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A Ventimiglia Diaconia valdese e Caritas rafforzano l’impegno per le persone migranti

Ogni volta che torniamo ad occuparci del confine italo-francese di Ventimiglia, la situazione delle persone migranti che vi si trovano impantanate appare sempre più critica. Ad agosto 2020 è stato smantellato definitivamente il campo Roja, allestito nel luglio 2016 a seguito della chiusura dello spazio di accoglienza della Chiesa delle Gianchette, che grazie alla generosità di don Rito Alvarez, era diventato un punto di riferimento in zona.

Chi arriva qui ora è di nuovo costretto a cercare soluzioni di fortuna per lo più lungo il greto del fiume Roja, e con l’arrivo dell’inverno le condizioni sono diventate ovviamente drammaticamente ostili e preoccupanti.

Il campo, che era gestito dalla Croce Rossa, distava oltre tre chilometri dalla cittadina balneare, lontano il più possibile dagli occhi della popolazione e dei turisti, ed è arrivato a contenere fino a 500 persone.

«Da settembre ad oggi – ci racconta Simone Alterisio, operatore della Diaconia valdese proprio a Ventimiglia- assistiamo ad una media di circa 100 respingimenti al giorno di donne e uomini che vengono intercettati dalle forze di polizia francesi più o meno nei pressi dei vari punti di frontiera. Come già più volte denunciato dalle varie associazioni che operano in zona si tratta di respingimenti con metodi spesso violenti, anche di minori non accompagnati e di soggetti vulnerabili, categorie che avrebbero diritto a richiedere asilo in Francia, dove vorrebbero fermarsi, e invece rispedite oltre frontiera».

Ricordiamo che a più riprese i tribunali transalpini hanno condannato tali pratiche, dai tribunali amministrativi su su fino al Consiglio di Stato, il più alto grado per i ricorsi mossi contro le decisioni intraprese da un’autorità politica, che nel luglio di quest’anno ha dato ragione alle associazioni umanitarie che hanno portato all’attenzione il caso di una donna centroafricana respinta al confine con il figlio malato anche se aveva espresso alle autorità francesi la volontà di presentare una domanda d’asilo.

La presenza della Diaconia valdese a Ventimiglia inizia ad agosto 2017, nell’ambito del progetto Open Europe in collaborazione con la ong Oxfam, in un primo tempo con un team mobile che si muoveva per fornire informazioni e orientamento legale alle persone in transito. Con l’uscita di Oxfam dal progetto questo si è implementato in collaborazione con la locale Caritas in uno sportello socio-legale per aiutare le persone migranti nella conoscenza dei loro diritti e nell’aiuto all’accesso ai servizi e in qualche maniera alla ricerca di lavoro.

«In agosto e settembre – racconta ancora Alterisio – ci siamo attivati alla ricerca di soluzioni abitative almeno per alcune soggetti più in difficoltà. Alcuni volontari hanno ospitato persone nelle proprie abitazioni (fra loro il pastore valdese Jonathan Terino, come aveva raccontato in un articolo Sara Tourn, ndr.)

Vista l’assenza di segnali da parte delle istituzioni ad ogni livello, non vi sono posti fisici in cui far dormire e ricoverare queste persone.  Con Caritas e la onlus Weworld abbiamo cercato di avviare un’accoglienza per famiglie, donne sole e con bambini, cioè i soggetti più vulnerabili fra tutti.

Siamo riusciti a mettere a disposizione un appartamento a Ventimiglia Alta per 4 nuclei familiari e da questo mese abbiamo anche a disposizione un locale della Casa valdese di Vallecrosia, comune limitrofo, dove accogliamo tre nuclei familiari. Sforzi logistici e di personale per dare almeno un posto degno per dormire, mangiare e lavarsi, ripararsi dal freddo».

In strada la Caritas fornisce pasti a mezzogiorno, gli attivisti di alcune organizzazioni i pasti serali. «L’ amministrazione non vuole un campo e ora ha centinaia di persone in giro per la città; si parla di un protocollo fra Prefettura, ministero dell’Interno e Comune per un nuovo centro di transito ma l’attuale maggioranza politica non pare certo favorevole» – commenta Alterisio. Cresce la marginalità e la vulnerabilità delle persone. In inverno si moltiplicano i casi di problemi fisici e piscologici, non è facile gestire la situazione che rischia di diventare una nuova bomba sociale, pronta ad esser cavalcata dagli opportunismi politici di turno.

«Con il nostro team intercettiamo circa 300 persone al mese, a ottobre sono state 500. Sono tante e noi con Caritas e Weworld siamo l’unico posto di riferimento fisico dove possono accedere per un supporto».

A Ventimiglia non arrivano più soltanto coloro che sono appena giunti in Italia, ma tutta una serie di soggetti che erano già nel nostro Paese e che hanno perso la protezione internazionale, o hanno avuto il visto umanitario non rinnovato, o sono usciti dai versi percorsi che stavano intraprendendo per costruirsi una nuova vita.

«Superare i decreti Salvini è certamente buona notizia, avevamo tanti casi in stallo, che ora con le nuove normative dovremmo riuscire in qualche modo a sbloccare. Ma i flussi non si fermeranno» conclude Alterisio. E sarebbe ora che la politica capisse che di questione strutturale si tratta e non sempre e soltanto di emergenza. E agisse dunque di conseguenza, integrando con la creazione di una rete capace di gestire e valorizzare le potenzialità di migliaia di persone.