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Piccoli passi politici verso il dialogo interreligioso

In occasione delle Olimpiadi invernali del 2006 che si svolsero a Torino, in città venne istituito il Comitato Interfedi, presieduto da Valentino Castellani, che unisce in un tavolo di confronto diversi rappresentanti delle confessioni religiose presenti sul territorio. Si tratta di un’istituzione comunale che in questi anni ha già rappresentato un organo importante per la città ma che in questi giorni ha visto riconosciuto il suo ruolo in maniera più formale. È diventato infatti a tutti gli effetti un organo consultivo della città. Significa che il parere del Comitato entra in gioco su alcune questioni che possono riguardare il rapporto tra le fedi e la città, per esempio nella gestione della sepoltura e della morte, e delle varie sensibilità in relazione a questo aspetto della vita. «È un comitato tecnico, più che politico e di pensiero», spiega la pastora Maria Bonafede, rappresentante in Comitato della comunità valdese.

Si tratta probabilmente di un’esperienza unica nel suo genere. Ma che cosa può offrire a un’istituzione laica come quella municipale? Secondo la pastora Bonafede, «un dato di sensibilità diverse che non è assolutamente scontato. Che ci siano ebrei, musulmani, protestanti, buddisti, induisti, cattolici che si siedono intorno a un tavolo per parlare delle cose e trovare delle soluzioni in armonia è un evento dal valore preziosissimo, difficilmente quantificabile. Significa che ciascuna e ciascuno di noi riconosce in chi ha di fronte una spiritualità altra dalla sua ma altrettanto nobile, altrettanto rispettabile e quindi da comprendere. In una città mi sembra che questo metodo di dialogo sia fondamentale».

Il lavoro va avanti da tanti anni ma questo riconoscimento, in un periodo così particolare, dà un segnale importante. L’emergenza sanitaria ha visto nascere tante difficoltà dal punto di vista sociale ed economico, anche a causa dell’impossibilità della vicinanza. Il comitato è servito anche per coordinare interventi di sostegno in città, passando attraverso un confronto votato al rispetto e all’ascolto delle diversità e delle peculiarità che caratterizzano la realtà multiculturale e interreligiosa in cui si è immersi.

Che si vada davvero verso un percorso di accoglienza e riconoscimento di quella che è la realtà, l’identità e le necessità delle prime e seconde generazioni di immigrati? «Penso di sì», conclude Maria Bonafede. «Naturalmente Torino ha ancora tantissimo da fare: per esempio, che le moschee siano ancora nascoste e non si vedano mai è una cosa che va superata una volta per tutte. Però il fatto che il comitato partecipi tutti gli anni alla fine del Ramadan con la visita di tutte le moschee di Torino e che valorizzi l’evento con una cena e con degli interventi, mi sembra un segnale piccolo ma prezioso. Si crea cultura, si crea coscienza nelle persone. Se non si parte da lì non si arriva da nessuna parte».