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Educare alla diversità

Finalizzato a sperimentare forme di confronto e dialogo tra giovani di diverse tradizioni e sensibilità religiose, il progetto “Prevenire il pregiudizio, educare alla convivenza” è il frutto di un accordo tra l’Ambasciata della Repubblica Federale di Germania a Roma, che ha dato il proprio sostegno economico, e l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (Ucei), che ne ha curato la predisposizione e la realizzazione. Un’azione pedagogica nel segno della concretezza, sviluppata in alcune scuole per l’infanzia e superiori nel corso degli ultimi due anni.

L’occasione per fare il punto sui risultati raggiunti e presentare il volume che raccoglie lo studio, pubblicato dalla editrice Giuntina e con all’interno molti autorevoli contributi, è stata data da un incontro online che si è svolto il 10 dicembre, significativamente nel giorno in cui non solo prendeva avvio la festa ebraica di Chanukkah ma in tutto il mondo si celebrava anche la Giornata Mondiale dei Diritti Umani.

Dedicato a bambini in fascia d’età 3-5 anni ma anche a studenti delle scuole medie superiori, il progetto aveva come punto di partenza il concetto che la costruzione della cultura di singoli e di comunità «si sviluppa in forme diverse da persona a persona e da gruppi a gruppi in relazione alle condizioni storiche e sociali, ai contesti di vita e di lavori, ai tempi e ai luoghi». Ed è quindi l’esito «di un’elaborazione di saperi volutamente trasmessi e accolti, di idee, di informazioni, di abilità acquisite in via informale o attraverso l’esperienza».

A confrontarsi sul significato di questo impegno e anche sulla sua particolare declinazione al tempo del Covid sono stati la Presidente Ucei Noemi Di Segni, l’ambasciatore tedesco Viktor Elbling, il presidente della Comunità ebraica di Firenze Enrico Fink. E quindi il Consigliere Ucei Saul Meghnagi e Odelia Liberanome, che hanno curato il progetto per conto dell’Unione, e la professoressa Cristina Zucchermaglio dell’Università La Sapienza di Roma. A moderare la serata il direttore di Pagine Ebraiche Guido Vitale.

«Il nostro obiettivo – ha affermato la Presidente Di Segni – è far sì che la convivenza possa diventare qualcosa di naturale». La data del 10 dicembre come spartiacque prezioso per riflettere su cosa è stato realizzato e su cosa resta da fare per l’affermazione dei diritti umani. Con una consapevolezza da difendere: «Le libertà costituzionali di cui godiamo non possono essere abusate per creare odio. Purtroppo, nella realtà di tutti i giorni, ci scontriamo con notizie e decisioni di tribunali che mettono in evidenza che ciò non è per niente scontato». Grande la soddisfazione espressa per i risultati raggiunti nel segno di questa collaborazione. 

«Attaccare il pregiudizio è fondamentale» ha ricordato l’ambasciatore Elbling. «La responsabilità che tutti abbiamo è quella di far crescere i nostri giovani come adulti più maturi e tolleranti, valorizzando la ricchezza della diversità: è qualcosa in cui credo molto». Elbling ha sottolineato l’urgenza di questo sforzo in un momento in cui odio e antisemitismo tornano prepotentemente alla ribalta. «Il lavoro fatto negli ultimi decenni non è bastato. È necessario – il suo messaggio – che in ogni generazione ci si vaccini contro questa pandemia».

Protagoniste del progetto alcune scuole di Firenze. Una scelta non casuale. «Questa – ha osservato Fink – è una città che da tempo lavora per valorizzare le differenze. Un impegno in cui la Comunità stessa ha un ruolo essenziale”. Un lavoro svolto ad ogni livello, dal vertice alla base degli iscritti, “per organizzare progetti educativi incentrati sulle relazioni, sulla conoscenza reciproca, tra le comunità».

A presentare le sfide del progetto è stato poi il Consigliere Ucei Saul Meghnagi, coordinatore della Commissione educazione e giovani: «Il nostro orientamento – ha spiegato – è stato sull’affermazione pratica frutto di una messa a fuoco ben precisa». Quattro i macrotemi scelti come base per l’approfondimento: uguaglianza, diversità, parità e rispetto. Il tutto attraverso un’esperienza viva d’incontro e confronto. «Uno dei principi di cui abbiamo tenuto conto, lavorando per giovani e giovanissimi, è che l’accettazione non la si può stimolare attraverso lezioni frontali. Arriva invece – ha ricordato Meghnagi – dall’esperienza vissuta che permette di consolidare i comportamenti».

La parola è poi passata a Odelia Liberanome, che pure ha ricordato la specificità di una città, Firenze, «che da sempre promuove la pacifica convivenza». Agli insegnanti coinvolti, a tutti coloro che hanno beneficiato di questa esperienza – ha poi aggiunto Liberanome – “consegniamo contenuti ed esperienze che possono essere la base per attività educative anche in altri contesti”.
Anche la professoressa Zucchermaglio ha relazionato sull’applicazione del progetto, ricordando come la sperimentazione sia stata caratterizzata da un obiettivo ambizioso: «La nostra, da un punto di vista sia teorico che pratico, è stata una scelta forte: non tanto contenuti da trasmettere, quanto insieme di pratiche e pensiero. Partendo da piccoli gruppi a confronto su temi problematici, per arrivare insieme a una posizione condivisa e argomentata».

Da Moked.it