abbastanza e vogliono semplicemente iniziare la loro nuova vita in pace», ha affermato Mark Hetfield, presidente e di Hias (Hebrew Immigrant Aid Società, organizzazione umanitaria di matrice ebraica).

L’amministrazione Trump ha annunciato a novembre 2019 che le agenzie di reinsediamento devono ottenere il consenso scritto da funzionari statali e locali in qualsiasi giurisdizione in cui desiderano aiutare a reinsediare i rifugiati oltre giugno 2020.

 Due mesi dopo, HIAS, Church World Service e Lutheran Immigration and Refugee Service, organizzazione luterana,  hanno presentato una denuncia per bloccare l’ordine. Sei delle nove agenzie incaricate del reinsediamento dei rifugiati dal governo federale – comprese le tre coinvolte nella denuncia – sono legate a organizzazioni religiose e chiese. Prima di vincere un’ingiunzione preliminare l’anno scorso, tali organizzazioni hanno ottenuto il consenso per reinsediare i rifugiati da 42 su 50 Stati e da più di 100 autorità locali. Solo il governatore del Texas Greg Abbott aveva reso noto espressamente che non avrebbe permesso il reinsediamento nel suo stato.

L’amministrazione Trump potrebbe ancora fare appello contro la decisione, ma la prospettiva è improbabile con il presidente eletto Joe Biden che ha espresso sostegno per la ricostruzione del programma per i rifugiati degli Stati Uniti, quale priorità assoluta da mantenere entro i primi giorni di mandato presidenziale. In uno dei suoi primi discorsi da presidente eletto, Biden si è impegnato ad aumentare il numero di rifugiati che possono essere ammessi negli Stati Uniti a 125.000, cifra leggermente superiore a quella dell’ultimo anno in carica dell’ex presidente Barack Obama. Ciò avviene dopo che Trump ha ridotto il numero al minimo storico quest’anno di 15.000 persone accolte legalmente nel Paese. «L’urgenza del momento richiede amore e compassione e un impegno a sostenere l’eredità americana di ospitalità per coloro che ne hanno più bisogno», ha affermato Krish O’Mara Vignarajah, presidente del Lutheran Immigration and Refugee Service. «È nostro dovere civico difendere i senza voce e ritenere coloro al potere responsabili del ripristino dei principi umanitari che hanno guidato a lungo la leadership morale della nostra nazione».